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Carlo Cracco: “Dopo Masterchef ero diventato pericoloso. Lo spot delle patatine? Marchesi lo fece per i surgelati”

Le parole del celebre cuoco in occasione dei suoi 60 anni

Di Niccolò Di Francesco
Pubblicato il 8 Ott. 2025 alle 10:47

Carlo Cracco ripercorre la sua vita e la sua carriera in occasione del suo compleanno: il celebre chef, infatti, compie 60 anni. Intervistato dal Corriere della Sera, il cuoco afferma: “Sto meglio adesso di quando ne avevo 40. Mai stato così bene: non ho né rimpianti né rimorsi. Il tempo è misurato dai figli: vedi che crescono e capisci che diventi grande”. Poi rivela quando ha iniziato ad appassionarsi al cibo: “Quando mia madre ha dimezzato le porzioni, per aiutarmi a perdere peso. Ho capito che se volevo mangiare dovevo infilarmi in cucina con lei che era un’ottima cuoca”. Una svolta arrivata quando “facevo il chierichetto e volevo andare a fare le medie al seminario: ma in casa non c’erano soldi per scuole private. Allora scelsi quella meno triste, l’istituto alberghiero”.

La vera svolta, però, arriva “dopo la fine del terzo anno lasciai la scuola per andare a lavorare da Remo. Feci il militare, poi tornai al ristorante: a 19 anni tenevo in mano la cucina. Ma non ero felice: “È tutto qua?”, mi chiedevo. Mia sorella maggiore mi parlò di un corso di Gualtiero Marchesi alla scuola di cucina Altopalato. Andammo a cena da lui e gli chiesi subito se potevo lavorare con la sua brigata. Mi cucinò a fuoco lento, ma se mi metto in testa una cosa di riffa o di raffa ci arrivo”. Lo chef racconta ancora: “Mi iscrissi alla scuola di Altopalato per poterlo incontrare ogni tanto. Facevo il pendolare, un giorno sì e un giorno no, da Vicenza a Milano. Partivo con il treno delle 8 e tornavo con quello di mezzanotte a Venezia, poi la corriera mi lasciava alle 2 di notte a Vicenza. Dopo un mese mi chiamò: in cucina trovai Davide Oldani. Era un tipo più aperto di me, io ero campagnolo”.

Carlo Cracco rivela che Gualtiero Marchesi gli ha insegnato “a capire i bisogni delle persone che abbiamo davanti. Era un intellettuale della cucina: pretendeva che ci relazionassimo in modo adeguato, non ammetteva che lo chef fosse un semplice bruciapadelle. Tutto quello che noi abbiamo fatto in seguito lui l’aveva già fatto: libri, tovaglie e stoviglie firmate, persino la tv. Nel 1987 condusse una trasmissione di cucina in diretta: lo seguì Davide, io mi vergognavo da morire”. Poi è arrivata una nuova esperienza: “Ero arrivato all’apice di quello che si poteva fare in Italia. Fu lo stesso Marchesi a consigliarmi di andare in Francia, che per lui era la Mecca, da Ducasse. Ci rimasi per 4 anni”.

“Per me il denaro era secondario, contava fare esperienza: così dopo Parigi fu la volta dell’Enoteca Pinchiorri, dove prendemmo tre stelle Michelin, e poi dell’Albereta, dove venne la figlia della cuoca di Lady D, per farsi dare delle ricette per la principessa. Ma mancava qualcosa” aggiunge il cuoco, che continua il suo racconto: “Con Bruno Ceretto aprimmo ad Alba Le Clivie che prese subito la stella. Lo rivendetti a un ottimo prezzo in due giorni, dopo che i fratelli Stoppani mi proposero di aprire a Milano in via Victor Hugo: era il 2001 ed era nato Cracco-Peck. Qualcuno mi diede del grandioso: nessuno prima di Marchesi aveva dato il proprio nome a un ristorante”.

Il primo cliente fu “Dario Mezzano: organizzò da me la cena di Natale per 50 ospiti e mi disse: ‘Stupiscimi’. Con Matteo Baronetto abbiamo messo a tavola da Pavarotti all’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Prenotò solo una parte del ristorante e gli cucinammo un menu milanese: un mio cliente partigiano mi chiese di poterlo salutare. Con le due stelle arrivarono tutti: da Umberto Agnelli a Matteo Renzi con Tim Cook: per loro chiusi il ristorante”. Il cuoco, così, viene contattato da Masterchef: “La prima volta mi chiamarono nel 2007. Ero in cucina e risposi: ‘Vorremmo parlare con Cracco per un provino’. Finsi di non essere io. Ci riprovarono nel 2010″. Cracco accettò la proposta televisiva perché “era un momento di crisi. C’era stato il caso Lehman Brothers, l’Italia era cupa: andare al ristorante stellato o avere l’auto costosa era peccato. Ma feci lo stesso di tutto per non essere preso: al provino fui molto aggressivo. Mia moglie Rosa mi diceva sottovoce ‘anche meno’. La produzione invece era entusiasta”.

Lo chef spiega perché ha deciso di lasciare il programma nonostante il successo: “La televisione ha riempito di nuovo il ristorante: chi veniva a cena voleva tornare a casa con una foto. Ma la televisione è ripetitiva: dopo sei anni mi ero annoiato”. Dopo la tv, Cracco ha perso una stella Michelin: “Ero diventato pericoloso. Dicevano: se Cracco ha fatto tivù adesso lo faranno tutti”. Lo chef è stato attaccato anche per la pubblicità a una nota marca di patatine: “Perché non avrei dovuto farlo? Anche Marchesi mi diede il benestare. Lui stesso era stato testimonial di surgelati. Abbiamo la memoria corta e un po’ di invidia sociale”.

Quindi il ristorante nella Galleria Vittorio Emanuele II di Milano: “Un progetto riuscito. Abbiamo avuto da Tilda Swinton a Pierfrancesco Favino. Volevamo riportare qualità in Galleria: paghiamo l’affitto al Comune. Era uno spazio malconcio, chiuso da 20 anni: ho chiamato lo studio Peregalli Sartori Rimini per sistemarlo”. Secondo Carlo Cracco oggi “non c’è più educazione: vanno dal cliente famoso a disturbarlo per una foto. Una volta bastava un autografo e noi facevamo da tramite”.

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