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    Il Sud paga gli egoismi del Nord che azzoppa l’Italia. Derubati di 60 miliardi l’anno

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 4 Set. 2020 alle 11:17 Aggiornato il 4 Set. 2020 alle 11:18

    “Il Sud potrebbe recriminare per l’eccessivo danno subìto a causa delle scelte del Nord: sono stati sottratti 60 miliardi ogni anno da 10 anni. E vale anche per il periodo della pandemia, dove il governo al Sud ha mostrato eccessiva prudenza utilizzando un criterio draconiano”. A dirlo in un’intervista a Il Messaggero è Adriano Giannola, presidente della Svimez, l’associazione che ogni anno fotografa l’economia del Mezzogiorno.

    Quanto sta perdendo il Sud: i dati

    Il post-Covid conferma una tendenza che è un problema atavico del Belpaese: la diversificazione tra due grandi macro-aree, il Nord e il Sud. Ecco allora che lo Svimez nell’ultimo rapporto ha posto l’attenzione sulle ricadute sociali connesse alla ripartenza “dimezzata” del Mezzogiorno (+2,3 per cento) rispetto al Centro-Nord (+5,4 per cento).

    Dopo la pandemia, il quadro è molto cupo. Secondo Svimez, il primato negativo del declino del Pil nell’anno del Covid-19 spetta ad una Regione solo marginalmente interessata dalla pandemia: la Basilicata (-12,6 per cento). Allarme in Campania e Puglia, che insieme concentrano circa il 47 per cento del Pil del Mezzogiorno, che perdono rispettivamente l’8 e il 9 per cento. Più contenute le perdite in Calabria (-6,4 per cento), Sardegna (-5,7 per cento) e Sicilia (-5,1 per cento), economie regionali meno coinvolte negli interscambi commerciali interni ed esteri e perciò più al riparo dalle ricadute economiche della pandemia.

    Certo, come ricorda il presidente Giannola, “anche il Nord non sta per niente bene”. “Se guardiamo i dati di Lombardia – spiega – o Emilia Romagna rispetto alle dinamiche europee, fanno ridere. Hanno perso il 30 per cento di Pil pro-capite rispetto alla media europea. Hanno sottratto 60 miliardi l’anno al Sud distruggendo il loro mercato interno. Se cercano qualcuno con cui recriminare dovrebbero prendersela con loro stessi“.

    Un Paese non unito non è competitivo

    Il vero nodo da cui ripartire sono proprio le due velocità a cui vanno il Nord e il Sud. Di qui il richiamo della Svimez al Governo, affinché crei “le condizioni per restituire alle regioni del Centro in difficoltà i tassi di crescita conosciuti in passato, per liberare le regioni più fragili del Sud dal loro isolamento che le mette al riparo dalle turbolenze ma le esclude dalle ripartenze”.

    E non basta il 34 per cento dei 209 miliardi del Recovery fund che il governo ha promesso di distribuire al Sud. Secondo il presidente Svimez, “vanno aggiunte altre risorse. Il ministro delle autonomie regionali Francesco Boccia in un’audizione in Parlamento ha detto che negli ultimi dieci anni alle aree meno sviluppate del Paese sono state sottratte risorse per circa 60 miliardi l’anno. I conti pubblici territoriali, se osserviamo l’ultimo dato disponibile del 2018, ci dicono che per quell’anno i miliardi sono già saliti a 64. Insomma, vanno recuperati quei criteri per fare in modo che al Sud arrivino i 64 miliardi in più che gli spettano“.

    Nell’intervista Giannola spiega l’importanza della coesione per ripartire, quella mancanza di unità che indebolisce l’Italia: “Si tratta di premesse indispensabili per far crescere, insieme, l’economia nazionale. È tempo di compattare l’interesse nazionale. Questo risolverebbe le tante problematiche italiane se solo l’obiettivo della crescita venisse perseguito congiuntamente a quello della riduzione dei nostri divari territoriali”.

    Leggi anche: 1. E se il focolaio fosse stato al sud, la Lombardia avrebbe chiuso tutto? 2. Il Coronavirus in Italia: perché il Nord è più colpito del Centro-Sud

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