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Il Pd invoca il MES per spaccare il M5S, ma lo fa spingendo su uno strumento rischioso per l’Italia (di Alessandro Di Battista)

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Bonomi, Presidente Confindustria: “Rinunciare al MES sanitario privo di condizionalità è un danno certo al Paese”. Cottarelli: “L’Italia prenda i fondi del MES, serve a far arrivare i soldi presto”. Zingaretti: “Il canale di finanziamento del MES è molto vantaggioso”. All’attacco concentrico sferrato con un solo grande obiettivo, quello di normalizzare (o spaccare) il M5S, sperando che si converta alla religione del vincolo esterno, non si poteva sottrarre Romano Prodi. Il professore, pochi giorni fa, ha rilasciato un’intervista ad Avvenire imbottita di sottotitoli nascosti e messaggi politici subliminali. “Serve invece un sistema maggioritario che obblighi a mettersi insieme per il futuro del Paese”, traduzione: il M5S la smetta di essere diverso e si ritorni al bipolarismo. “Basta estenuanti confronti su qualche opera pubblica”, traduzione: via alle grandi opere, che siano o meno utili fa poca differenza.

“Nel Pd e nel M5S ci sono anche valori unificanti, ma ora serve un salto di qualità”, traduzione: votatemi Presidente della Repubblica e sarò garante del prossimo governo dove avrà spazio chi sosterrà la mia candidatura. “È una pazzia solo pensare di poter rinunciare al MES, quei soldi ci servono”, traduzione: chi ha dubbi è un povero scemo. La propaganda dei nuovi MESsia del denaro facile è diventata ossessiva da quando Dombrovskis, commissario UE alla stabilità finanziaria, e Gentiloni, commissario UE agli affari economici e monetari, hanno inviato all’ex-Presidente dell’Eurogruppo Centeno una letterina nella quale affermano che il ricorso al MES non prevederà alcuna condizionalità a parte l’obbligo di spendere i denari per l’emergenza sanitaria.

Urrà hanno gridato politici, editorialisti del giornale unico, boiardi di stato e panchinari della Repubblica. Ma è davvero così? Una lettera interpretativa, sebbene scritta da due pezzi grossi del governo dell’Unione Europea, può avere lo stesso valore dei trattati? Insomma, c’è da fidarsi? Tutto è possibile, ma sarebbe come fidarsi di un direttore di banca che ti spinge ad acquistare un prodotto finanziario sostenendo che quel che c’è scritto sul contratto in realtà non ha valore. Sarà un problema mio, sarò malfidato, diffidente, un pazzo come sostiene il Professor Prodi, già liquidatore dell’industria pubblica italiana, ma per me il MES assomiglia a quelle discoteche dove l’entrata è libera ma per uscire devi passare obbligatoriamente al bar per consumare. Con un’aggravante, nel caso del MES, trattati alla mano, non si ha alcuna certezza né sul numero e né sul costo delle consumazioni.

Partiamo dai trattati. Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), così come tutte le altre organizzazioni europee, ha come base giuridica della sua azione il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Il TFUE, assieme al Trattato di Maastricht, è un caposaldo del diritto comunitario. Ebbene l’art. 136 del TFUE, modificato dal Consiglio europeo il 25 marzo 2011, recita così: “Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”.

Se il TFUE non bastasse è lo stesso Trattato istitutivo del MES, approvato dal Parlamento italiano nel 2012, a non lasciare alcun dubbio interpretativo. Innanzitutto già nelle considerazioni iniziali – dove tra l’altro è scritto nero su bianco che “il MES fornirà un sostegno alla stabilità ai membri del MES il cui regolare accesso al finanziamento sul mercato risulti o rischi di essere compromesso” – vi è uno specifico rimando all’art.136 del TFUE, quindi a rigorose condizionalità. Ma è il comma 6 dell’art.14 che dovrebbe, quantomeno, far sorgere dubbi ai passionari del MES. “Dopo che un membro del MES abbia già ottenuto fondi una prima volta (per mezzo di un prestito o di un acquisto sul mercato primario), il consiglio di amministrazione decide di comune accordo su proposta del direttore generale e sulla base di una valutazione condotta dalla Commissione europea, di concerto con la BCE, se la linea di credito è ancora adeguata o se sia necessaria un’altra forma di assistenza finanziaria”.

Che cosa vuol dire? Che la linea di credito del MES e le conseguenti condizionalità possono variare anche dopo l’erogazione della prima tranche di prestito ottenuta dal Paese che ne avesse fatto richiesta. In termini politici significa mettersi nelle mani di soggetti che, a posteriori, possono esercitare un potere enorme sulle condizioni relative alla concessione del prestito. Gentiloni e Dombrovskis possono scrivere tutte le lettere che vogliono ma le loro interpretazioni sono di natura politica, non giuridica, per cui è lecito ritenere – dato che i trattati sono ancora in piedi e nessun hooligan del Meccanismo di Stabilità si sogna mai di citarli o di pretenderne la modifica – il MES uno strumento estremamente rischioso ancor di più se paragonato ai normali mezzi di finanziamento che uno Stato può mettere in campo.

Il MES, ripeto, è stato pensato per Paesi il cui regolare accesso al finanziamento sui mercati, ovvero la vendita di BTP, risulti difficoltosa. Il MES, dunque, è stato pensato soprattutto per i Paesi alla canna del gas. Causa pandemia si è trasformato in altro? Benissimo, che si cambino i trattati allora. L’Italia ha mille problemi ma, per lo meno oggi, non è un Paese impossibilitato a finanziarsi. Nelle ultime ore il Ministero dell’Economia ha piazzato 7 miliardi di euro di Buoni del Tesoro poliennali (BTP) con i tassi di interesse più bassi della storia: lo 0,35 per cento per i BTP a 5 anni e lo 0,89 per cento per quelli a 10 anni. Nonostante il debito pubblico elevato ed un rapporto decifit/PIL complicato, l’Italia resta un paese finanziariamente credibile. Con questi tassi di interesse sui nostri titoli di Stato l’accesso al MES è ancor meno conveniente.

Per quale motivo richiedere un prestito ad un’organizzazione europea ancora oggi regolata da trattati impugnabili da altri Paesi dell’UE che potrebbero avere, nei prossimi anni, interesse a colpirci (il risparmio privato degli italiani fa gola a molti) se l’Italia è in grado di finanziarsi regolarmente sui mercati? C’è chi sostiene che i tassi di interesse sui prestiti erogati dal MES siano ancora più bassi. In parte è vero ma un piccolo risparmio vale il rischio di finire in una delle trappole disseminate nei trattati? Un altro aspetto negativo del MES, tra l’altro colpevolmente trascurato dai suoi sponsor, è lo status dei prestiti che eroga. Il MES, proprio come il Fondo Monetario Internazionale, è un creditore senior. Cosa significa? Che ha diritto a rientrare dei prestiti concessi prima di altri creditori.

Facciamo un esempio. Un Paese X richiede l’attivazione del MES e ottiene tot miliardi di euro di prestito. Contemporaneamente continua a collocare sul mercato titoli di Stato per finanziarsi. Nonostante i prestiti il Paese in questione se la passa sempre peggio ed entra in default. A quel punto tutti i creditori gli bussano alla porta per rientrare dei prestiti concessi. Bene, da trattato, il Paese ha l’obbligo di ripagare prima il MES degli altri creditori. C’è, dunque, chi ipotizza che rivolgersi ad un creditore senior possa far inquietare i mercati – ovvero i creditori che non sono privilegiati – i quali, per tutelarsi, potrebbero continuare ad acquistare titoli di Stato solo a tassi di interesse superiori. E dato che la quantità di denaro che i Paesi ottengono vendendo i loro BTP è decisamente maggiore dei miliardi messi a disposizione del MES, un aumento dei tassi di interesse sui titoli di Stato comporterebbe un danno per le casse pubbliche superiore al presunto risparmio sugli interessi dei prestiti messi in campo dal Meccanismo di Stabilità.

Persino il Governatore della Banca d’Italia Visco, dopo aver lodato il MES accodandosi alla stucchevole litania di chi nega le condizionalità presenti nei trattati, ammette che attivare questo strumento potrebbe creare un “effetto stigma”. E questa, tra l’altro, è una delle ragioni per la quale, ad oggi, nessun Paese europeo ha deciso di accedere al Meccanismo di Stabilità. Solo l’Italia è travolta da questi molestatori seriali che vorrebbero far crederci che il MES sia la panacea di tutti i mali, una lotteria di capodanno dove tutti vincono senza dover neppure acquistare il biglietto. A costoro, tuttavia, del MES in sé importa poco. Quello a cui aspirano è standardizzare quell’anomalia della politica italiana che si chiama Movimento 5 Stelle.

Sia chiaro, a me tutto questo non scandalizza. Che politici professionisti, tecnocrati e feudatari del XXI secolo abbiano ancora come loro obiettivo l’abbattimento del M5S lo ritengo, anche io che non ho problemi a muovere critiche alla forza politica con la quale venni eletto, un buon segnale. È un segnale che indica, ancora una volta, la strada maestra. Ovvero resistere. Resistere alle pressioni politiche, resistere alle minacce (risibili) di crisi di governo, resistere all’editoriale unico quotidiano, agli intellettuali con la erre moscia, resistere a chi, volutamente, non cita i trattati, resistere agli auto-candidati al Quirinale come Prodi e alle loro promesse da marinai. Resistere e rilanciare. L’Italia è un grande paese. Non ha alcun bisogno del MES. Ha bisogno di finanziarsi sui mercati, come tutti gli altri Paesi del resto, collocando titoli a tassi di interesse sempre più bassi.

Per ottenere questo è bene pressare la BCE affinché aumenti il suo programma di acquisto dei titoli di Stato dei paesi europei. Del resto è merito del PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme), il nuovo Quantitative easing, se gli interessi sui titoli di Stato dei membri UE sono crollati. Va incrementato questo programma, non attivato il MES. Oltretutto non è affatto vero che la risposta della BCE sia stata la più robusta del pianeta. Tra marzo e giugno scorsi la Banca centrale europea ha acquistato titoli pari al 3,9 per cento del PIL dell’Unione europea, la Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti ha fatto molto di più creando liquidità per il 10,8 per cento del prodotto interno lordo statunitense. Che il PD cerchi di spaccare il M5S non mi sconvolge. È la politica. Che lo faccia spingendo su uno strumento rischioso per l’Italia ed oltretutto meno efficace di altre azioni da mettere in campo sì. E tutto questo andrebbe detto con numeri e trattati alla mano. E’ nell’interesse dell’Italia del resto, ancor prima che del Movimento.

Leggi anche: 1. Intervista del direttore di TPI Giulio Gambino a Matteo Renzi: “Sono tornato. E ora supererò anche i grillini” ; // 2. Il governo Pd-5s oggi è l’unico possibile (di Giulio Gambino);// 3. Provenzano a TPI: “Il Mes si farà”; // 4. Bonaccini: “Per il Mes sono pronto a mettere in discussione il governo” 
Tutti gli articoli di Alessandro Di Battista su TPI
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