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Gherardo Guidi: “Durante il lockdown la notte mi sognavo le serate. Ora la Capannina riapre con molta più passione che negli anni prima della Pandemia”

Forte dei Marmi, Gherardo Guidi e la Capannina © copyright Massimo Sestini
Di Redazione TPI
Pubblicato il 16 Lug. 2021 alle 20:14 Aggiornato il 31 Ago. 2021 alle 11:19

Leggi l’intervista completa su StradeNuove.net

Faccia a faccia tra Gherardo Guidi, il patron del mitico locale La Capannina, e Luca Telese. I sogni e il futuro successi e insuccessi dell’imprenditore. La passione e il prossimo Capodanno.

Luca Telese e Gherardo Guidi

Pubblichiamo un estratto dell’intervista uscito su StradeNuove.net

Quando vado a trovare Gherardo Guidi alla Capannina, poco prima che tutto riparta, ci ritroviamo sul palco del locale che ha fatto la storia della Versilia e del costume italiano. Io e lui, seduti su due sedie, sul palco di legno a gradoni che ha ospitato tutte le orchestre e le star di un secolo. L’uomo che ama far girare la giostra, e che ha scelto ogni volta in meglio per le sue serate, questa volta racconta e si racconta. Per una volta il protagonista unico del cartellone è lui.

Cosa hai imparato dal Covid?
Tu vuoi sapere da me cosa ho imparato dal Covid?
Esatto.
Ehhhhh….
Ehhhh” cosa?
Sai, la Capannina ci può insegnare molto su questo tema…
Perché?
Intanto è nata molto prima che arrivassi io, nel 1929.
Una storia lunga e complessa anche prima di Gherardo Guidi.
Oh, certo! Nel 1939 aveva preso fuoco ed era andata distrutta. Ma l’avevano ricostruita subito, e nella forma che vedi.
Non hai più toccato nulla della struttura?
Scherzi? La Capannina è questo. Sono venuti, architetti di grido, a dirmi che la dovevo rifare da capo, che avevano delle idee, ma io non ho mai toccato nulla. Guardati intorno.
Proprio nulla?
Solo restauro. È semplice, elegante. È così. E non è solo mia. C’è gente che mi dice: “Io vengo qui da sempre”
Dopo la ricostruzione cosa accadde?
Dopo quel rogo la Capannina ha iniziato la sua seconda vita e non si è fermata più. Se non due volte.
Quali?
Un anno, nel 1943, per colpa della guerra.
E la seconda volta?
L’anno scorso, per il Covid. Ma calcola che nel 1943 avevano dovuto mandare i miliziani, per essere sicuri che fosse chiusa. Perché qui non voleva chiudere nessuno. Dal 1960, come è noto, l’ho presa in mano io.
Per questo ti ha pesato molto la chiusura obbligata.
Si, perché noi siamo come la vita: sia se piove o se fa bel tempo, sia che si soffra, o che si goda, noi siamo sempre aperti. E adesso che torna la vita dopo la pandemia torniamo come prima, con qualche insegnamento in più.
Quale?
Tu devi sapere che mentre eravamo chiusi, durante il lockdown e anche dopo, io la notte mi sognavo le serate di capodanno che avevano fatto qui.
Come nel cantico di Natale di Dickens, invece di sognare i Natali passati, tu sognavi i capodanni.
Si, mi è mancata molto la gente, lo spettacolo, la libertà. Torno ad aprire con maggiore consapevolezza di prima.
Cioè?
Con molta più passione che negli ultimi anni prima della Pandemia.
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