La puntualità nei pagamenti è molto più di una buona abitudine amministrativa. È un segnale sintetico di affidabilità, solidità di cassa e qualità della governance. In un’economia come quella italiana, fatta di filiere lunghe e di PMI che dipendono dal capitale circolante, anche pochi giorni di scostamento possono trasformarsi in interessi, tensioni nella catena di fornitura, minori investimenti e, nei casi peggiori, in default.
Monitorare i ritardi nei pagamenti significa quindi leggere, quasi in tempo reale, la temperatura della competitività e della sostenibilità finanziaria delle imprese.
Lo Studio Pagamenti CRIBIS Q2 2025 fotografa un Paese in cui la puntualità resta minoritaria ma stabile: il 44% delle imprese salda le fatture alla scadenza, leggermente sotto il Q1 2025 ma sopra il Q2 2024. Si riducono i ritardi gravi oltre i 90 giorni, che scendono al 4,3%. La mappa territoriale però resta disomogenea: Nord Est al 54,1% di pagamenti regolari, Sud e Isole al 34,1%, con un’incidenza di ritardi gravi decisamente più alta nel Mezzogiorno. Anche per dimensione emergono differenze: micro e piccole imprese mostrano i tassi di puntualità più elevati, ma sono anche quelle più esposte ai grandi ritardi rispetto alle medie e grandi aziende.
Tra i settori in miglioramento rientrano ceramica, GDO e siderurgia. Tra i settori più critici citiamo costruzioni e servizi alle persone. Le PMI sono tra più virtuose per quanto riguarda i ritardi nei pagamenti ma anche le più fragili nei ritardi gravi
Il quadro settoriale conferma che la puntualità riflette condizioni microeconomiche specifiche:
- In miglioramento: ceramica, grande distribuzione organizzata e siderurgia riducono l’incidenza dei ritardi oltre i 90 giorni rispetto al Q2 2024. Si tratta di comparti che, pur tra margini sotto pressione e volatilità dei costi energetici, hanno rafforzato controllo del circolante e disciplina finanziaria.
- Più critici: restano costruzioni e servizi alle persone, dove i ritardi gravi superano la media nazionale, complici stagionalità, margini compressi, tempi di incasso lunghi e, per l’edilizia, anche la coda regolatoria/fiscale legata ai bonus. Nel canale Ho.Re.Ca. (ristoranti e bar) l’incidenza dei grandi ritardi è la più alta tra i settori.
Il capitolo PMI merita un approfondimento. I dati CRIBIS indicano che micro e piccole sono tendenzialmente più puntuali nel pagare rispetto alle medie e grandi, ma più vulnerabili ai ritardi gravi quando la liquidità si inceppa. In altre parole, c’è maggiore virtuosità operativa, ma un cuscinetto finanziario più sottile: basta un cliente che slitta per trascinare a valle tutta la filiera.
L’andamento della puntualità non vive nel vuoto. È intrecciato con tre variabili macro-aziendali.
1) Liquidità e capitale circolante. In presenza di margini compressi, stock elevati e cicli di incasso dilatati, la cassa diventa il primo vincolo. Molte imprese stanno accelerando su forecast di tesoreria, digitalizzazione del ciclo order-to-cash e negoziazione ex-ante delle condizioni di pagamento con clienti e fornitori. La riduzione dei ritardi gravi nel Q2 2025 suggerisce che una parte del sistema sta rispondendo con maggiore disciplina e strumenti più maturi.
2) Accesso al credito. La Banca d’Italia segnala che, fino all’inizio del 2025, il credito alle imprese ha continuato a contrarsi su base annua, con standard di erogazione prudenti e un calo più marcato proprio per le micro e piccole, che manifestano maggiori difficoltà di accesso ai finanziamenti. In prospettiva, i tassi in discesa aiutano, ma la selettività resta elevata e si concentra sui profili di rischio più alti. È un dato chiave perché minore credito di filiera significa più rischi di slittamento nei pagamenti lungo la catena.
3) Capacità competitiva e qualità della domanda. I settori che hanno consolidato posizionamento di mercato, contratti di fornitura più stabili e clausole di pagamento chiare stanno migliorando gli indicatori di puntualità. Viceversa, nei comparti price-sensitive e a più alta volatilità della domanda, la leva del prezzo spesso viene scambiata con tempi di pagamento allungati. Il caso della ceramica e della siderurgia che riducono i ritardi gravi, contro l’edilizia e i servizi alle persone che restano indietro, rispecchia questa divergenza tra chi ha consolidato processi e relazioni di filiera e chi sconta ciclicità e margini più fragili.
In controluce, si intravedono anche segnali di rischio credito: la stessa Banca d’Italia prevede per il 2025-2026 un tasso di default dei prestiti alle imprese in moderato aumento rispetto al recente passato e sottolinea che il deterioramento della qualità del credito è stato più marcato tra gli operatori meno significativi, tipicamente esposti a clienti di taglia più piccola. Questo contesto richiama le aziende a gestire con rigore DSO, limiti di fido e monitoraggio delle esposizioni.
Sul piano operativo, tre scelte stanno facendo la differenza:
- Data quality e scoring fornitori-clienti: integrare dati esterni, reportistica e segnali comportamentali per anticipare anomalie.
- Politiche di incasso più dinamiche: sconti per pagamento anticipato e reminder automatici lungo la timeline di fattura.
- Soluzioni di supply chain finance: confirming, dynamic discounting e cessione pro-soluto per convertire crediti in liquidità senza appesantire il bilancio.
Il Q2 2025 restituisce un quadro di stabilità fragile: lieve recupero rispetto al 2024, divari territoriali persistenti, settori che migliorano e altri che restano sotto stress. Ne discende che i tempi di pagamento continuano a essere un tasto dolente su cui lavorare con politiche industriali e strumenti di finanza di filiera che sostengano le imprese più esposte, in particolare al Sud e tra le micro e piccole. Lo Studio Pagamenti CRIBIS Q2 2025 offre un benchmark prezioso per valutare pratiche di incasso, rischi di controparte e priorità di intervento in azienda. Tra poco uscirà il report Q3: sarà il passaggio decisivo per capire se la tendenza sarà di stabilità, recupero o peggioramento, anche alla luce dell’evoluzione dei tassi, della domanda estera e dell’accesso al credito. In attesa del nuovo dato, l’indicazione operativa resta chiara: misurare, prevenire, negoziare.
Leggi l'articolo originale su TPI.it