Roma è un paradosso affascinante: una città che custodisce millenni di storia ma fatica ancora a proiettarsi nel futuro. Mentre capitali come Berlino, Parigi e Amsterdam sperimentano modelli di smart city sempre più avanzati — con servizi pubblici digitalizzati, mobilità sostenibile e connettività diffusa — la Capitale d’Italia resta spesso intrappolata tra burocrazia e lentezze infrastrutturali.
Negli ultimi anni, tuttavia, qualcosa si sta muovendo. Il PNRR ha previsto fondi specifici per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’ammodernamento delle reti, mentre alcune startup romane stanno provando a innovare nei settori più disparati, dal turismo intelligente alla gestione dei dati urbani. Il problema è che l’ecosistema cresce a velocità diseguali, con un centro storico ricco di potenziale ma ancora poco interconnesso con i quartieri periferici, dove la trasformazione digitale resta un miraggio.
Pubblica amministrazione e cittadini: una relazione ancora analogica
Uno dei nodi più critici riguarda la digitalizzazione dei servizi pubblici. Sebbene la piattaforma PagoPA e l’app IO abbiano segnato un passo in avanti, la loro diffusione effettiva resta limitata. Molti cittadini romani, soprattutto tra le fasce più anziane, continuano a preferire lo sportello fisico al modulo online, spesso scoraggiati da procedure complesse o da siti istituzionali poco intuitivi.
Il Comune di Roma ha annunciato un piano per potenziare l’accesso digitale ai servizi e migliorare la formazione informatica della popolazione, ma la sfida culturale appare ancora più grande di quella tecnologica. La digitalizzazione, infatti, non si costruisce solo con la fibra ottica, ma con la fiducia e la competenza dei cittadini che la utilizzano.
Un’economia che cambia forma
Nonostante le difficoltà, la Capitale sta lentamente sviluppando un’economia digitale sempre più ramificata. Le università e i poli di ricerca, come La Sapienza e l’Università Roma Tre, stanno formando nuove generazioni di professionisti in grado di operare nei campi dell’intelligenza artificiale, della cybersecurity e della comunicazione online.
Parallelamente, anche l’intrattenimento digitale si è inserito in questo processo di trasformazione, contribuendo a creare una nuova dimensione culturale ed economica. Dalle piattaforme di streaming alle app di gaming, fino ai portali di intrattenimento regolamentati come StarVegas, la vita digitale dei romani si è ampliata, diventando parte integrante del tessuto urbano. È un segnale che la digitalizzazione non riguarda solo le istituzioni, ma anche i comportamenti quotidiani, dal tempo libero alla fruizione dei contenuti.
Connettività e infrastrutture: il tallone d’Achille della Capitale
La copertura di rete resta però uno dei punti deboli più evidenti. Secondo diversi studi, Roma è ancora lontana dagli standard di connessione delle altre capitali europee. Alcune zone centrali godono di connessioni ad alta velocità, ma basta spostarsi di pochi chilometri per trovare aree in cui la fibra è assente e la rete mobile instabile.
Questa disparità frena non solo l’adozione di servizi digitali, ma anche la possibilità per le imprese innovative di nascere e svilupparsi in modo competitivo. Le startup tecnologiche tendono così a concentrarsi in poche aree urbane, lasciando vaste zone della città escluse dai benefici della rivoluzione digitale.
Roma può ancora colmare il gap?
La risposta è sì, ma serve una visione coerente e a lungo termine. Roma dispone di università di eccellenza, di un patrimonio umano e creativo notevole e di un crescente interesse da parte di investitori e aziende del settore tech. Tuttavia, senza un piano strutturale che unisca infrastrutture, formazione e incentivi, il rischio è quello di restare spettatori della digitalizzazione altrui.
La sfida non è solo tecnologica ma identitaria: trasformare la città eterna in una capitale capace di dialogare con il futuro, senza rinnegare la sua storia. Roma, con la sua miscela di caos e genialità, potrebbe diventare un laboratorio di innovazione tutto italiano — se solo decidesse davvero di premere il tasto “start”.
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