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I malati di mente che vivono incatenati in Indonesia

Immagine di copertina

La fotografa Andrea Star Reese ha documentato le miserabili condizioni di vita delle persone affette da disturbi mentali e per questo costrette a vivere in una gabbia

Agus canta nella sua gabbia, muovendo le mani e il corpo in una danza intricata. Da lungo tempo, l’uomo vive dentro una piccola e angusta cella per evitare che possa scappare. Agus è affetto da disturbi mentali e vive confinato in un piccolo rifugio per il trattamento alternativo riservato a coloro che soffrono di malattie mentali, a Cilicap nella provincia di Java Centrale, in Indonesia. 

S&D

La fotografa newyorchese Andrea Star Reese ha oltrepassato le porte di questi rifugi, delle case, delle scuole, dei ricoveri e degli ospedali indonesiani, per realizzare il suo documentario sulle condizioni in cui vivono i pazienti affetti da disturbi mentali. “È stato difficile dar vita a questo progetto, ma non potevo neanche voltare le spalle a queste storie di esseri umani costretti a vivere in catene”.

È nata così la sua serie di scatti fotografici denominata Disorder.

Il progetto, come la stessa autrice ha precisato, vuole sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle malattie mentali, contribuendo a generare un cambiamento positivo verso la cura della salute mentale in Indonesia.

Le foto della serie da lei realizzata non sono facili da vedere. Una foto ritrae il braccio fragile di una donna che si allunga per raccogliere il cibo tra le sbarre di una gabbia, dove da otto anni è rinchiusa. Un’altra mostra un ragazzo che si scopre poi essere morto dopo aver ricevuto una doccia gelata.

La tragedia è all’ordine del giorno. Gli uomini passano le giornate incatenati al muro come cani. Molti pazienti trascorrono le ore cantando delle canzoni per tutta la notte per scongiurare la solitudine. Ci sono persone che evitano la luce in ambienti sporchi e non ammobiliati, dove spesso mancano anche le porte e non offrono loro alcuno spazio per la propria privacy.

Questi luoghi, invece, rappresentano un rifugio dove i familiari dei pazienti possono scaricare il peso della vergogna, in una società in cui la malattia mentale viene ancora stigmatizzata.

In numerosi ospedali psichiatrici, santuari religiosi e santuari di guarigione dell’Indonesia, infatti, è piuttosto frequente l’uso del cosiddetto metodo Pasung, ossia un metodo di costrizione fisica imposto ai pazienti che include l’uso di catene, di corde, di gabbie e il confinamento in spazi ristretti.

Questa pratica è applicata indistintamente a uomini, donne e bambini che mostrano certi atteggiamenti, comportamenti ed espressioni emotive considerate “anormali”. Nella maggior parte dei casi, la decisione di sottoporre a simili trattamenti il soggetto affetto da disturbi mentali veri o presunti, viene presa dai membri della famiglia.

La durata del trattamento pasung può variare a seconda dei casi: da tre mesi a 30 anni. In alcuni casi, la pratica può essere intermittente e applicata solo nei periodi in cui la persona è considerata dalla famiglia o dalla comunità un essere pericoloso per sé stesso, o per gli altri. 

Le posizioni di contenzione variano: una persone può essere trattenuta in una stanza della casa di famiglia, sotto un albero nel cortile, o in un piccolo rifugio. A causa della loro mobilità ridotta, della scarsa igiene e di una dieta poverissima, le persone sottoposte al metodo pasung sviluppano anche disabilità fisiche oltre che mentali. Spesso sono soggetti a malattie, a lesioni e hanno difficoltà nello sviluppo di abilità sociali. 

Si stima che in Indonesia ci siano oltre 19 milioni di persone con disabilità psicosociali. “Ci sono ancora medici che utilizzano ancora la parole folle nelle diagnosi e delle prescrizioni mediche” ha aggiunto Reese. La pratica pasung è stata bandita dal governo indonesiano dal 1977, ma è ancora piuttosto diffusa in molte strutture private.

“Questo dipende soprattutto dalle scarse informazioni di base sulla disabilità mentale. Nonostante la nuova legge sulla salute mentale, che prevede l’assicurazione del governo per i poveri, sussiste ancora la credenza che i guaritori siano più efficaci di un medico e di un ricovero in ospedale”. 

In Indonesia esistono delle strutture riconosciute dal governo, come la Galuh Foundation alla periferia di Jakarta, che funge da rifugio per i malati di mente. Ufficialmente, all’interno della struttura non si pratica il cosiddetto pasung, ma per anni molti dei residenti furono confinati in un padiglione chiuso e grande come una gabbia. Alcuni vi avevano vissuto per nove anni. 

LEGGI ANCHE: In Cina ci sono oltre 100 milioni di malati mentali. Ma solo il 20% di questi gode di un trattamento medico. Ecco le loro storie

– A due anni dal tifone che ha devastato le Filippine, diversi malati mentali vivono isolati dalla società senza alcun supporto

 

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