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    “Il saluto fascista è un fatto grave”, lo dice la Cassazione

    Di Donato De Sena
    Pubblicato il 16 Mag. 2019 alle 18:54 Aggiornato il 16 Mag. 2019 alle 18:56

    CASSAZIONE SALUTO FASCISTA – Il saluto romano, il saluto fascista, soprattutto se fatto durante un Consiglio comunale dove è in corso una riunione sulla sicurezza per il ‘piano rom’, non può essere considerato un fatto di “lieve entità” e chi lo fa non merita sconti di pena. È quanto chiarisce, sottolinea, la Corte di Cassazione. I supremi giudici hanno infatti confermato la condanna a un mese e dieci giorni di reclusione con pena sospesa per Gabriele Leccisi, avvocato neomissino milanese, che l’8 maggio del 2013 fece il saluto romano, a Palazzo Marino, mentre in seduta pubblica l’amministrazione allora guidata da Giuliano Pisapia stava organizzando una sistemazione per i nomadi sgomberati alla fine di aprile dal campo di Viale Ungheria.

    Cassazione Saluto fascista | Saluto romano

    Gabriele Leccisi è figlio di Domenico Leccisi, un deputato missino e ‘fedelissimo’ del Duce che nel 1946 trafugò la salma di Benito Mussolini dal cimitero milanese di Maiocco. In seguito venne arrestato dalla polizia, come i suoi complici e fiancheggiatori, prima che la ‘Volante rossa’ facesse giustizia sommaria.

    Leccisi ha provato a difendersi davanti ai giudici senza successo. Il suo avvocato, aveva chiesto la non punibilità, per la particolare tenuità del fatto facendo presente che quel giorno si discuteva il ‘piano Rom’ in una “importante seduta consiliare”. Ma per la Cassazione “sono proprio le circostanze di tempo e di luogo” nelle quali è avvenuto il ‘saluto fascista’ “a non consentire di ritenere sussistenti le condizioni” per applicare l’esimente.

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    Nel negare il beneficio in favore di Leccisi, la Corte di Cassazione ha rilevato anche che occorre “ulteriormente evidenziare che la seduta consiliare si svolgeva a margine della manifestazione di protesta organizzato dallo stesso imputato a Milano, in piazza San Babila”, storico luogo dei raduni neofascisti negli anni della strategia della tensione.

    Nel suo verdetto l’Alta Corte ha ricordato che questo episodio è documentato da un filmato, realizzato da una giornalista, che dimostra che Leccisi “effettuava il ‘saluto romano’ accompagnandolo dalla frase ‘presenti e ne siamo fieri'”. Secondo i giudici della Cassazione questo comportamento dimostra la sua “precisa volontà” di “rivendicare orgogliosamente il suo credo fascista”.

    Cassazione Saluto fascista | Sentenza

    La Suprema Corte ha ricordato anche che inneggiare al fascismo è vietato dalla legge Mancino, in quanto rievoca un’ideologia basata su “valori politici di discriminazione razziale e intolleranza” (sentenza 21409 depositata oggi e relativa all’udienza dello scorso 27 marzo) e ha aggiunto che il ‘saluto fascista’ seguito dalla parola ‘presente’ va considerato come “espressione gestuale pregiudizievole dell’ordinamento democratico e dei valori che vi sono sottesi”.

    Per la Cassazione il saluto romano è un comportamento “usuale di organizzazioni o gruppi inequivocabilmente diretti a favorire la diffusione di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico”.

    Con la sua decisione la Corte conferma in pieno la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Milano il 17 aprile 2018, una pronuncia che a sua volta convalidava quella emessa in primo grado dal Tribunale del capoluogo lombardo il 17 dicembre 2015.

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