Manca ormai un mese all’attesa COP30, che si terrà a Belem, alle porte dell’Amazzonia brasiliana. Le aspettative sulla Conferenza sul clima che si svolge a dieci anni dall’Accordo di Parigi e dagli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile sono alte, ma le premesse non delle migliori. All’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’unico contesto dell’anno in cui si trovano nello stesso luogo più Presidenti e Primi Ministri delle COP, Donald Trump ha detto che il cambiamento climatico è “la più grande truffa del mondo”. La convocazione del Climate Ambition Summit a lato dell’Assemblea Generale e delle deliranti parole di Trump sono state una scommessa politica del Segretario Generale Antonio Guterres per cercare di riportare la crisi climatica in cima all’agenda. Il presidente del Brasile Lula, che ha co-presieduto il Climate Ambition Summit con Guterres, ha ribadito il valore del processo dell’Accordo di Parigi e che “in un mondo in cui le gravi violazioni del diritto sono diventate all’ordine del giorno, non presentare un NDC può sembrare un male minore. Tuttavia, senza un insieme collettivo di NDC, il pianeta cammina nel buio.” Con “NDC” Lula si riferisce ai Nationally Determined Contributions, i piani di ciascun Paese su mitigazione, adattamento e forme di implementazione che ogni Paese è tenuto a presentare ogni cinque anni. Come tasselli di un mosaico, gli NDC sommati formano il global stocktake, che ci restituisce la direzione verso cui collettivamente stiamo andando.
Secondo l’ultimo stocktake, rispetto a un aumento iniziale stimato di 4°C prima dell’adozione dell’Accordo, la piena attuazione degli ultimi NDC potrebbe limitare l’aumento della temperatura in un intervallo compreso tra 2,1 e 2,8°C. Tuttavia, questo miglioramento è ancora lontano dall’obiettivo di 1,5 °C. Per allinearsi agli obiettivi dell’Accordo di Parigi sono necessarie significative riduzioni delle emissioni: 43% entro il 2030, 60% entro il 2035 rispetto al livello del 2019 e raggiungimento delle emissioni nette di anidride carbonica pari a zero entro il 2050.
La data fissata per la presentazione dei nuovi NDC era a febbraio 2025, ma oltre il 90% dei Paesi non ha adempiuto tale obbligo. La scadenza è stata così spostata a settembre, ma solo 65 su 193 Stati Membri dell’Accordo l’hanno rispettata. Tra questi ci sono Regno Unito, Stati Uniti (che usciranno formalmente dall’Accordo a gennaio 2026), Canada, Giappone, Norvegia, Australia, Nigeria, Pakistan, Bangladesh, Russia e Brasile, che da padrone di casa si è impegnato a ridurre tutti i gas serra tra il 59% e il 67% e a porre fine alla deforestazione entro il 2030.I due grandi assenti sono la Cina e l’Unione Europea, che presenta un unico NDC. L’unione Europea è sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030, ma aver rilasciato solo una dichiarazione di intenti è un danno politico “che ha già spinto altri paesi, come l’Australia, a presentare obiettivi più deboli. Il ruolo di guida dell’Ue è fondamentale”, si legge in una dichiarazione congiunta del gruppo dei paesi insulari. La Cina ha promesso un taglio di emissioni di tutti i gas serra e in ogni settore tra il 7 per cento e il 10 per cento, dopo aver raggiunto il picco delle emissioni. Sembrano numeri bassi ma, come spiega Andreas Siebe di 350.org, “la Cina ha la tradizione di promettere meno di quello che può fare e poi fare molto di più di quanto promesso”.
“Mi appello ai paesi che non hanno ancora presentato i loro (NDC): il successo della COP30 a Belém dipende da voi.”, ha detto Lula. Con Guterres, sta cercando di spingere i Paesi a fare la propria parte e almeno a presentare i loro NDC. Qualche anno fa sarebbe stato considerato il minimo indispensabile. Oggi è considerato un risultato promettente.