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    Occupazione Tor Marancia a Roma: “Mio figlio è stato investito ed è in carrozzina, se ci sgomberano non sappiamo dove andare” | VIDEO

    Nelle palazzine occupate a Tor Marancia vivono circa 380 persone di varia nazionalità, tra cui 70 minori. La storia di Carlos:

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 26 Lug. 2019 alle 17:06 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:57

     

    Occupazione Tor Marancia a Roma | Viale del Caravaggio a rischio sgombero

    “Siamo venuti per cercare un futuro migliore, invece ci troviamo in queste condizioni. Mio figlio è in sedia a rotelle, qui abbiamo il montascale, la sedia per la doccia e il letto adatto a lui. Se ci sarà lo sgombero non sapremo dove andare”. Carlos* vive nell’occupazione di viale del Caravaggio, nel quartiere di Tor Marancia, a Roma.

    È arrivato in Italia dal Perù 18 anni fa insieme alla moglie. Alcuni anni dopo ha portato nel nostro paese anche i suoi tre figli. Era il 2005 e Carlos riusciva a lavorare e a mantenere la famiglia, insieme alla moglie.

    “Nel 2005 stavo bene di lavoro, sia io che mia moglie guadagnavamo bene, ma nel 2013 è cambiato tutto”, racconta Carlos in un’intervista video a TPI, chiedendo di non essere reso riconoscibile per mantenere l’anonimato.

    Oggi Carlos vive con la sua famiglia dentro una delle palazzine private occupate di viale del Caravaggio, nel quartiere di Tor Marancia, vicino via Cristoforo Colombo, a Roma, dove vivono circa 380 persone (140 nuclei familiari e oltre 70 minori).

    Insieme all’occupazione di via Tempesta, quella di Caravaggio è in cima all’elenco degli sgomberi urgenti voluti dal Viminale e dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. I due edifici dovrebbero essere sgomberati entro la fine di agosto.

    L’ultimo sgombero nella Capitale, risalente al 15 luglio, è quello di via Cardinal Capranica, nell’ex scuola occupata di Primavalle. Anche in quel caso, come a viale del Caravaggio, nello stabile vivevano decine di minori.

    Secondo quanto denunciato da movimenti, associazioni e sindacati, le soluzioni predisposte dal Campidoglio per le famiglie sgomberate non sono risultate adeguate. Cosa succederà a Carlos e a suo figlio se la stessa situazione si presenterà a Tor Marancia?

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    Dopo aver perso il lavoro, Carlos è stato costretto a spostarsi nell’occupazione, dove ha cercato di trovare un nuovo equilibrio grazie al sostengo dei movimenti per il diritto all’abitare.

    Ma nel 2016 la vita di Carlos e della sua famiglia è cambiata di nuovo.

    “Mio figlio è stato investito proprio qui vicino. Era il 2016 e lui aveva appena compiuto 18 anni”, racconta Carlos, “Dopo tre mesi in coma si è risvegliato. Ha subito un intervento alla testa e non riesce più a camminare, quindi deve spostarsi in carrozzina”.

    Al dolore dell’incidente e delle condizioni del figlio si è aggiunta la controversia legale con l’assicurazione, che non ha riconosciuto al ragazzo l’intero rimborso che, secondo la famiglia, gli sarebbe dovuto.

    “Non hanno fatto le indagini come dovevano”, sostiene Carlos, “Non hanno neanche controllato i filmati delle videocamere di sorveglianza della Regione Lazio, che probabilmente hanno ripreso la scena”.

    Alle difficoltà economiche si è aggiunta quindi la situazione del figlio di Carlos, che ora ha 21 anni.

    “Lavoro 4 ore al giorno, lui la notte non mi lascia dormire”, racconta il padre, “Alle 7 devo stare giù, perché viene l’autobus a prenderlo, alle 16 devo stare qui che lo riportano a casa, per questo non riesco a lavorare di più. Anche mia moglie si arrangia qui e là”.

    Prendere un’appartamento in affitto, in questa situazione, è impensabile.

    “Posso pagare 300 o 400 euro al mese”, dice Carlos, “Ma una casa con due stanze costa almeno mille al mese in questa zona, non ce la facciamo”.

    Gli altri due figli di Carlos frequentano entrambi l’università. “Con le spese delle utenze, l’università e l’affitto non riusciremmo a mangiare”, spiega l’uomo.

    “Se ci sarà lo sgombero come faremo con tutto il materiale sanitario che mio figlio ha qui? Ho fatto sistemare anche il bagno per i disabili. Inoltre, se andremo via gli altri miei due figli non riusciranno a completare gli studi, è un peccato dopo tanti anni di sacrificio”.

    *La persona intervistata ha chiesto di mantenere l’anonimato, per cui è stato utilizzato un nome di fantasia

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