Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Cronaca
  • Home » Cronaca

    L’altra compagna di Alessandro Impagnatiello: “Dopo il delitto mi disse: Giulia dorme. Ma il letto era vuoto”

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 5 Giu. 2023 alle 14:37 Aggiornato il 5 Giu. 2023 alle 20:35

    L’altra compagna di Alessandro Impagnatiello: “Dopo il delitto mi disse: Giulia dorme. Ma il letto era vuoto”

    “Era palesemente agitato tanto da risultare sudato, mi ha detto che Giulia dormiva, poi che era da un’amica”. È il racconto fatto ai carabinieri da A., la prima a sospettare che Alessandro Impagnatiello avesse ucciso la compagna incinta di sette mesi.

    La 23enne italo-inglese, con cui il barman dell’Armani Bamboo bar aveva portato avanti per mesi una relazione parallela, ha parlato agli inquirenti dell’incontro chiarificatore con Giulia Tramontano e dei sospetti da subito nutriti nei confronti del collega. Dichiarazioni rese nel corso di due colloqui che secondo La Repubblica sono stati determinanti nel convincere gli inquirenti a concentrarsi ancora di più su Impagnatiello, che ha confessato a poche ore dal secondo interrogatorio dell’ex amante.

    Con lui la 23enne si frequentava dallo scorso giugno. A dicembre le aveva assicurato di essersi lasciato da Giulia Tramontano, nello stesso mese in cui anche la 23enne scopriva di essere incinta. Aveva poi deciso di comune accordo con Impagnatiello di interrompere la sua gravidanza mentre, a sua insaputa, continuava quella della compagna del barman 30enne. “Quando lui mi ha detto che si erano lasciati nelle mie visite a casa non trovavo più trucchi, spazzolino, accappatoio, i segni della presenza di Giulia”, riporta il verbale dei colloqui della ragazza. “Non c’erano foto. Delle volte notavo dettagli tipo la piastra per capelli, ma mi diceva che ogni tanto Giulia tornava a prendersi ancora le sue cose”. Ad aprile inizia a sospettare: “Lui era partito per Ibiza e mi aveva detto che era da solo ma io avevo capito che non era così”. Dopo il viaggio “ho sbirciato sul suo telefono vedendo delle foto che li ritraevano a Ibiza, lei era chiaramente in stato interessante. Lui si è accorto che stavo guardando le foto e mi strappò il telefono di mano e abbiamo avuto una mezza discussione che io ho interrotto per via di altre persone presenti”.

    Poi una nuova menzogna: “mi aveva detto che il bambino non era suo, che avevano fatto un test del dna. Io gli avevo creduto. Lui mi disse che il motivo del viaggio insieme a Giulia era stato fatto perché lei era giù di morale”. È bastato poco perché venisse allo scoperto anche questa bugia. “Ha fatto l’errore di prestarmi il suo iPad” e “lì ho trovato il documento da lui composto, il logo e un facsimile”, per falsificare il test del dna, “quindi ho avuto la certezza che fosse falso”. Poi il giorno del compleanno l’ennesima scusa per non farla andare a casa sua (“mi si è rotto il tubo dell’acqua”). A questo punto la giovane aveva iniziato “da un po’ a registrare le conversazioni” con il barman.

    Sarebbe stata lei poi a contattare Giulia Tramontano, trovando il numero sull’Ipad di Impagnatiello. La chiamata arriva alle 14.38 di quel fatidico 27 maggio. “Lì in quella conversazione con Giulia ci siamo accordate pacificamente, anche perché eravamo entrambe vittime di un bugiardo, per incontrarci”. Seguono due ore di messaggi, mentre Impagnatiello prova a rinviare l’incontro al giorno dopo. “Insisteva che sarebbe stato meglio vedersi tutti e tre la domenica dopo il lavoro”.

    Messo alle strette, il 30enne si inventa una scusa con il manager dell’hotel (“mia madre non sta bene”) per andare via prima ed evitare il confronto con le due compagne. Loro invece si vedono fuori dall’Armani Bamboo bar, parlandosi per un’ora. “Giulia arriva all’hotel, il nostro incontro è stato veramente cordiale tant’è che appena ci siamo viste ci siamo abbracciate per solidarietà femminile”, ha detto ai carabinieri. “Giulia mi ha detto che a lei interessava solo il bimbo, che sarebbe tornata a casa solo per parlare con Alessandro e lasciarlo. Non sapeva ancora se si fosse recata a Napoli dai suoi genitori ma sicuramente non voleva più vedere Alessandro. Io le ho proposto che se ne avesse avuto bisogno poteva venire a casa mia a dormire. Ma lei disse di non preoccuparmi. È andata via intorno alle 18,45”. La 29enne, uccisa tra le 19.05 e le 20.30, smette improvvisamente di risponderle ai messaggi, che dalle 20.31 prendono un altro tono. A scriverli è Impagnatiello, che impersonando Giulia tenta di allontanare la ragazza.

    Lei inizia a preoccuparsi “perché non sapevo che fine avesse fatto Giulia e di cosa fosse capace lui”. Prova a chiamarlo e riesce a mettersi in contatto con lui al terzo tentativo, chiedendo di farsi mostrare Giulia in videochiamata. “Mi disse che Giulia stava dormendo. Ho chiesto di confermarmi questa cosa e lui mi disse che era da un’amica. A seguito delle mie insistenze, si è recato in casa e mi ha fatto fare vedere il letto dove non c’era, poi mi ha fatto vedere anche il divano, su mia richiesta. Mi disse che era andata da una sua amica. Me lo disse anche su un audio Whatsapp. Comunque in casa, dalle immagini che Alessandro mi mostrava, Giulia non c’era ma Alessandro era palesemente agitato tanto da apparire sudato”.

    Dopo i nove minuti di videochiamata, Impagnatiello chiede di verderla a fine turno, alle 1.30. Lei è impaurita e chiede invece di farsi accompagnare a casa da un collega. “Giunta a casa ho notato Alessandro, era fermo alla fermata del tram pensando io tornassi in tram. Sono salita in casa senza che lui mi vedesse. Lui ha iniziato a citofonare quando io gli ho detto che ero già in casa. Alla fine è salito e gli ho parlato attraverso le sbarre della finestra del ballatoio. Lui insisteva perché io lo facessi entrare, ma non ho voluto perché avevo paura”. Il giorno dopo un altro indizio inquientante: dal suo zaino vede spuntare, e fotografa, dei “guanti in lattice azzurri che ha preso dal lavoro”, che Impagnatiello avrebbe poi confessato di aver usato per bruciare il cadavere.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version