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    Delitto di Garlasco, Alberto Stasi resta in semilibertà: la Cassazione respinge il ricorso della procura generale

    La procura generale di Milano aveva richiesto la revoca della semilibertà a causa "di un'intervista non autorizzata"

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 1 Lug. 2025 alle 17:42

    Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi e detenuto nel carcere di Bollate da 10 anni, resta in semilibertà: è quanto deciso dalla Cassazione che ha respinto il ricorso della procura generale di Milano che ne aveva chiesto la revoca. I giudici della I sezione penale della Corte di Cassazione, infatti, hanno “rigettato il ricorso proposto dalla Procura generale della Corte di appello di Milano contro l’ordinanza del 9 aprile 2025, con cui il Tribunale di sorveglianza di Milano ha concesso la misura alternativa della semilibertà ad Alberto Stasi, condannato per l’omicidio di Chiara Poggi avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007”.

    La procura generale di Milano aveva chiesto la revoca della semilibertà per Alberto Stasi a causa di una mancata autorizzazione a rilasciare un’intervista al programma Le Iene durante un permesso per un ricongiungimento familiare. Secondo la procura generale, la vicenda avrebbe dovuto essere valutata diversamente dai giudici. Sul caso, infatti, la procura generale si era già espressa con un parere negativo. Per il direttore del carcere di Bollate Giorgio Leggieri, l’intervista non aveva causato “infrazioni alle prescrizioni”.

    Alberto Stasi gode della semi libertà dall’11 aprile scorso quando le giudici del tribunale di Sorveglianza Federica Gentile e Maria Paola Caffarena, più due esperti, hanno accolto la richiesta dei legali dell’ex fidanzato di Chiara Poggi. La semi libertà concessa “con il prosieguo dell’attività lavorativa in corso e l’appoggio abitativo presso lo zio” era stata accordata per una serie di elementi tra cui la buona condotta del detenuto che ha avuto “un percorso carcerario connotato dal rigoroso e costante rispetto delle regole, anche nel corso di benefici penitenziari concessi”.

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