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    Alessia Pifferi e l’inferno nel carcere di San Vittore: “Le altre la chiamano mostro e ammazzabambini”

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 8 Mag. 2023 alle 09:22 Aggiornato il 8 Mag. 2023 alle 09:22

    Detenuta nel carcere di San Vittore dopo aver lasciato morire di stenti sua figlia di 18 mesi, abbandonata in casa per 6 giorni mentre lei era dal suo compagno, Alessia Pifferi continua a vivere in isolamento in infermeria con altre due detenute. “È oggetto di insulti, in passato ha subito aggressioni fisiche. I problemi aumentano prima e dopo le udienze”, dice la sua legale, Alessia Pontenani, alla vigilia della seconda udienza che avverrà oggi davanti alla prima sezione della Corte d’Assise del tribunale di Milano. La 37enne è accusata di omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione e rischia l’ergastolo.

    Secondo l’accusa la piccola Diana venne lasciata dalla madre “priva di assistenza e assolutamente incapace, per la tenerissima età, di badare a se stessa” nell’appartamento di via Ponte Lambro. Abbandonata “senza peraltro generi alimentari sufficienti” sarebbe stata in condizioni “di palese ed evidente pericolo per la sua vita” anche a causa delle “alte temperature del periodo”. Durante la prima udienza, la zia della piccola Diana indossava una maglietta con stampata sopra una foto della nipote. “Vista la documentazione che ho ricevuto – insiste l’avvocata Pontenani – sicuramente deve essere sottoposta a dei test. La signora è stata visitata da persone esterne, ed è evidente dai documenti, così come dagli interrogatori con il pm, che c’è bisogno di un approfondimento. Non vuol dire che è ‘pazza’, ma che un deficit può averle impedito di comprendere tante cose che sono successe. Penso che fosse abbandonata a se stessa. Ci sono brave psichiatre e psicologhe che la stanno seguendo e secondo me hanno capito”.

    In carcere “la chiamano ‘mostro’ e ‘ammazzabambini’. All’udienza ci sarà, vuole esserci. Ha scritto lettere alla mamma e alla sorella, ma sono rimaste senza risposta. Aveva chiesto di poter tornare ad avere contatti con loro. C’è rimasta male quando ha visto la sorella con la magliettina con la foto di sua figlia. In carcere ha un euro, per la spesa la aiutano il cappellano e le compagne di cella”.

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