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Carofalo (Potere al Popolo) a TPI: “I vip di sinistra solidarizzano con Angelini perché il lavoro è considerato un favore, non un diritto”

Immagine di copertina

Viola Carofalo, ex portavoce ed esponente di Potere al Popolo, interviene sulla vicenda del musicista ed imprenditore Roberto Angelini, che ha ricevuto una multa di 15mila euro dalla Guardia di Finanza per aver fatto lavorare una dipendente del suo ristorante di cucina giapponese senza contratto regolare. Il cantautore e frontman della “Propaganda Orchestra” del programma di La7 “Propaganda Live” ha condiviso su Instagram una sua foto in lacrime e attaccato la donna che secondo lui lo aveva tradito denunciando la situazione alle forze dell’ordine. Angelini si è scusato due giorni dopo, quando ha scoperto che la Gdf aveva fatto un accertamento autonomo, promettendo di assumere la dipendente. Ma a colpire Carofalo è stata la solidarietà ricevuta dal cantante da parte di colleghi musicisti considerati vicini a valori progressisti di sinistra, che non hanno pensato alla situazione della donna assunta in nero.

S&D

“Mi colpiva il doppio standard, il fatto che chi portava solidarietà al cantante non si accorgesse della gravità dell’episodio”, dice Carofalo a TPI. “Mi sono chiesta come potesse essere possibile, quali sono le rappresentazioni prevalenti del mondo del lavoro e come ci abbiano plasmato. Siamo arrivati a pensare che assumere qualcuno a nero sia interpretabile come un favore fatto, che si possa dare solidarietà a qualcuno che ha commesso un errore e un peccato del genere. Mi colpiva questa narrazione distorta riguardo al lavoro e alle sue problematiche”, aggiunge l’esponente di Potere al Popolo, che a Napoli segue le attività dell’ex Opg, tra cui quelle di assistenza legale a lavoratori e migranti.

Si è chiesta come sia stato possibile. Si è data una risposta?

La risposta più pessimista e realista è che siamo talmente abituati a pensare al datore di lavoro come a qualcuno che ci fa un piacere e a un dipendente come qualcuno grato e disposto a tutto pur di lavorare, che abbiamo talmente perso di vista la bussola dei diritti da finire per solidarizzare con qualcuno che al netto delle sue difficoltà, che non dubito possa aver avuto come tanti ristoratori, aveva sbagliato. Colpisce che lo facciano persone che si esibiscono sul palco del Primo maggio, normalmente indicate come portatrici di valori genericamente definibili di sinistra. Anche se alcuni sono stati tolti ho visto che sotto il primo post di Angelini c’erano messaggi di solidarietà e like di chiunque. Non posso pensare che lo abbiano fatto per pubblicità, perché è pubblicità cattiva, allora devo immaginare che questo tipo di racconto sul mondo del lavoro, un lavoro che va bene in qualsiasi contesto, anche a nero, senza diritti, svolto ringraziando chi ci fa lavorare sfruttandoci, abbia attecchito anche su chi va a suonare al primo maggio. Altrimenti non scrivi un messaggio di solidarietà sotto al post di qualcuno che è stato multato per aver fatto lavorare a nero una persona.

Persino Angelini è in qualche modo “vittima” di questo racconto se è stato il primo a parlare della vicenda e a chiedere solidarietà. 

Devo pensare che questa visione del lavoro gli sia entrata in testa tanto da ritenerla normale. Ma d’altro canto è un meccanismo che purtroppo vedo molto diffuso: a Napoli abbiamo tanti sportelli di assistenza ai lavoratori con avvocati che si mettono a disposizione gratuitamente, informando il pubblico che con i contratti “a grigio”, che prevedono determinate mansioni ma non coprono tutte quelle che svolgi, o a nero, non si dovrebbe lavorare ma ribellarsi. Ma le persone non ti dicono solo che è inutile denunciare perché tanto i controlli non ci sono, si sorprendono del fatto stesso che ci possano essere diritti e istituzioni a cui appellarsi. Abbiamo perso i riferimenti rispetto a un lavoro decente, pagato dignitosamente e coperto da diritti. Pensiamo che appunto qualsiasi lavoro vada bene anche quando ci sfruttano e siamo senza diritti. Questo è inquietante ed è avvilente constatare che anche chi potrebbe parlarne per smuovere le coscienze come per esempio in occasione della festa dei lavoratori non fa questo tipo di ragionamento.

A proposito di Primo maggio, quest’anno il dibattito sui diritti dei lavoratori è stato polarizzato dalla polemica innescata da Fedez sul Ddl Zan. Si è parlato di nuovo di sicurezza sul lavoro, ma dopo la morte di Luana D’Orazio. Perché?

Io sono contentissima che Fedez abbia parlato del Ddl Zan perché è una battaglia sacrosanta, mi chiedo però se non ci siano alcuni argomenti più spendibili di altri, che fanno più simpatia. Ho l’impressione che in un mondo sempre più determinato dal marketing parlare del Ddl Zan sia più spendibile che parlare dei morti sul lavoro. E invece bisogna parlarne, anche quando i morti sono bruttini. La questione della morte della giovane operaia che è stata letta in relazione alla sua immagine e storia straziante ha un risvolto inquietante, perché di morti sul lavoro in Italia ce ne sono ogni giorno, è triste pensare che quelli meno giovani siano meno notiziabili di quelli più belli e fotogenici. Benissimo che si sia parlato di Luana ma vorrei che il tema delle morti sul lavoro, che non sono una calamità o una catastrofe naturale ma qualcosa che, come il lavoro nero, si può cambiare intervenendo, sia visto come una tragedia che prescinde dall’appeal della vittima.

Sembra che le battaglie della sinistra si concentrino più sui diritti civili e non su quelli sociali che storicamente le appartengono. Nel “patto sul lavoro” proposto a Draghi il segretario del Pd Enrico Letta ha inserito proposte su sgravi fiscali e incentivi alle aziende per assumere giovani, ma non sui diritti. Cosa bisognerebbe fare?

I partiti di centrosinistra sono stati i primi promotori di una politica del lavoro volta alla destrutturazione dei diritti. E questo è stato un grande regalo alle destre, perché io ti posso dire che Roberto Angelini non si accorge di quello che dice, qualcun altro invece può dire legittimamente che politici e rappresentanti del mondo della cultura che si riconoscono e incarnano i valori della sinistra sono borghesotti e fighetti che di queste cose non si accorgono perché non le pagano sulla loro pelle, discorso spesso portato avanti strumentalmente dalle destre e che tante volte sento fare da semplici simpatizzanti della destra, per cui la sinistra è quella dello ius soli del Ddl Zan ma dei poveri italiani massacrati non le importa.

Il problema è tenere insieme i due piani: diritti sociali e diritti civili. Nel momento in cui li scindiamo rischiamo di fare dei diritti civili una questione di marketing e consensi e non una questione seria, perché anche l’autodeterminazione ha bisogno di basi e di fondamenta di carattere strutturale ed economico, non è solo legata alle rappresentazioni e a una parità in termini di linguaggio, ha una dimensione materiale. Bisogna poi tornare a lavorare in quei contesti abbandonati e sbloccare quel meccanismo per cui sembra che i valori solidali e che storicamente chiamiamo di sinistra abbiano a che fare con una élite che, non avendo nulla da perdere, come le dame di carità dell’800 si diverte a dare le briciole e qualche diritto. Bisogna mostrare concretezza e lavorare tra quelle persone che la sinistra ha regalato alle destre, perché quando parliamo della recrudescenza del neofascismo nei quartieri degradati dobbiamo pensare alle responsabilità della sinistra moderata che per anni non ha guardato a queste realtà pensando che non potessero essere un bacino di voti.

E chi c’è in difesa dei lavoratori sfruttati? Partiti come Potere al Popolo non sono rappresentati in Parlamento. La destra fa propaganda ma di fatto non ha priorità concretamente vicine agli ultimi: su chi possono fare affidamento?

Io direi che si devono difendere da soli prima di tutto. Quello che può fare chi crede in determinati valori è mettersi al fianco di chi patisce l’ingiustizia, stare all’interno di questi gruppi, ma non pensare di poter essere la guida di qualcuno. Ci sono tante realtà associative che non hanno rappresentanza parlamentare ma che fanno un grande lavoro solidale. Si può fare anche dal basso, credo che la chiave del mutualismo, del conflitto sociale e della ricostruzione di tessuti solidali siano una soluzione. Possiamo provare a percorrere anche la via istituzionale della rappresentanza e ci proviamo, ma non voglio rassegnarmi all’idea che se non si sta in Parlamento i risultati non si possano ottenere, altrimenti l’alternativa è rassegnarsi e accontentarsi di Propaganda Live, che va benissimo, ma non possiamo basare su questo la trasformazione sociale di un Paese. Bene che ci sia ma spero ci sia di più.

Intende dire che chi si sente orfano della sinistra prende come punto di riferimento un programma televisivo?

Loro fanno il loro, Zerocalcare è uno dei più grandi intellettuali organici italiani che riesce a spiegare delle cose dall’interno parlando in maniera semplice ed efficacissima a un pubblico di persone molto giovani, il che non credo sia scontato. Le figure sono importanti, ma non esistono messia e salvatori. Non ci salverà Zoro, non ci salverà neanche Zerocalcare. Sono le collettività che salvano. Penso che se ci si rimbocca le maniche in maniera collettiva si possono fare tante cose. Sono stata alle manifestazioni per la Palestina dello scorso fine settimana: c’era una quantità di giovani impressionante. Con un rappresentante che ne parlava avrebbero avuto più eco e forse anche giornali e tv sarebbero stati costretti a riportare quelle notizie, ma quando guardo ai Fridays for Future o ai movimenti femministi non posso trascurare che c’è una fetta di popolazione composta da giovanissimi che su questi temi si è svegliata e sta costruendo un percorso importante.

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