I rifugiati che parteciperanno alle olimpiadi di Rio 2016
Dall'inizio della guerra nella Repubblica Centrafricana, sono molti i civili che si sono dovuti rifugiare in campi profughi. Tra loro diversi atleti nazionali
William Kopati, atleta professionista, è stato costretto a lasciare il suo Paese all’età di 22 anni a causa dello scoppio della guerra civile nella Repubblica Centrafricana. Nel marzo 2013 dei militari entrarono in casa sua costringendolo alla fuga. Qualche anno prima, nel 2009, aveva vinto il campionato nazionale di salto in lungo. Adesso vive in un campo profughi a Mole, una località della Repubblica Democratica del Congo.
Il conflitto nella Repubblica Centrafricana ha avuto inizio nel dicembre 2012 quando una coalizione di forze ribelli chiamata Séléka insorse contro il governo autoritario del presidente François Bozizé.
Come Kopati, sono molti gli atleti che sono stati costretti ad abbandonare il loro sogno e la loro carriera per scappare dalla guerra. Martial Nantouna, 36 anni, è stato due volte campione nazionale di karate, nel 1998 e nel 2002. Si trovava nel villaggio Miskin quando, dopo aver sentito dei rumori di sparo, scappò da casa. Dopo tre mesi arrivò al campo per rifugiati Mole dove si riunì con la moglie e i figli.
Herma Ouagondas, 19 anni, era minorenne quando la sua casa è stata attaccata e saccheggiata costringendolo a scappare.
I tre atleti rifugiati si trovano tutti nel campo profughi di Mole e insieme ad altri professionisti hanno creato un gruppo sportivo di atletica, calcio e karate. Il loro sogno era quello, un giorno, di tornare a gareggiare. Dallo scorso ottobre sembra che il desiderio si possa realizzare.
Fino a poco tempo fa non era permesso agli atleti rifugiati di partecipare ai Giochi olimpici, poiché non avevano la possibilità di rappresentare la propria nazione di appartenenza.
Lo scorso 26 ottobre, Il presidente del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach ha annunciato che i rifugiati potranno competere alle prossime Olimpiadi di Rio 2016 per la prima volta. Il motivo della scelta è duplice: evidenziare la grandezza della crisi dei migranti, ma anche dare una possibilità agli atleti di alto livello che sono dovuti fuggire dal proprio Paese per continuare la carriera sportiva.
Quella del lunedì 26 ottobre è certamente una notizia positiva, ci potrebbero essere, però, dei problemi considerato le condizioni disagiate in cui i rifugiati stanno vivendo e i pochi strumenti di allenamento che hanno a disposizione. “Ho perso almeno due anni. Vorrei potermi allenare e sviluppare il mio talento, ma non so quando finirà la guerra. Più tempo passo qui dentro e più perdo il mio talento”, ha dichiarato il calciatore professionista Teddy Gossengha che vive ora nel campo rifugiati di Mole.