L’India di Steve McCurry
Dal 1978 a oggi, il celebre fotografo ha visitato il paese asiatico circa ottanta volte, e le immagini di questi viaggi sono raccolte in uno straordinario libro
Il fotografo statunitense Steve McCurry è noto per le
sue straordinarie immagini dai luoghi più remoti del mondo, e in particolare
per la copertina della rivista National
Geographic del 1985 che vedeva protagonista una ragazza afghana dagli indimenticabili
occhi verdi.
Nel 2015 il fotografo ha pubblicato il suo ultimo libro, Steve McCurry: India, che ripercorre le
oltre 70 visite che dal 1978 lo hanno portato nella nazione asiatica.
In quel primo viaggio di oltre trentacinque anni fa, McCurry
arrivò con pochi vestiti e una busta piena di pellicole, e a quanto dichiara,
il suo primo pensiero fu “C’è un sacco di gente qui!”.
Le foto del libro fotografico provengono da molti viaggi
diversi, che danno anche un’immagine di come sia cambiato il paese dagli anni
Settanta a oggi. Secondo la prefazione a opera dello storico William Dalrymple,
“Forse il contrasto più forte che McCurry illustra è quello che esiste in
India tra ricchi e poveri”, lodando l’abilità del fotografo di gettare
luce sulle “straordinarie contraddizioni” dell’India.
Per capire a cosa si riferisce, basta ammirare la convivenza
nel libro di una fotografia di un ragazzo senza casa che cerca di vendere rose
ad un semaforo di Mumbai, e quella di Harshvardhan Singh, il principe
ereditario del Dungarpur, mentre siede regalmente in mezzo a una collezione di trofei
di caccia.
Nonostante questo, nel libro sono stati volontariamente
esclusi alcuni personaggi particolarmente noti: “Durante le mie visite in
India ho incontrato l’attore e parlamentare Amitabh Bachchan, il Dalai Lama e
Indira Gandhi”, ha dichiarato McCurry, “ma non ho mai davvero gravitato intorno
alle celebrità. Il libro racconta persone comuni, quelle che vivono nei
villaggi o che lavorano in città. Racconta di un milione di storie o di tanti
gesti di rara gentilezza, di persone che mi hanno aperto le loro case e le vite”.
L’autore ha anche detto la sua sulle nuove tecnologie in
grado di permettere a moltissimi di esercitarsi nel realizzare fotografie: “La
tecnologia al giorno d’oggi è piccola e semplice. E’ una progressione
inevitabile, come lo è stata quella dalla macchina da scrivere al laptop. Non c’è
niente di male in tutti i selfie del mondo, ma non vuol dire che siano grande
arte. E’ come mandare un sms a un amico: un sms non è grande letteratura. Un sms
che mandi a un amico sul fatto che stai pranzando non porterà alle lacrime chi
lo legge. Allo stesso modo, un selfie non sarà in grado di commuovere chi lo
guarda”.
Su TPI, alcune delle foto che compongono questo straordinario libro.