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    “È solo un po’ di febbre”, ma muore poche ore dopo: la gip ordina nuove indagini sui medici del 118

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 4 Dic. 2022 alle 13:46 Aggiornato il 4 Dic. 2022 alle 13:49

    È stata respinta dalla gip la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura per i medici del 118 che intervennero la mattina del 27 gennaio 2020 nell’abitazione di un 47enne, Daniele Furnaro, a Roma: il paziente aveva febbre molto alta, un’ambulanza arrivò per visitarlo ma i sanitari a bordo decisero di non portarlo in ospedale giudicando le sue condizioni non gravi. Nel pomeriggio però l’uomo si aggravò, la moglie telefonò al medico di famiglia che dopo una visita aveva reputato necessario il ricovero per ulteriori accertamenti: Furnaro fu portato al policlinico Casilino, visitato tre ore dopo l’ingresso al pronto soccorso, ma per lui la situazione era irreversibile: morì quello stesso giorno, un’ora dopo, a causa della sindrome di Waterhouse, una rarissima patologia che si presenta sotto forma di setticemia fulminante caratterizzata da insufficienza surrenalica.

    I familiari decisero di segnalare l’accaduto alla procura: dopo le indagini del pm, la richiesta di archiviazione. Ora respinta dalla gip Clementina Forleo, che riapre il caso: “La relazione di consulenza medico legale espletata su incarico del pm, se da un lato esclude condotte colpose dei sanitari che ebbero in cura il giovane, dall’altro nulla riporta in ordine all’omesso ricovero della mattinata di quel giorno nonché in ordine all’evidente ritardo (ore di attesa) con il quale il predetto venne per la prima volta visitato. Per tali motivi la richiesta di archiviazione non può allo stato essere accolta”. “Attendevamo da mesi la riapertura del caso che merita certamente l’approfondimento di indagini opportunamente richieste – spiega l’avvocato della famiglia Furnaro, Alessio Paolucci – monitoreremo la situazione”.

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