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Ogni tanto fa bene essere tristi, e questo studio lo dimostra

Una statua raffigurante la tristezza

In una società che ci spinge a essere sempre felici, la medicina ci racconta perché è utile ogni tanto essere tristi

Di Nicola Simonetti
Pubblicato il 12 Set. 2019 alle 20:05

I benefici della tristezza occasionale

Quali sono i benefici della tristezza? Da sette anni a questa parte, la scrittrice statunitense Melissa Broder cura una pagina in cui posta aggiornamenti della propria vita interiore.

Broder non scrive di depressione, ma di quella tristezza occasionale che tutti, in momenti diversi della giornata, sperimentiamo.

“Alzarmi dal letto oggi è stata una delusione”, racconta Broder in uno dei suoi tweets.

“Whoops, mi sono ferita cercando di adattarmi a quegli standard di bellezza che so essere falsi ma a cui sento di dovermi conformare”.

L’account della Broder ha incontrato il favore degli utenti, e dal 2012 ha raccolto un seguito di 893mila followers.

È sorprendente come migliaia di persone abbiano riconosciuto la forza emotiva delle frasi “tristi” di Broder in un mondo in cui i social media mostrano sempre più sorrisi finti.

Credit: Twitter

 

 

 

 

 

 

 

Cosa ci dice la scienza?

Le più recenti statistiche dell’organizzazione mondiale della sanità indicano un aumento del numero di persone depresse. Ma in cosa sbagliamo?

Gettando uno sguardo al passato, molti poeti hanno sembrato trovare conforto nella cruda espressione dei propri sentimenti.

Viene quindi da chiederci se sia necessario riconsiderare e aprirci riguardo emozioni quali la tristezza e i suoi derivati.

L’idea che per essere felici bisogna prima essere tristi è una convinzione che risale almeno al 16esimo secolo.

Watt Smith, studioso specializzato in Storia delle Emozioni alla Queen Mary di Londra, menziona una serie di manuali tardo-medievali che “cercavano di incoraggiare i lettori alla tristezza fornendo loro una lista di cose per cui essere abbattuti”.

Più recentemente, è stato suggerito che provare emozioni diverse dalla felicità promuove il nostro benessere psicologico.

Lo dice uno studio del 2016, che ha monitorato le emozioni di 365 partecipanti. All’inizio dell’esperimento, ciascun individuo è stato interrogato sul proprio benessere mentale, fisico, e sulle proprie abitudini sociali.

Per tre settimane, i partecipanti si sono serviti di un cellulare per registrare le proprie emozioni e salute fisica in momenti diversi della giornata.

I risultati hanno dimostrato che il legame tra il cattivo umore e la salute mentale e fisica cagionevole è più debole in chi crede che il cattivo umore possa essere utile.

Sophie Lazarus, psicologa all’università statale dell’Ohio, ha confermato la scoperta.

“Non è la risposta iniziale a una situazione ad essere problematica, ma la reazione a quella risposta che tende ad essere la più difficile. Questo accade perché riceviamo spesso il messaggio che è sbagliato essere tristi, e siamo condizionati a cambiare o a sbarazzarci della nostra tristezza. Ma così la sopprimiamo o evitiamo e basta”.

Brock Bastian, psicologo e scrittore, crede che il problema sia in parte culturale.

“Chi vive nell’Occidente del mondo è tra le 4 e le 10 volte più predisposto a soffrire di depressione o ansia di chi vive nell’Est. In Cina e Giappone, le emozioni negative e positive sono considerate entrambe essenziali”.

Credit: AFP

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A sua volta, questo potrebbe risalire a un pensiero di carattere religioso. La filosofia buddista indo-tibetana, per esempio, crede che accettare il dolore e capirne le cause sia parte della natura umana.

In un altro studio, Bastian ha analizzato la reazione al fallimento di 116 universitari.

Dopo essere stati divisi in tre gruppi, è stato chiesto agli studenti di risolvere degli anagrammi costruiti per non avere soluzione. Tuttavia, solo uno dei tre gruppi è stato avvertito del fallimento sicuro.

Un secondo gruppo ha svolto il test in una “stanza felice” circondato da poster motivazionali, e il terzo e ultimo gruppo in una stanza dalle pareti neutre.

Quando è stato chiesto agli studenti quale gruppo fosse il più preoccupato di fallire il test, Bastian ha scoperto che gli studenti nella “stanza felice” erano i più preoccupati.

“L’idea è che quando le persone si trovano in un contesto dove la felicità è stimata all’eccesso, si sentono obbligati a essere felici” ha spiegato Bastian.

Allo stesso modo, coloro che credono che la società si aspetta che siano sempre felici e mai tristi si sono dimostrati più soggetti a stress, tristezza e ansia.

Ma i benefici della tristezza non finiscono qui, poiché è durante i momenti più difficili che ci avviciniamo agli altri esseri umani.

“Da un punto di vista psicologico, non puoi rafforzarti se non ti trovi mai ad affrontare situazioni difficili”.

Poi conclude: “L’obiettivo non è cercare di eliminare la tristezza, ma imparare a capire quando ricerchiamo la felicità totale non siamo davvero felici e non godiamo dei benefici della vera felicità”.

Smettiamola di sottovalutare la depressione confondendola con la tristezza
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