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Elezioni Friuli Venezia Giulia 2018 | Chi è Sergio Bolzonello, candidato del Pd : “Discontinuità nella continuità”

Immagine di copertina

TPI ha intervistato Sergio Bolzonello, candidato del centrosinistra alla presidenza del Friuli Venezia Giulia

Elezioni Friuli Venezia Giulia 2018 | Chi è Sergio Bolzonello, candidato del Pd

Sergio Bolzanello, 58 anni, è il candidato governatore del centrosinistra alle elezioni del Friuli Venezia Giulia del 29 aprile 2018.

Vicepresidente regionale uscente e assessore alle attività produttive, alle regionali del 2013 è stato eletto come indipendente nella lista del Partito democratico.

Dal 2001 al 2011 è stato sindaco di Pordenone, la città dove è nato. In precedenza aveva militato nel Partito liberale.

In Friuli Venezia Giulia i giovani hanno problemi ad accedere al mondo del lavoro. Cosa intende fare per invertire questa tendenza?

Incentivare il lavoro stabile e di qualità per dare più certezze ai nostri cittadini. Il primo intervento sarà un incentivo fiscale duraturo per chi assume a tempo indeterminato: taglio di due punti dell’Ires e azzeramento dell’Irap per cinque anni.

Il costo complessivo dell’intervento è quantificabile in 15 milioni di euro, una cifra ampiamente sostenibile per il nostro bilancio.

Vogliamo poi ottenere dallo Stato la gestione della scuola, per creare un sistema formativo più efficiente e in grado di formare giovani capaci di entrare con più facilità nel mondo del lavoro intercettando i bisogni delle aziende regionali. Una scelta strategica che rafforzerebbe anche l’Autonomia del Friuli Venezia Giulia.

Ma la proposta più importante riguarda una misura strutturale per favorire la natalità. Per ogni figlio dagli 0 ai 18 verranno stanziati 100 euro al mese e dopo i 6 anni un terzo di queste risorse dovrà essere speso in cultura e sport.

Costerà circa 150 milioni di euro, che andremo a recuperare quasi integralmente con il rinnovo del patto Serracchiani-Padoan che ci consente, già oggi, di recuperare parte dei 370 milioni che dobbiamo versare allo Stato a causa dello scellerato accordo Tondo-Tremonti.

In campagna elettorale si è parlato molto del Friuli Venezia Giulia come una regione con molte potenzialità che non vengono sfruttate a sufficienza. Cosa si può fare in merito?

Abbiamo degli indicatori che ci stanno dando in forte crescita. Purtroppo abbiamo perso cinque anni, dal 2008 al 2013, quando nel pieno della crisi il centrodestra ha scelto di non fare alcuna scelta, bloccando la regione e perdendo 23mila posti di lavoro.

In questa legislatura abbiamo invertito la rotta e recuperato oltre 10mila posti di lavoro, ora vogliamo continuare su questa strada riuscendo però a qualificarli e renderli più stabili.

È il risultato di chi ha puntato su una visione internazionale, sull’innovazione e su una grande politica di rilancio delle infrastrutture. Oggi il Porto di Trieste è il primo d’Italia e continuerà a crescere come terminale della “Via della Seta” che ci collega con la Cina.

Il Punto Franco Internazionale lo rende attrattivo a livello europeo e la connessione con il sistema logistico regionale grazie agli investimenti sulle ferrovie può diffondere sviluppo su tutto il territorio. La terza corsia in A4 è in costruzione dopo anni di chiacchiere e, grazie all’innovazione, ai cluster e alle scelte di politica industriale abbiamo rilanciato settori come l’arredo che sembravano destinati a chiudere.

Oggi su questo siamo la locomotiva del nord. Possiamo dire che dopo questi cinque anni lasciamo una regione che sta sfruttando la posizione strategica e logistica. 

Lie ha fatto parte dell’amministrazione Serracchiani. Come valuta il lavoro fatto in questi cinque anni?

Questi risultati sono il frutto di un buon lavoro di squadra di cinque anni. Ora però serve una discontinuità nella continuità. Dobbiamo completare alcune riforme avviate che sono un po’ in ritardo e che richiedono un cambio di passo.

Penso alla sanità dove serve un’accelerazione con la creazione dell’agenzia regionale che coordini meglio servizi ed esigenze.

Cosa ne pensa del caso Ferriera e come pensa di gestirlo?

Oggi abbiamo creato le condizioni per sederci al tavolo con i lavoratori, i cittadini, la proprietà, il governo e la regione, e iniziare a pensare al futuro dell’area a caldo attraverso una dimissione che possa portare a una nuova missione per quell’area.

Non ho intenzione di fare promesse che so che non si possono mantenere, questo non succederà domani però ci sono le condizioni per arrivare alla dimissione garantendo l’occupazione e l’azienda che ha investito in questi anni.

Ricordo anche che in questi anni abbiamo bonificato l’area e abbiamo riportato nei limiti di legge il livello delle emissioni inquinanti.  

Cosa intende fare sul fronte immigrazione?

La chiusura della rotta balcanica ha ridotto il fenomeno in modo sostanziale. Resto convinto che l’accoglienza diffusa sia l’unica soluzione, anche se non popolare, per gestire un fenomeno di lunga durata.

Va necessariamente migliorata nelle sue modalità con un nuovo rapporto fra le amministrazioni locali e gli organi competenti come le prefetture. Altri, senza dire dove, vogliono realizzare mega-centri, una soluzione che già in passato è stata fallimentare.

È necessario garantire assistenza a chi ne ha diritto perché scappa dalla guerra e vogliamo estendere i progetti sperimentali di alcuni comuni che hanno chiesto un impegno a favore della comunità da parte di queste persone.

Come definirebbe le relazioni con Slovenia e Austria?

Il legame di amicizia con la Slovenia si è rinsaldato con relazioni costanti e fruttuose sfociate nel riavvio del comitato congiunto. Abbiamo elaborato posizioni comuni e aperto nuovi terreni di confronto su infrastrutture e ambiente in particolare.

Fra pochi mesi, ad esempio, partirà un collegamento ferroviario Trieste-Lubiana fino ad oggi assente. In Austria la situazione sta evolvendo e alcuni atteggiamenti delle nuove forze politiche di governo non mi sembrano all’altezza degli rapporti di amicizia che ci uniscono.

Noi continuiamo a collaborare nel Gcet (Gruppo europeo di cooperazione territoriale) con la Regione Carinzia con cui il rapporto è di ottimo livello.

 Data la situazione di impasse a livello nazionale, ci sono molte aspettative su questo voto, come accaduto in Molise. Sente la pressione?

Lega e Forza Italia vogliono usare questo voto nei salotti politici romani, dove da oltre 50 giorni stanno parlando di governo senza concludere nulla.

Noi siamo una regione orgogliosamente autonoma e speciale e il destino di questa comunità lo decidono i nostri cittadini, non chi, come Salvini e Berlusconi, scopre questa regione nell’ultima settimana prima delle elezioni e poi sparisce per cinque anni.

Non sento nessuna pressione nazionale, perché presento alla nostra gente un programma concreto e realizzabile basato sulle esigenze di questo territorio, mentre dall’altra parte sento quotidianamente solo gli slogan di una Lega incapace di proporre soluzioni. Non a caso ha presentato un programma di 40 pagine in cui 20 sono bianche.

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