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    Guidare un tir in Svezia risparmiando CO2: la sfida dei trasporti pesanti per un futuro verde

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 25 Nov. 2021 alle 12:56 Aggiornato il 25 Nov. 2021 alle 13:50

    Guidare un tir può rivelarsi un’esperienza rilassante se si tratta di un camion che ammortizza i 16 metri di lunghezza e le quasi 40 tonnellate di peso su un sedile ergonomico a prova di lombosciatalgia, in una cabina in cui si può dormire, mangiare, fare colazione e preparare il caffè a un metro di distanza dal passeggero, in perfetto distanziamento anti-Covid. Il cambio è automatico e per i non esperti la cosa più difficile è solo una: stare attenti a non far sbandare la coda sul guardrail in curva, virando a sinistra quando si vuole svoltare a destra e viceversa.

    Dinamiche comuni per i veterani ma del tutto nuove per una patente B che non possiede una macchina e si muove, solo in città, sulle quattro ruote di un servizio di car sharing. Ci troviamo a Sodertaijle, in Svezia, paesino di 63mila abitanti a 40 chilometri da Stoccolma in cui è cresciuto il tennista Bjorn Borg e quartier generale di Scania, il colosso dei veicoli pesanti del gruppo Volsvaghen. È qui, su un circuito che sorvola il terzo lago più grande della Svezia, tra alberi secolari e boschi su cui si riflettono i raggi del sole di mezzogiorno, che provo un tir della nuova gamma del costruttore svedese. Per un veicolo di quelle dimensioni, i rumori sono quasi impercettibili e si può godere indisturbati del paesaggio. Merito dei motori all’avanguardia della linea lanciata in estate, ribattezzata con il nome del primo motore turbo realizzato nel 1961 dall’azienda, “Super“.  “Il futuro è Super”, recita lo slogan del prodotto.

    Un futuro in cui i motori continueranno a bruciare carburante, ma in modo più efficiente, assicurano i vertici di Scania, perché in grado di risparmiare l’8 per cento di emissioni di CO2 rispetto ai modelli precedenti. La percentuale, calcolata ogni 100 chilometri percorsi da un veicolo, corrisponde a un risparmio di circa 3mila litri di carburante ogni 130mila chilometri, grazie a una combustione interna che funziona all’occorrenza anche con biodiesel vegetale, pompe del carburante elettriche in grado di interrompere l’erogazione quando non serve e a un meccanismo che permette di sfruttare quasi il 97 per cento del combustibile presente nel serbatoio, circa 10 punti percentuali in più rispetto ai modelli precedenti.

    Lancio della nuova gamma di motori Scania Super a Sodertajile, in Svezia. Credits: Marta Vigneri

    L’obiettivo dell’azienda, che si è guadagnata per tre anni consecutivi il premio di Sustainable Truck of the Year, assegnato ogni anno ai mezzi pesanti che si distinguono per sostenibilità ambientale, è quello di ridurre del 50 per cento le emissioni di CO2 entro il 2025, in linea con i target climatici fissati dalla Science Based Target Initiative, un progetto dell’Istituto Mondiale delle Risorse che aiuta le imprese nella transizione verso un profilo economico a bassa emissione. Obiettivo necessario e urgente per un settore responsabile di oltre il 25 per cento delle emissioni di CO2, che non ha ancora a disposizione i mezzi e le infrastrutture complete per alimentasi solo tramite fonti rinnovabili. È il caso dei camion elettrici, che l’azienda sta mettendo a punto ma che non sono ancora pronti per sostituirsi al diesel.

    “L’autonomia di un tir elettrico non supera i 200 chilometri. Non ci sono abbastanza stazioni per ricaricarli tutti, e ci vogliono 45 minuti per ricaricarne solo uno. Il settore dovrebbe completamente riorganizzarsi per condividere le piattaforme disponibili. Non siamo ancora pronti”, spiega Xavier, camionista franco-svedese originario di Angers, che vive da 20 anni a Sodertaijle, mentre guida uno dei tir della nuova gamma nei dintorni dello showroom di Scania. Si occupa della formazione dei più giovani in giro per il mondo, un’altra variante centrale per ottenere il risparmio di energia, perché anche le abitudini di conduzione possono ridurre l’utilizzo di C02. Per lavoro ha viaggiato in ogni continente e adora la professione, che negli ultimi anni lo ha portato spesso nei Paesi francofoni dell’Africa dell’Ovest, dove ha impartito lezioni di guida in Ghana, Guinea e Costa d’Avorio.

    Xavier, trainer di Scania. Credits: Marta Vigneri

    Sognava di guidare i tir da quando era nella pancia della madre. “Noi camionisti ci fermiamo ogni quattro ore in una stazione di benzina: ne approfittiamo per mangiare e rifocillarsi. Spesso le soste corrispondono con gli orari dei pasti, incontriamo gli altri colleghi. Oppure con la pausa notturna. Con le ricariche elettriche dovremmo fare dei turni”. Xavier sostiene che il mercato dei mezzi pesanti non possa ancora affrontare una piena transizione verso le fonti non fossili. E da questo assunto parte il progetto di Scania Super. Mentre l’azienda sta producendo la sua batteria elettrica, crede che per rispettare gli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi sia necessario partire dalle risorse disponibili, investendo sul risparmio energetico a partire dal diesel e, contemporaneamente, portando avanti sperimentazioni sulle altre fonti rinnovabili.

    “I combustibili rinnovabili e i veicoli elettrificati aumenteranno drasticamente la loro quota nei prossimi anni, ma nella vita quotidiana tutti noi dipendiamo ancora dai motori a combustione. Per questo il nuovo motore di Scania è così importante, perché contribuirà a realizzare un’importante decarbonizzazione per il resto di questo decennio”, spiega Alexander Vlaskamp, Executive Vice President e Head of Sales and Marketing di Scania. “Non vediamo altra alternativa per raggiungere fattivamente gli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi del 2015”, continua.

    All’orizzonte non c’è solo l’obiettivo fissato dall’Accordo di Parigi, e cioè di diminuire di 2°C la temperatura globale entro il 2050, che la COP26 di Glasgow ha suggerito di abbassare a 1,5, ma la normativa europea che impone ai costruttori di camion e Tir di ridurre del 30 per cento le emissioni di CO2 entro il 2030 (rispetto ai valori del 2019) e del 15 per cento entro il 2025, anno in cui almeno il 2 per cento dei veicoli pesanti venduti dovrà essere a emissioni zero. Tra due anni, nel 2022, la Commissione europea stabilirà nuovi limiti per il periodo post 2030. Limiti che potrebbero rivelarsi più stringenti, considerando che negli ultimi 10 anni le emissioni totali di gas a effetto serra dell’Unione Europea prodotte da veicoli pesanti sono aumentate del 25 per cento, principalmente a causa dell’aumento del traffico merci su strada, dove un grande Tir a medio carico supera un chilo di CO2 per chilometro. E se in Europa circolano oltre 6 milioni di mezzi pesanti, dei quali quasi 250mila sono camion e Tir da oltre 11 tonnellate a pieno carico, per rispettare l’ambiente il vero futuro “Super” dei trasporti non potrà che essere senza diesel.

     

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