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    “Voleva picchiarmi, ha urlato fr**io di merda”: aggressione omofoba alla sardina Donnoli

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 10 Lug. 2020 alle 15:37 Aggiornato il 10 Lug. 2020 alle 15:39

    Lorenzo Donnoli, tra i coordinatori del movimento delle Sardine, è stato vittima di un’aggressione omofoba in pieno giorno a Bologna. A raccontare l’accaduto è lo stesso Donnoli che riporta le frasi, gli insulti e la dinamica degli eventi in un post su Instagram.

    Tutto accade nel parco 11 Settembre di Bologna, ieri, giovedì 9 luglio. Donnoli arriva prima a lavoro e difende un ragazzo indiano maltrattato da un uomo sui 50 anni che comincia a insultarlo con frasi razziste: “Un ragazzo (purtroppo da specificare: con un background dal subcontinente indiano) chiede gentilmente di sedersi ad un uomo italiano sulla 50ina, seduto in solitudine su panchina da 4 posti. La risposta è incivile e fuori luogo, accompagnata da scuse ridicole come ‘‘dopo arrivano i miei amici’’ e ad offese pesanti ‘’stronzo, pezzo di merda, te ne devi andare’’ e via dicendo. È la panchina davanti a dove lavoriamo, nel centro di un parco inclusivo fra colleghi con diversi tipi di nazionalità e disabilità, e gli ho detto che non stesse a lui decidere chi possa sedersi sulla panchina di un parco pubblico. E che oltre ad essere un razzista era pure un gran maleducato. Sul momento, stizzito, fa per andarsene”.


    L’uomo in questione quindi sembra essere andato via. Ma all’improvviso ritorna e comincia a inveire contro Donnoli con l’intento di picchiarlo. “Tempo 5 minuti lo vedo tornare in bicicletta in tutta fretta (ero al telefono per una questione di lavoro nei minuti prima del turno) e il tizio in questione è tornato per urlarmi deliri di ogni tipo, fra cui ‘’fro**o di merda’’ avvicinandosi fisicamente con fare aggressivo e l’intenzione chiara di picchiarmi”. Scrive Donnoli.

    In poco tempo la situazione si fa pericolosa e le colleghe di Donnoli intervengono per proteggerlo. Il portavoce nazionale delle 6.000 Sardine, è dichiaratamente gay e racconta a Open: “Sono sempre stato me stesso, non ho mai limitato la mia felicità”. Ma da ieri gli resterà impressa una cicatrice che, inevitabilmente, condizionerà la sua libertà: “Ho paura di tornare in quel parco, sul mio posto di lavoro. Dovrò guardarmi alle spalle perché temo che quell’uomo possa tornare ad aggredirmi”.

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