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    Quarte dosi di vaccino, la campagna non decolla: il governo si è scordato della pandemia?

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 16 Mag. 2022 alle 14:53 Aggiornato il 16 Mag. 2022 alle 15:42

    Anche se il 31 marzo 2022 ha segnato la fine dell’emergenza sanitaria e del mandato del generale Figliuolo, l’Italia – come il resto d’Europa – è lontana dal definirsi Covid-free, con una media di 50mila casi registrati ogni giorno e la prospettiva di nuove varianti che, soprattutto nel prossimo autunno, potrebbe determinare una recrudescenza del virus. Ma la nuova fase della campagna vaccinale, che prevede la somministrazione delle quarte dosi a immunodepressi, anziani e soggetti fragili, tarda a decollare. Ad oggi, lunedì 16 maggio, solo 477.475 destinatari hanno risposto alla chiamata, ovvero il 10,80 per cento della popolazione beneficiaria del secondo booster, che ha ricevuto il primo da almeno 4 mesi. Una piccola percentuale di vaccinabili tra over 80, fragili e ospiti delle Rsa, con un’Italia che da questo punto di vista va avanti a due velocità. La percentuale di adesione è sotto il 4 per cento in Calabria, Sicilia, Umbria, Sardegna, Basilicata e Puglia e sotto il 10 in Molise, Marche, Provincia di Bolzano, Campania, Valle d’Aosta, Veneto, Abruzzo, Friuli Venezia-Giulia, Provincia di Trento e Toscana. “Ci sono inaccettabili diseguaglianze territoriali”, ha denunciato nell’ultimo report la fondazione Gimbe.

    Anche sulla popolazione degli immunocompromessi la campagna fino ad ora si è rivelata un flop: a ricevere la quarta dose di vaccino sono stati 192.975 stando al report aggiornato del governo, ovvero il 24,38 % dei potenziali beneficiari. “Siamo ancora dentro la battaglia della pandemia ed è in corso un altro pezzo di campagna vaccinale che io ritengo particolarmente rilevante e i cui numeri devono necessariamente crescere. Ci sono ancora persone che purtroppo perdono la vita. Con il secondo booster una parte di queste persone può essere protetta”, ha ricordato il Ministro della Salute Roberto Speranza. Ma il governo non sta facendo abbastanza per favorire la campagna vaccinale, con una comunicazione istituzionale completamente assorbita dall’emergenza legata alla guerra in Ucraina (l’ultimo spot sulla campagna vaccinale risale a gennaio 2022) e un’organizzazione affidata in toto alle Regioni da quando il Commissariato per l’emergenza ha smesso di funzionare e dunque di appoggiare la logistica degli interventi. Mentre dal primo maggio sono crollate le protezioni con la fine dell’obbligo di indossare la mascherina e di esibire il Super Green Pass per entrare in luoghi chiusi e accedere ad eventi pubblici.

    La lentezza della nuova fase è dovuta a vari fattori, non solo alla scarsa comunicazione, primo tra tutti la chiusura di alcuni hub vaccinali, che rende più complicato, soprattutto per gli anziani, raggiungere i centri rimasti, circa 2.300 secondo quanto riporta il Sole 24 ore. Sei mesi fa erano 3mila. Sempre stando a quanto riporta il quotidiano economico, poi, non tutte le Asl hanno rinnovato il contributo di 6 euro previsto per i medici che somministrano il vaccino, con la conseguenza che “solo una minoranza di medici di base sta somministrando le quarte dosi“, ha dichiarato il segretario della Federazione dei medici di medicina generale, Silvestro Scotti. Sarebbero non più del 25 per cento su circa 40mila medici di medicina generale. Ancora, la somministrazione del vaccino in farmacia non è prevista in Emilia Romagna, Molise, Basilicata e Sardegna. Infine, dopo la comparsa delle nuove subvarianti, molte persone hanno meno fiducia nei vaccini e attendono che siano aggiornati alle varianti e sottovarianti circolanti, che l’Ema ha annunciato dovrebbero arrivare a ottobre prossimo.

    Eppure il momento di concentrare nuovamente gli sforzi per raggiungere la popolazione fragile in modo capillare ed evitare che l’effetto del primo booster diminuisca è questo, considerando che secondo i dati la mortalità è connessa all’età avanzata, con una media che oscilla tra gli 83 e gli 85 anni. Ma in una fase storica come questa e un conflitto alle porte dell’Europa l’esecutivo sembra non fare abbastanza e aver completamente abbandonato gli strumenti di cui si era dotato in due anni di lotta al virus, dalla sensibilizzazione alla logistica. È stato lo stesso Speranza a fare mea culpa: “La guerra ha quasi sostituito la pandemia sul piano comunicativo. È come se dal 24 febbraio d’un tratto non ci fosse più la pandemia ma solo la guerra”, ha dichiarato. “È importante informare ancora. Dobbiamo ancora lavorare perché ci sia una comunicazione corretta sul piano istituzionale. Ci sono ancora persone che purtroppo perdono la vita”, ha concluso, chiedendo anche allo Spi Cgil, il sindacato dei pensionati, di diffondere l’invito alla vaccinazione sul territorio perché “serve ancora uno sforzo”.

     

     

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