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Da immigrato clandestino a candidato sindaco di Parma

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Nel 1993 Gentian Alimadhi è sbarcato sulle coste pugliese dall'Albania su un barcone. Oggi è un avvocato penalista. TPI ha raccontato la sua storia

“Ci sono gli immigrati che fuggono via per disperazione e per fame, altri che decidono di lasciare il proprio paese natale per vagliare opportunità migliori e una volta trovate decidono di restituire in forme diverse ciò che hanno ricevuto. Io posso dire di appartenere a questa seconda categoria”.

Esordisce così Gentian Alimadhi, intervistato da TPI. È un avvocato di 44 anni, candidato alle primarie del centrosinistra per diventare sindaco di Parma. 

Albanese di nascita e italiano d’adozione, Gentian Alimadhi impersona un modello riuscito d’integrazione. Anche se passare dallo status di immigrato clandestino a quello di cittadino italiano a tutti gli effetti non è stato per niente semplice.

Per capire chi è questo giovane avvocato penalista occorre fare un passo indietro di almeno due decenni e arrivare ai primi anni Novanta.

In quel periodo l’Italia stava vivendo sulla propria pelle gli effetti dell’ondata di migranti clandestini provenienti dalla vicina Albania. Era il 7 marzo del 1991 quando il nostro paese scoprì di essere una terra promessa per migliaia di albanesi.

Quel giorno arrivarono nel porto di Brindisi, a bordo di navi mercantili e di imbarcazioni di ogni tipo, all’incirca 27mila migranti. Fuggivano dalla crisi economica e dalla dittatura comunista in Albania. 

Dopo il crollo del Muro di Berlino, l’ondata della crisi aveva colpito anche gli albanesi. Già nei primi mesi del 1991 diverse persone erano scappate verso le coste pugliesi, ma fino a quella mattina del 7 marzo di 26 anni fa non si era ancora visto un flusso così ampio di sbarchi. Nel porto pugliese c’erano decine di piccole navi provenienti dall’altra sponda dell’Adriatico, con a bordo circa 6500 persone bloccate dalla Capitaneria.

I boat people albanesi erano diventati un fiume inarrestabile. “Prendere la decisione di lasciare la mia casa, la mia famiglia, era stata senza dubbio sofferta”, ha raccontato Gentian Alimadhi, all’epoca appena ventenne. “Ma io volevo ricercare nuove opportunità, così decisi di affrontare quel viaggio della speranza”.

A differenza di molti suoi coetanei, che decidevano di salire a bordo delle carrette del mare per sfuggire alla povertà e alla fame, Gentian poteva ritenersi privilegiato. Era figlio di un tassista e fino ad allora aveva condotto una vita normale. Dopo il diploma di scuola superiore, decise di iscriversi alla facoltà di ingegneria di Tirana.

Dopo il primo anno di università, Gentian maturò l’idea di lasciare Fier, la sua città natale e affrontare il viaggio verso l’ignoto esplorando nuovi orizzonti. 

“È stata una scelta difficile anche perché non scappavo da condizioni disperate. Volevo scoprire quel mondo che conoscevo attraverso i programmi di Bruno Vespa e Raffaella Carrà”, ha sottolineato Gentian. “Soprattutto volevo dimostrare che potevo farcela, per me stesso e per la mia famiglia”.

Il giovane albanese seguì così l’esempio del fratello arrivato in Italia con la prima ondata di sbarchi del 1991. Fu così che due anni dopo, Gentian decise di raggiungere il fratello che nel frattempo si era trasferito da Salerno a Parma. 

“La mia famiglia non era affatto d’accordo sulla mia decisione, soprattutto sulla mia scelta di abbandonare gli studi, in un periodo di transizione politica per il mio paese dove il settore dell’edilizia stava assumendo connotati importanti”, ha spiegato Alimadhi. 

L’arrivo in Italia come clandestino 

Imbarcatosi clandestinamente in un peschereccio dal porto di Valona, Gentian giunse sulle coste di Otranto nel maggio del 1993.

“Sono arrivato sulle coste pugliesi come clandestino”, racconta Alimadhi. “Ma nonostante ciò, decisi di rimboccarmi le maniche e iniziare fin da subito a cercare un lavoro. Fui assunto da una fabbrica che produceva scarpe in pvc”.

Era passato così dai banchi universitari ai macchinari industriali di un calzaturificio parmigiano, dove trascorse tre anni della sua vita lavorando come operaio. “Uno dei periodi che ricordo con affetto. Lavoravo sodo durante il giorno e nelle ore che avevo a disposizione studiavo”, ricorda Gentian. “Con il passare dei mesi, il mio datore di lavoro notò il mio impegno e la mia determinazione e si convinse a regolarizzarmi. Era la prima volta in vita mia che lavoravo e che riuscivo a guadagnare qualche soldo”. 

Con la sanatoria del 1995-96, Gentian aveva ottenuto il permesso di soggiorno che gli conferiva finalmente una posizione più regolare, che aveva riacceso in lui la scintilla di inseguire nuovamente i suoi sogni di gloria. In cima alla lista dei suoi desideri, la volontà di proseguire gli studi universitari interrotti anni prima. 

“Volevo riscrivermi all’università di Parma, ma l’indirizzo di architettura non c’era, quindi optai per giurisprudenza”, racconta Alimadhi. “Non ero obbligato a seguire le lezioni e questo mi permetteva nel contempo di lavorare”.

Dopo le otto ore di lavoro in fabbrica come operaio, Gentian trascorreva le restanti con il capo chino sui manuali di diritto fino al giorno in cui discusse la sua tesi di laurea.

Il primo obiettivo era stato centrato: diventare dottore in giurisprudenza. Ora mancava il resto. Il praticantato in uno studio legale, l’esame di stato e l’avvio verso una carriera professionale. Ma Gentian era ancora un immigrato con un permesso di soggiorno, e non possedeva la cittadinanza italiana che rappresentava uno dei requisiti essenziali per l’iscrizione all’albo dei praticanti. 

“Il giorno della mia laurea ero quasi depresso”, spiega Gentian. “Avevo compiuto un importante passo seppur a metà. Mi sono rimboccato le maniche e ho fatto delle ricerche. Sono riuscito a iscrivermi all’albo due anni dopo aver conseguito la laurea”.

Una volta iniziato il praticantato come avvocato, Gentian ha dovuto lasciare il lavoro in fabbrica “quasi con dispiacere”. Ormai la strada per il giovane albanese arrivato clandestino in Italia era pressoché segnata.

Un altro tassello importante si è aggiunto nel 2010 quando il neo avvocato ha ottenuto la cittadinanza italiana. “Ripensando alla mia vicenda personale,  posso solo dire che in Italia ho trascorso gli anni più importanti della mia vita”, spiega Gentian. “Questo paese mi ha dato l’opportunità di studiare, di lavorare e crearmi una famiglia. Per scelta sono cittadino italiano, anche se ho la doppia nazionalità”. 

Da avvocato a candidato sindaco di Parma

Penalista con una specializzazione in diritto dell’immigrazione, come si legge nel sito del suo studio legale, Gentian incarna alla perfezione un modello positivo d’integrazione e la sua può essere letta come una storia di riscatto. 

Tuttavia, i momenti difficili ci sono stati anche per lui, come l’arrivo in un paese straniero e la sensazione di sentirsi in molti casi un estraneo, la fatica di farsi accettare in un periodo in cui gli albanesi erano visti come “i cattivi di turno”, ma anche la determinazione di riuscire nel lavoro e nello studio e il lungo percorso per ottenere la cittadinanza. 

Per non dimenticare le volte in cui i vestiti che indossava li andava a raccogliere alla Caritas, oppure le ore trascorse a inscatolare ciabatte e scarpe in lvc per sopravvivere, o le notti trascorse a dormire dentro un container con le pareti di metalli. 

A tutto ciò si contrappongono gli anni del riscatto sociale e la decisione di scendere in politica, presentandosi come outsider nella corsa alla poltrona di primo cittadini della città emiliana, sfidando alle primarie del centrosinistra in programma il 5 marzo 2017 cinque avversari. Il vincitore se la dovrà vedere a sua volta con il sindaco uscente, l’ex grillino Federico Pizzarotti. 

“Ho deciso che dopo tanto ricevere, è arrivato il momento di dare a questa città”, ribadisce ancora una volta Alimadhi che non possiede alcuna tessera di partito e gode del sostegno delle comunità di stranieri, oltre che del supporto di molti cittadini parmigiani. 

Del resto, nel corso della sua seconda vita, l’avvocato si è guadagnato la stima di numerosi cittadini grazie al suo impegno sociale all’interno della comunità albanese, che a Parma conta all’incirca 8mila persone. 

Per questa sua attività, Gentian è stato insignito del premio Sant’Ilario, massimo riconoscimento civico che viene conferito dall’amministrazione comunale. 

La scelta di partecipare alle primarie è maturata dopo numerose riunioni con i rappresentanti della Consulta degli stranieri. “Abbiamo pensato che fosse giunto il momento di fare qualcosa, il nostro momento di dare un contributo”, spiega Gentian. “Fare politica può essere un modo bellissimo di cambiare le cose dall’interno, è per questo che le persone, e soprattutto i giovani, dovrebbero tornare a interessarsene. Parma è una città che amo molto, io mi sento parmigiano e voglio rappresentare i diritti di tutti, di quelli che qui sono nati e di coloro che hanno scelto questa città per viverci”. 

Orgoglioso delle sue origini e della sua italianità acquisita, Gentian si appresta così a diventare il primo sindaco d’Italia “immigrato dall’Albania”.

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