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Home » Esteri

L’Onu accusa il governo del Burundi di crimini contro l’umanità

Immagine di copertina
Credit: Reuters

Le Nazioni Unite sostengono che il presidente Pierre Nkurunziza è responsabile delle violenze commesse contro membri dell'opposizione da parte dell'esercito, della polizia e dei giovani paramilitari del suo partito

La commissione delle Nazioni Unite che indaga sulle violenze in corso in Burundi afferma che esistono le prove che il governo di Bujumbura abbia commesso crimini contro l’umanità nei confronti degli attivisti dell’opposizione che protestano contro l’autoritarismo del presidente Pierre Nkurunziza.

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Le Nazioni Unite hanno condotto uno studio sul campo, intervistando oltre 500 tra vittime e testimoni. Il governo di Bujumbura ha deciso però di non collaborare con i commissari dell’Onu.

“Quegli esperti delle Nazioni Unite sono mercenari”, ha detto Willy Nyamitwe, portavoce del presidente del Burundi. “È propaganda di guerra, vogliono mostrare al mondo che la situazione è tragica mentre è calma”.

Secondo le Nazioni Unite i principali responsabili sono proprio riconducibili al presidente Nkurunziza e appartengono anche all’Imbonerakure, la lega giovanile del partito di governo che, secondo l’inchiesta Onu, ha ricevuto ordine direttamente dal vertice dello stato di commettere violenze contro l’opposizione.

“Ci sono prove ragionevoli per credere che la maggior parte delle gravi violazioni dei diritti umani commesse costituiscono reati contro l’umanità” ha detto Fatsah Ouguergouz, uno dei membri della commissione di inchiesta.

Il rapporto dell’Onu parla di omicidi, torture e stupri commessi in particolare da appartenenti alle forze dell’ordine e dell’esercito. Secondo le Nazioni Unite però anche alcuni gruppi di opposizione si sono macchiati di violenze e torture.

La commissione ha detto di avere informazioni su centinaia di esecuzioni, persone torturate e di almeno 40 violenze sessuali commesse da esponenti delle forze fedeli al presidente. Ma il membro della commissione Francoise Hampson ha anche dichiarato che non è possibile fornire dati certi senza la collaborazione delle autorità burundesi.

Secondo la commissione, anche il servizio nazionale di intelligence del paese africano è responsabile di alcune esecuzioni extragiudiziali, arresti e detenzioni arbitrarie, torture e trattamenti crudeli, inumani o degradanti e violenze sessuali nei confronti di membri dell’opposizione.

“Il servizio nazionale di intelligence riferisce direttamente al presidente Nkurunziza e le sue operazioni sono gestite da un alto funzionario amministrativo”, si può leggere nel rapporto. I commissari delle Nazioni Unite hanno però rifiutato di fornire dettagli sui sospetti responsabili delle violenze, sostenendo che si tratta di persone molto vicine al presidente.

“C’è una cerchia attorno al presidente che ha il controllo di un sistema parallelo all’interno dello stato burundese e queste persone hanno una responsabilità particolare nelle violenze”, ha detto il membro della commissione Francoise Hampson durante una conferenza stampa a Ginevra.

Le Nazioni Unite hanno però rifiutato di definire “genocidio” le violenze in corso nel paese africano. La commissione ha infatti affermato che nonostante diverse vittime appartengano al gruppo etnico dei Tutsi, non è possibile “stabilire l’esistenza di una volontà politica di sterminare tale gruppo etnico in tutto o in parte, come richiesto dalla definizione di genocidio”.

Il governo del presidente Pierre Nkurunziza ha respinto le accuse al mittente, mentre l’ambasciatore del Burundi all’Onu, Albert Shingiro ha detto che la relazione della commissione fa parte di una cospirazione internazionale contro il suo paese.

Le violenze sono scoppiate nel paese africano dopo che Nkurunziza ha deciso di violare la costituzione e correre per un terzo mandato presidenziale. Da allora, oltre 400mila persone hanno dovuto lasciare le proprie case a causa delle violenze. Nkurunziza è stato rieletto nel luglio 2015 con un voto boicottato dall’opposizione.

Il Burundi si trova ancora sotto la giurisdizione della Corte Penale Internazionale, anche se nel 2016 il paese ha deciso di ritirare la propria partecipazione da quest’organizzazione giuridica, un evento che dovrebbe avvenire entro ottobre 2017.

Da quel momento in poi, i crimini commessi in Burundi non rientreranno più nelle competenze dei giudici de L’Aja. La commissione Onu ha quindi invitato la Corte Penale Internazionale ad avviare il prima possibile un’indagine riguardo le violenze in corso nel paese africano.

– LEGGI ANCHELegati a una sedia con elettrodi ai testicoli: i ribelli raccontano la repressione in Burundi

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