Il medico dell’800 che fotografò malati psichiatrici per creare un manuale delle emozioni
Nel 1862 il neurologo Guillaume Duchenne de Boulogne pubblicò un libro con decine di foto dei suoi pazienti stimolati con elettrodi per generare espressioni specifiche
A metà Ottocento il neurologo francese Guillaume Duchenne de Boulogne, impiegato presso l’ospedale della Salpetriere di Parigi, aveva sviluppato una serie di tecniche terapeutiche che prevedevano l’uso di piccole scosse elettriche localizzate per stimolare i muscoli dei suoi pazienti.
Nello stesso periodo una tra le più importanti invenzioni degli ultimi due secoli prendeva piede: la fotografia, che aveva dato i suoi primi risultati proprio in Francia negli anni Trenta dell’Ottocento e cominciava a essere sfruttata in diversi ambiti, non soltanto artistici.
Duchenne De Boulogne era uno dei medici che all’epoca aveva capito le potenzialità di questo nuovo mezzo per applicazioni in campo medico, e sentiva che la fotografia aveva il potere di mostrare risposte umane istantanee, qualcosa che il disegno difficilmente sarebbe riuscito a fare con tanta fedeltà.
Il neurologo contattò il fotografo Adrien Tournachon – fratello del più celebre Nadar – e gli chiese di collaborare per un testo scientifico ed estetico sul modo in cui i muscoli del volto creano le varie espressioni: una sorta di dizionario del linguaggio universale del viso.
Come modelli per questo esperimento a metà tra arte e scienza, Duchenne De Boulogne prese i suoi stessi pazienti, e con l’ausilio di elettrodi fece sì che questi avessero involontariamente sul volto espressioni variabili, dal triste all’allegro, dal furioso al placido.
Iniziarono questo lavoro nel 1852 con cinque volontari, ma la persona più ricorrente nei suoi ritratti era un ex calzolaio. Dopo diversi anni, nel 1862 fu pubblicato un testo illustrato del progetto, intitolato Mécanisme de la physionomie humaine; ou, Analyse électro-physiologique de l’expression des passions applicable à la pratique des arts plastiques.
Lo studio di Duchenne, per quanto i suoi metodi possano essere discutibili, si sarebbe rivelato utile. Oggi esiste una distinzione riconosciuta a livello medico tra un sorriso forzato, falso, e un sorriso sincero, spontaneo, e quest’ultimo è anche noto come “sorriso di Duchenne”.
Nel 1872 anche Charles Darwin, nel suo libro L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali, riconobbe il valore degli studi di Duchenne e osservò che al suo lavoro non era stato dato il rispetto che meritava.
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