La moschea di fango

Le foto del festival in cui gli abitanti di Djenné, in Mali, si riuniscono per ricoprire la propria moschea di fango
Nella città di Djenné, in Mali, si trova la Gran Moschea, l’edificio di fango più maestoso al mondo. La moschea stessa e l’imponente mercato, punto nodale per il commercio dell’oro nell’area trans-sahariana, insieme alle 2mila case storiche sopravvissute nei millenni, anch’esse costruite interamente con il fango, hanno fatto sì che la città venisse riconosciuta come patrimonio dell’umanità dall’Unesco a partire dal 1988.
Questo esempio di architettura africana risale al 1910, anche se il luogo è stato uno dei maggiori centri di propaganda islamica sin dal Trecento. La scelta delle pareti di fango, dettata dalla scarsità di solidi mattoni e pietre da costruzione, rende tuttavia l’edificio estremamente fragile e vulnerabile, in particolar modo nel periodo delle grandi piogge e dei cambiamenti stagionali diffusi dell’Africa nera.
La graduale erosione della struttura, è causata dagli effetti dell’acqua, e le crepe sono dovute principalmente alle variazioni nella temperatura e nei livelli di umidità del territorio. Per questa ragione, i lavori di restauro e fortificazione, vengono garantiti dalla continua aggiunta di fango.
Una volta l’anno, migliaia di persone si riuniscono per collaborare alla ricostruzione della moschea, salendo sui tralicci di legno che fuoriescono dalla struttura, grazie a scale realizzate con il legno e con la corda. Nonostante migliaia di persone si arrampichino sulla moschea ogni anno, non sono mai stati registrati gravi infortuni.
In questo grande lavoro di squadra, ognuno ha un ruolo importante, persino i più giovani. I bambini, ad esempio, raschiano il fango dal letto del fiume. Durante la giornata di lavoro, c’è chi canta i nomi dei cibi preferiti dei bambini, sostenendo che i piccoli lavorano meglio se sanno che alla fine li aspetta un buon pasto.
Nella tradizione, poi, gli adolescenti passano le ceste piene di fango alle squadre di muratori che lo spalmano sulle pareti. Il capomastro Boubacar Kouroumansse ha notato che quest’anno, rispetto agli anni precedenti, molte più persone hanno portato con sé, durante la giornata di ricostruzione della moschea, le bandiere del Mali. Questo testimonierebbe il forte attaccamento al Paese e alla coesione nazionale, in un momento in cui la nazione vive un periodo di grande violenza.