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    I sacchetti per frutta e verdura al supermercato potranno essere portati da casa

    Una persona fa la spesa con un sacchetto biodegradabile

    È quanto emerge da un parere rilasciato dal Consiglio di Stato, che dovrà essere recepito dal ministero della Salute. Cade l'obbligo di acquistare i sacchetti al supermercato

    Di Luca Serafini
    Pubblicato il 5 Apr. 2018 alle 09:02 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:57

    I sacchetti biodegradabili per frutta e verdura potranno essere portati da casa, senza l’obbligo di acquistarli al supermercato. Ciò potrà avvenire purché gli stessi sacchetti siano “idonei a preservare l’integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge“. È quanto emerge da un parere rilasciato mercoledì 4 aprile dal Consiglio di Stato.

    Era stato il ministero della Salute a chiedere un parere al Consiglio di Stato, e sarà lo stesso dicastero che, nelle prossime settimane, dovrà recepire questa disposizione emanando un regolamento apposito.

    Secondo i giudici, non è possibile vietare al consumatore di portare da casa un sacchetto biodegradabile per l’acquisto di frutta e verdura sfusa. Le buste hanno infatti un valore commerciale, e il consumatore ha la facoltà di acquistarle in un altro esercizio commerciale.

    Il Consiglio di Stato è così intervenuto su un caso molto discusso all’inizio del 2018, quando erano entrate in vigore nuove norme sull’utilizzo dei sacchetti biodegradabili nei supermercati.

    Le nuove disposizioni sulle shopper erano contenute nella legge di conversione del decreto-legge per la crescita economica nel Mezzogiorno del 19 luglio 2017.

    La legge recepiva una direttiva europea che riguarda la riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, con spessore inferiore a 50 micron. Si tratta delle buste sottili da imballaggio e trasporto che più frequentemente sono destinate a diventare rifiuti, contribuendo all’inquinamento ambientale.

    La legge disciplina infatti la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio per prevenirne e ridurne l’impatto sull’ambiente.

    Le borse di plastica, secondo quanto prevede la legge, non possono essere distribuite a titolo gratuito e il prezzo di vendita di ogni busta deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti trasportati.

    Per quanto riguarda il pagamento obbligatorio delle buste, la stessa legge prevede che dal 1 gennaio 2018, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40 per cento. Nel 2020 e nel 2021, la quantità di materia prima rinnovabile, sarà ridotta progressivamente al 50 e poi al 60 per cento.

    Al momento il prezzo di un sacchetto si aggira tra 1 e 3 centesimi. Per chi viola le nuove regole è prevista una sanzione amministrativa che va dai 2.500 ai 25mila euro.

    Tale disciplina non cambia con l’attuale parere del Consiglio di Stato; la differenza è che non sarà più necessario acquistare i sacchetti biodegradabili al supermercato, perché sarà possibile portarseli da casa.

    LE BUFALE E I GLI ESCAMOTAGE

    Quando, a gennaio 2018, entrò in vigore la normativa sui sacchetti biodegradabili, furono moltissime le polemiche, nonché le bufale circolate sui social e non solo.

    Tra le più diffuse citiamo quella secondo cui la norma era stata approvata per favorire il Partito democratico, e precisamente Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont e manager vicina al Pd, che sarebbe amministratrice “dell’unica azienda italiana che produce il materiale per produrre i sacchetti bio e detiene l’80 per cento del mercato.

    “Novamont non è l’unica azienda a produrre bioplastiche per film, anche se è il principale fornitore di polimeri biobased e compostabili in Italia. Uno dei competitor – solo per citare il più noto – è il gruppo tedesco BASF”, spiega il sito specializzato Polimerica.

    Circolava inoltre una immagine di quattro arance con 4 codici a barre diversi. Quello che vorrebbe essere un trucco per aggirare il pagamento della shopper, è in realtà perfettamente inutile, dal momento che molte catene di supermercati fanno pagare tante buste quanti sono i codici a barre letti alla cassa.

    Legambiente e altre associazioni ambientaliste, in contrasto con le associazioni a tutela dei consumatori, si erano dette soddisfatte dell’introduzione di tale norma, che rappresenta un passo in avanti nella tutela ambientale.

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