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    Almaviva, nel passaggio da Alitalia a Ita a rimetterci sono anche i lavoratori dei call center

    Manifestazione di protesta dei dipendenti di Almaviva, Roma, 21 gennaio 2017. Credit: ANSA/ ANGELO CARCONI
    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 6 Nov. 2021 alle 11:33 Aggiornato il 6 Nov. 2021 alle 11:35

    “Ho 45 anni e due figli, di cui uno con disturbo dello spettro autistico. Lavoro in Almaviva dal 2006, stabilizzato dal 2007, sempre e solo su commessa Alitalia. Ma oggi non so se con il lavoro in Covisian riuscirò a pagare le cure per mio figlio, le tasse scolastiche anche per mia figlia più piccola o la parcella degli avvocati per il divorzio imminente”. Salvatore Virzì è uno degli oltre 500 lavoratori Almaviva che si occupavano del servizio di assistenza clienti Alitalia e che ora rischia di perdere il posto di lavoro o dover rinunciare ad alcuni suoi diritti contrattuali con il passaggio da Alitalia a Ita Airways. L’azienda di call center è la stessa che, tra Natale e Capodanno del 2016, ha licenziato 1.666 dipendenti in quello che è stato considerato il più grande licenziamento della storia italiana degli ultimi anni. Dopo la nascita di Ita e la perdita della commessa Alitalia, la situazione dei lavoratori Almaviva è diventata ancora più precaria.

    L’accordo raggiunto dai sindacati

    Lo scorso 21 ottobre, tramite un accordo salutato con soddisfazione dai sindacati, è stato deciso che i lavoratori Almaviva che operavano nella commessa Alitalia – 543 operatori (507 sulle sedi di Palermo, in Sicilia, e 36 su Rende, in Calabria) – saranno assunti con un nuovo contratto a tempo indeterminato nella società Covisian, che si è aggiudicata i servizi di customer care offerti dalla nuova compagnia aerea Ita Airways. Se accetteranno, però, andranno incontro a un peggioramento della loro situazione contrattuale, con la riduzione oraria del 10 per cento, che l’azienda si impegna a eliminare dal primo gennaio 2024. Le assunzioni non avverranno insieme, ma in quattro scaglioni, da completarsi entro la fine del 2022.

    “La scorsa settimana abbiamo completato le conciliazioni per il primo gruppo, composto da poco più di 200 unità”, dice a TPI.it Gianluca Patané, segretario di Slc Cgil Sicilia. “L’azienda chiama le risorse a partire da un elenco che dovrebbe rispettare alcuni criteri, tra cui l’anzianità sulla commessa, anche se qualche problema su questo c’è stato, con alcuni lavoratori che hanno protestato sostenendo che avrebbero dovuto essere chiamati prima. Ma sono situazioni in cui è difficile capire chi possa avere la priorità, e su questo come organizzazioni sindacali non abbiamo dato indicazioni. Abbiamo chiesto all’azienda di creare criteri trasparenti”.

    I sindacati, spiega Patané, hanno agito per “garantire a tutti i lavoratori della commessa Alitalia di essere chiamati e avere quindi la possibilità di assunzione in Covisian, l’adesione poi resterà ovviamente volontaria”. In altre parole, sarà una scelta personale quella di licenziarsi da Almaviva e sottoscrivere un contratto con Covisian, o restare dipendente della prima, sperando di essere impegnato in nuove commesse.

    L’accordo, firmato dai sindacati nazionali di categoria (Slc, Fistel e Uilcom) è stato approvato dei lavoratori in un’assemblea lo scorso 25 ottobre, con una votazione per alzata di mano. “La bozza è uscita tre giorni prima, e non è stata pubblicata su alcun sito sindacale, ma comunicata ai lavoratori tramite Whatsapp”, racconta Salvatore Virzì, sottolineando che “il tempo per esaminare l’accordo e prendere una decisione è stato davvero poco”.

    Patanè spiega che i tempi stretti, ma sono legati al fatto che “il servizio sarebbe dovuto partire il 15 ottobre, data in cui Ita ha cominciato a far volare i primi aerei”. E aggiunge: “La trattativa è stata lunga e complessa, in ogni caso, le assemblee hanno portato a una votazione in cui la stragrande maggioranza dei lavoratori impattati ha dato una valutazione positiva dell’accordo”. Poi sono state organizzate tre per conciliazione e firma dell’accordo.

    “Se è vero che i sindacati hanno preservato finora il perimetro occupazionale, bisogna anche dire che dal 2016 a oggi i diritti riconosciuti a noi lavoratori sono andati sempre più diminuendo”, dichiara Salvatore Virzì. “Anche di fronte alla proposta di unire la vertenza a quella di Gkn, non c’è stata una risposta positiva da parte dei confederali, quando invece sarebbe potuta nascere una mobilitazione importante”.

    La cessione di ramo d’azienda e la clausola sociale

    “I lavoratori hanno accettato l’accordo perché sono esausti, a causa delle crisi occupazionali che arrivano in base all’andamento delle commesse”, spiega a TPI.it Lidia Undiemi, consulente tecnico in materia di outsourcing e operazioni di societarizzazione. Il punto centrale, secondo l’esperta, riguarda l’applicazione o meno della c.d. clausola sociale, che è per certi versi un’alternativa alla tutela prevista dall’art. 2112 c.c. in caso di trasferimento di attività, secondo cui l’azienda che acquisisce l’attività è obbligata a riassumere tutto il personale in essere mantenendo contratto di lavoro e diritti.

    La clausola sociale interviene nel caso specifico di cambio appalto, e secondo il contratto collettivo nazionale delle telecomunicazioni si prevedono due ipotesi: subentro nella nuova società appaltatrice a parità di condizioni di lavoro vantate presso la società uscente, oppure subentro nella nuova società con modifica delle condizioni di lavoro e con possibilità di definire le tempistiche dell’inserimento del personale nella nuova società. Nella seconda ipotesi, si apre la strada a un peggioramento delle condizioni di lavoro, che è appunto il dramma dei lavoratori “in appalto”. Vero è, aggiunge Undiemi, che “i sindacati e i lavoratori si trovano in una situazione molto complessa, perché è un passaggio di call center che avviene contestualmente alla trasformazione e alla rivoluzione di Alitalia in Ita”.

    “Nel caso specifico, non si tratta di una cessione di ramo d’azienda, perché la commessa Alitalia non esiste più”, dice Patanè, “Ita è una nuova compagnia, e dal loro punto di vista non aveva alcun obbligo legislativo di assumere i dipendenti Almaviva alle condizioni contrattuali che avevano. Noi, come sindacato, abbiamo ritenuto che questo fosse un escamotage per non applicare la clausola sociale, è evidente che qui non si tratta di un nuovo soggetto che sta operando sul mercato”.

    Per Undiemi questo doppio passaggio, da Alitalia a Ita e da Almaviva a Covisian, ha complicato quindi notevolmente la trattativa tra azienda e sindacati. “Singolare come nell’accordo si specifichi che non si tratta di una cessione di ramo d’azienda, poiché un accertamento e un giudizio in tal senso spetta al giudice del lavoro nel caso in cui i lavoratori decidano di far causa, che sarebbe comunque molto complessa e incerta”.

    Resta il fatto che “leggendo l’accordo si nota come l’azienda esercita un potere impressionante nel decidere in tutto e per tutto come e in che tempi riassumere il personale coinvolto nella commessa di Alitalia. Questo non stupisce, se consideriamo il clima in cui è avvenuto il passaggio a Ita. Fondamentalmente”, prosegue l’esperta, “è una partita a perdere per i lavoratori, ma questa era di fatto l’unica alternativa. Il gioco al ribasso c’è stato anche stavolta, per l’ennesima volta. Forse, se ci fosse stata un’elevata conflittualità da parte del sindacato e dei lavoratori si sarebbe potuto ottenere qualche risultato in più”.

    Dal 15 ottobre, intanto, Covisian ha iniziato a gestire il servizio clienti della nuova compagnia aerea di bandiera. A questo scopo era stata avviata la formazione di 60 lavoratori interinali, che tuttavia, dopo la sottoscrizione dell’accordo con gli operatori Almaviva, sono stati rimandati a casa.

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