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    Venti di guerra, cosa rischia l’Italia con un conflitto tra Russia e Ucraina

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 22 Feb. 2022 alle 08:29

    Gli scenari legati allo scoppio di un conflitto tra Russia e Ucraina non sono univoci, né per i Paesi coinvolti né per il resto d’Europa, perché gli eventi possono ancora svilupparsi in molti modi diversi. Ci sono però alcuni elementi che si possono valutare in maniera oggettiva come la dipendenza energetica, le variazioni dei prezzi dei beni dovuti alle incertezze finanziarie, ai movimenti delle borse e anche all’esportazione di beni primari per la produzione di pasta e pane.

    L’Italia è la terza economia dell’Unione europea in termini di fatturati dell’export verso la Russia e la decima nel mondo. Le sanzioni imposte alla Russia potrebbero fermare gran parte di questi scambi. Nel 2020 l’Italia ha venduto prodotti e servizi in Russia per 10 miliardi di dollari, secondo i dati di Trading Economics, con una prevalenza di macchinari industriali (tra cui reattori nucleari), apparecchi elettrici o elettronici, moda e farmaci.

    L’impatto più visibile del conflitto si avrebbe forse sulla disponibilità di energia: se l’esercito di Putin dovesse entrare in Ucraina, zona cuscinetto che ha garantito finora l’equilibrio nel Continente, le sanzioni euro-americane saranno appunto durissime e la Russia, a quel punto, potrebbe reagire tagliando le forniture di gas naturale non solo al nostro Paese, ma anche a Germania e Francia. E l’Italia, che importa dalla Russia circa il 40% del proprio gas naturale, essenziale per scaldare le case e per generare elettricità, non sarebbe in grado di sostituire rapidamente tutto il gas russo (fornito proprio tramite l’Ucraina) con altre fonti.

    Questo comporterebbe un ulteriore aumento dei costi in bolletta e un rapido contenimento dei consumi. Tra dicembre e gennaio abbiamo già avuto modo di verificare sul nostro portafoglio cosa significa tutto questo, quando la Russia ha tagliato le forniture all’Italia del 30-40% e a gran parte dell’Europa, con l’eccezione della Germania attraverso il gasdotto Nord Stream 1. E il calo delle spedizioni del colosso Gazprom si è tradotto nell’enorme impennata dei prezzi dell’energia a febbraio, che stanno incidendo sulla produzione industriale e rincarando le bollette. Sarebbe uno choc non molto diverso da quelli già vissuti negli anni ’70 per l’embargo Opec dopo la guerra dello Yom Kippur o dopo la rivoluzione komeinista in Iran.

    Oltre ai piani energetici ed economici, le ricadute si avrebbero anche sulla produzione di beni come pasta e pane.
    Kiev ha un ruolo importante per la produzione di circa 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale (5° posto nel mondo) e 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane (7° posto mondiale). Il Paese si colloca al 3° posto come esportatore di grano a livello mondiale mentre la Russia, ha precisato Coldiretti, è al primo: insieme garantiscono circa un terzo del commercio mondiale. L’emergenza, dunque, riguarderebbe direttamente l’Italia, che è una nazione deficitaria ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti. Nel 2021 sono arrivati oltre 120 milioni di chili di grano dall’Ucraina e circa 100 dalla Russia, che d’altra parte ha già annunciato di voler limitare, dal 15 febbraio al 30 giugno, le proprie esportazioni. In una sola settimana, le quotazioni internazionali di grano per il pane e mais per l’alimentazione animale hanno fatto così registrare rispettivamente un balzo del 4,5% e del 5%. Una situazione, a rileggere la storia del nostro Paese nell’ultimo decennio, determinata dalla scomparsa di un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati.

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