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    Coronavirus, il professor Giuseppe Remuzzi: “La fase epidemica in Italia è sostanzialmente finita. La seconda ondata non ci sarà”

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 5 Set. 2020 alle 11:29

    Coronavirus, Remuzzi: “La fase epidemica in Italia è sostanzialmente finita”

    “La fase epidemica in Italia è sostanzialmente finita”: ne è convinto il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, che torna a parlare dell’epidemia di Coronavirus, assicurando che “la seconda ondata non ci sarà”. Intervistato dal Corriere della Sera, infatti, l’esperto si dice convinto che l’autunno sarà “migliore di quel che molti pensano, a patto di usare il buon senso, mascherine, distanziamento, e rimettere nel cassetto ansia e isteria”. Secondo il professore infatti “La fase epidemica in Italia è sostanzialmente finita. Il che non vuol dire che non ce ne sarà un’altra, ma che è improprio parlare di seconda ondata”. A supporto di questa tesi vi è uno studio “pubblicato su Lancet e firmato da Gianfranco Alicandro e Carlo Lavecchia, dell’Istituto nazionale di Statistica e dell’Università di Milano, che rileva come nella prima quindicina di maggio del 2020, nella seconda e in tutto giugno, non ci sia stato eccesso di mortalità rispetto all’anno precedente”.

    Secondo Remuzzi, dunque, finita la fase epidemica ora siamo “entrati nella fase della sorveglianza, che comprende la ricerca accurata dei contatti di persone positive al tampone”. Il docente poi spiega perché l’aumento giornaliero dei contagiati non deve preoccupare: “Più ne cerchiamo, più ne troviamo. Mi sembra normale. Il numero dei positivi non è una voce alla quale guardare con paura. Peraltro, ormai abbiamo test capaci di rilevare anche la presenza di frammenti di Dna virale, ma non è detto che appartengano ancora a un virus capace di contagiare”. L’esperto, inoltre, sottolinea l’importanza delle cellule T nel raggiungimento di un’immunità temporanea e in attesa dell’arrivo di un vaccino. “Il nostro sistema immune infatti è una macchina per ricordi, che si rafforza e si espande quando incontra una cosa già vista in passato – sottolinea Remuzzi – Gli anticorpi spariscono rapidamente. L’immunità invece si creerà così, con le nostre cellule della memoria, grazie a proteine di altri virus, anche quello del raffreddore, oppure a vaccinazioni che già abbiamo fatto”.

    Il professore, inoltre, cita uno studio secondo il quale qualsiasi tipo di vaccino somministrato negli ultimi 5 anni garantisce una “protezione del 30-40 per cento” dal Coronavirus. Remuzzi, inoltre, sottolinea l’importanza di non farsi influenzare dall’aumento dei casi quotidiano: “Confondiamo i contagi con la gravità della malattia. Ci spaventiamo per numeri che non significano moltissimo. Indicano solo che abbiamo sviluppato la capacità di entrare nella fase della sorveglianza, e quindi troviamo le cose laddove ci sono”. Il dato più importante, sottolinea Remuzzi, è l’aumento dei tamponi effettuati quotidianamente, i quali dimostrano “che siamo nella fase della sorveglianza, e in qualche modo è l’ammissione implicita che siamo usciti dall’epidemia”.

    Secondo Remuzzi gli unici numeri ai quali bisogna guardare con attenzione sono quelli riguardanti i ricoveri nelle terapie intensive: “Abbiamo ottomila posti in terapia intensiva. Oggi ne sono occupati per il Covid-19 poco più di cento. Significa che al momento utilizziamo l’1,5% della nostra capacità di cure intensive”. “Ammettiamo pure che si arrivi a settemila positivi al giorno, come in Francia. Una cosa che penso potrebbe accadere – afferma Remuzzi – Ebbene, oggi la Francia ha 500 pazienti in terapia intensiva. Significa che noi utilizzeremmo meno del 5 per cento delle nostre risorse. Ecco, non bisogna farsi prendere dall’emotività. Questa non è una partita di calcio”.

    E sul pericolo di morire a causa del Coronavirus, Remuzzi rivela: “Oggi i dati ci dicono che il rischio di infettarsi è simile a quello di cadere in motorino e minore di quelli che si corrono durante una immersione subacquea. Quarantaquattro probabilità su un milione. E all’interno di questo dato, una possibilità su cento di morire, e una su cento di avere danni di lungo termine. Stiamo parlando di questo. A febbraio e marzo era ben diverso. Eravamo nel pieno della fase epidemica”. Remuzzi, infine, si dice convinto che le scuole possano riaprire in sicurezza: “Abbiamo il distanziamento, abbiamo le mascherine. Abbiamo comportamenti da adottare. Abbiamo professori che dovrebbero essere sensibilizzati, perché la fase di sorveglianza include anche loro. Abbiamo tutto. Non serve nient’altro. Abbiamo persino capito che la scuola all’aperto, o con le finestre aperte, si può fare”.

    Il professore è ovviamente conscio dei rischi, ma dichiara: “Qualcosa rischiamo, qualcosa accadrà. Un po’ di scuole dovrà chiudere? Amen, fa parte della sorveglianza. Chiudiamo e riapriamo. Cerchiamo di essere seri. Tutti parlano di governo, tutti hanno una risposta per tutto. Nessuno sottolinea l’importanza della responsabilità personale”.

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