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Massimo Bossetti: tutte le tappe che hanno portato alla condanna per l’omicidio di Yara

Immagine di copertina

Il 26 novembre 2010 scompariva Yara Gambirasio. Il suo corpo fu ritrovato tre mesi dopo, con segni di violenza e ferite di arma da taglio. L'unico indagato del caso, Massimo Bossetti, incastrato dalla prova del Dna, è stato condannato all'ergastolo

Massimo Bossetti – Venerdì 12 ottobre 2018 la Corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo per Massimo Bossetti, unico imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio.

Bossetti era stato condannato in appello il 17 luglio 2017.

Massimo Bossetti: il ricorso in Cassazione

Gli avvocati difensori di Bossetti chiedevano l’annullamento di quella sentenza: presentato un ricorso di oltre 600 pagine nel quale sono elencati 23 motivi per i quali il loro assistito è innocente.

I legali contestano diversi elementi sostenuti dall’accusa e, in particolare, la cosiddetta “prova regina” contro Bossetti, ossia il Dna dell’uomo trovato sul corpo della vittima.

I difensori puntavano a far riaprire l’istruttoria necessaria a disporre la ‘superperizia’ sul Dna, come già richiesto, invano, fin dal primo grado.

“In questo processo c’è stata mancanza di contraddittorio”, protesta l’avvocato Claudio Salvagni. “La difesa non è stata ascoltata, e anche Bossetti non ha potuto difendersi, perché non è mai stata disposta la perizia sul Dna. Già il tribunale di Brescia, in sede di riesame, aveva parlato di aporie che dovevano essere risolte con una perizia, che pero’ non c’è mai stata”.

Il Dna, secondo la difesa, “non può essere considerato un indizio grave, preciso e concordante”. “Noi abbiamo rilevato ben 261 errori e, soprattutto, manca il Dna mitocondriale”, attacca ancora Salvagni.

Tutte argomentazioni, queste, che nei giudizi di merito sono state respinte: in particolare, nelle motivazioni della sentenza d’appello si rilevava come una ‘superperizia’ sul materiale genetico trovato sui vestiti di Yara Gambirasio “deve ritenersi assolutamente superflua e non necessaria ai fini della decisione”.

Contro la sentenza d’appello aveva presentato ricorso anche la Procura generale di Brescia, che chiede soltanto di annullare l’assoluzione pronunciata in entrambi i giudizi di merito nei confronti dell’imputato in relazione al reato di calunnia ai danni di un collega.

La condanna all’ergastolo da parte del Tribunale d’appello

Nella tarda serata di lunedì 17 luglio 2017 i giudici d’appello avevano confermato la condanna all’ergastolo per Massimo Bossetti, ritenuto colpevole dell’omicidio dell’adolescente Yara Gambirasio, risalente al 2010.

La decisione è arrivata dopo 15 ore di camera di consiglio. È stata confermata quindi la sentenza di primo grado che già condannava Bossetti per omicidio volontario.

Il 17 luglio, poche ore prima della sentenza, Bossetti si era rivolto in aula ai giudici, ai parenti e alla stampa ribadendo la sua innocenza.

“Ve lo giuro, mai diventerò colpevole della mia innocenza. Questo è il più grave errore giudiziario di questo secolo”, ha detto Bossetti in tribunale difronte alla Corte d’Assise d’appello di Brescia che ha emesso la sentenza.

“Yara è l’unica vittima di questa immane tragedia. Poteva essere mia figlia o la figlia di tutti voi. Aveva davanti una vita e tanti sogni da realizzare. Neppure un animale meriterebbe una fine così, tanto dolore, tanto accanimento, tanto sadismo. Non oso immaginare il dolore dei familiari di Yara”, ha proseguito davanti ai giudici.

Il 1 luglio 2016 Massimo Giuseppe Bossetti era già stato condannato in primo grado all’ergastolo, riconosciuto come unico colpevole.

Ecco quali sono state le tappe che hanno portato, dopo sette anni dal delitto, alla condanna di Bossetti:

Il delitto

Yara Gambirasio scomparve a Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo, il 26 novembre 2010. Alle 18:44 Yara uscì dalla palestra dove praticava ginnastica ritmica ma le sue tracce vennero perse poco dopo. Alle 18:49 il suo telefonino viene agganciato dalla cella di Mapello, a tre chilometri da Brembate, poi il segnale scompare definitivamente.

Il corpo della ragazza venne ritrovato casualmente solo tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, a Chignolo d’Isola, distante 10 chilometri circa da Brembate di Sopra. Sul corpo della ragazza vengono rilevati numerosi colpi di spranga sul corpo, un trauma cranico, una profonda ferita al collo e almeno sei ferite da arma da taglio sul corpo.

Fu il 16 giugno 2014 che viene arrestato Massimo Giuseppe Bossetti, un muratore incensurato di 44 anni, grazie alla coincidenza del suo Dna con quello di “ignoto 1”, rilevato sugli indumenti intimi di Yara, dopo una lunga serie di tentativi per dare un nome e un volto a ignoto 1. Sarebbe questa prova genetica, la prova più importante su cui si è basata l’accusa. Altro elemento fondamentale è il fatto che Bossetti avrebbe stazionato e sarebbe passato ripetutamente con il proprio furgone davanti alla palestra di Yara, come confermato dai video delle telecamere di sorveglianza.

Le tappe del processo: 

  • Il 28 febbraio 2015 vengono chiuse le indagini e Bossetti viene rinviato a giudizio. Si tratta dell’unico indagato.
  •  Il 27 aprile 2015 si tiene l’udienza preliminare davanti al GUP del tribunale di Bergamo del processo di primo grado, con l’accusa di omicidio volontario aggravato e calunnia nei confronti di un collega.
  • Il 3 luglio 2015 il Gup chiede l’apertura del processo davanti alla Corte d’Assise.
  • Il 1 luglio 2016 la Corte d’Assise di Bergamo condanna Massimo Bossetti all’ergastolo. La Corte riconosce inoltre l’aggravante della crudeltà e revoca a Bossetti la patria potestà sui suoi tre figli
  • Il 30 giugno 2017 inizia il processo d’appello. La difesa esibisce come nuove prove una foto satellitare del campo dove venne ritrovato il corpo della ragazza.
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