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Le leggende dei bambini selvaggi

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Una fotografa ha voluto raccontare per immagini storie di ragazzi che crescono in ambienti inospitali insieme agli animali

In tutto il mondo esistono leggende che narrano le vicende di bambini cresciuti in ambienti selvaggi, con la sola compagnia degli animali. La fotografa Julia Fullerton-Batten ha voluto raccontare per immagini alcuni di queste storie tradizionali, ricreando soggetti e ambientazioni. In quanto madre di due figli piccoli, l’artista si è appassionata alle storie, alcune delle quali sarebbero vere, e si è interrogata su come fosse possibile per alcuni genitori abbandonare o maltrattare i propri bambini.

La bambina dei lupi: nel 1845, in Messico, fu avvistata una bambina correre nuda e a quattro zampe insieme a un branco di lupi che stava inseguendo una capra. Gli abitanti del villaggio vicino cui aveva fatto la sua comparsa si misero immediatamente alla sua ricerca. La bambina fu catturata, ma riuscì a scappare e a tornare dai lupi. L’ultima volta che fu vista, stava allattando al seno due cuccioli.

Oxana: i suoi genitori erano alcolisti e non si occupavano di lei. Una notte l’avevano chiusa fuori di casa al freddo, così la bambina si era rifugiata nell’unico posto sicuro che era riuscita a trovare: il canile di una fattoria. All’epoca, Oxana aveva appena tre anni e quando è stata scoperta, all’età di otto anni, camminava a quattro zampe, ansimava con la lingua penzoloni, abbaiava e ringhiava. Ora vive in una clinica a Odessa, dove si occupa degli animali della fattoria, costantemente supervisionata da un team medico.

Genie: suo padre la rinchiuse in una piccola stanza della casa, legata a un vasino perché la considerava ritardata. Genie passò le sue giornate e le sue notti in questa condizione per oltre 10 anni. Quando finalmente la madre decise di rivolgersi agli assistenti sociali, questi si presero cura della bambina, cercando di insegnarle a parlare e a camminare normalmente. Genie cambiò diverse case-famiglia e visse addirittura di nuovo con la madre per un certo periodo, ma quando i dottori notarono i suoi regressi, le imposero nuovamente di tornare all’ospedale psichiatrico infantile per cure più mirate.

Sujit Kumar: i genitori di Sujit lo tenevano rinchiuso in un pollaio perché il bambino soffriva di disturbi comportamentali. Dopo che la madre si suicidò e il padre fu ucciso, passò sotto la tutela dei nonni, che continuarono a tenerlo segregato con le galline. Quando gli assistenti sociali si accorsero della situazione, Sujit aveva otto anni e beccava il proprio cibo da terra sbattendo le braccia come fossero ali. Fu portato in un centro per anziani, l’unica struttura protetta della zona, ma i medici lo dovettero legare al letto, perché aveva comportamenti aggressivi con gli ospiti dell’ospizio, e così visse per 20 anni.

Madina: dall’età di tre anni Madina ha vissuto avendo per amici unicamente i suoi cani. Il padre se n’era andato quando lei era neonata e la madre, ventitreenne con problemi d’alcolismo, non si occupava per niente di lei, lasciandola a giocare e a mordere le ossa per terra insieme agli animali. Di tanto in tanto scappava di casa per andare a raggiungere i suoi coetanei al parco, ma gli altri bambini si rifiutavano di giocare con lei perché sapeva a malapena parlare. Quando gli assistenti sociali presero carico della bambina, diagnosticarono che nonostante la sua vita inusuale, Madina non ne era stata segnata né fisicamente, né psicologicamente.

Il ragazzo leopardo: quando una femmina di leopardo lo rapì dal suo villaggio, il bambino aveva solo due anni. Tre anni dopo, un cacciatore uccise l’animale e riportò il bambino a casa. Il piccolo non sapeva parlare e ringhiava a chiunque gli si avvicinasse. Solo diverso tempo dopo riprese a condurre una vita normale, insieme alla propria famiglia.

Prava: il bambino aveva vissuto per sette anni in una stanza occupata solo da gabbie di uccelli. La madre non gli parlava e lo trattava come uno dei suoi animali. Quando fu soccorso dagli assistenti sociali, Prava non sapeva parlare e se non veniva compreso, sbatteva violentemente le braccia, utilizzandole come fossero ali. Fu portato in un centro psichiatrico per insegnargli a vivere in mezzo alla gente.

Ivan Mishukov: quando aveva quattro anni, il bambino fuggì di casa per scappare dagli abusi che subiva costantemente tra le mura domestiche. Iniziò a vivere di elemosina per strada, tra i cani randagi. Il branco che si era creato imparò presto a considerarlo il cane alfa del gruppo. Due anni più tardi, Ivan fu curato in un centro di recupero e riprese a parlare e a comportarsi in maniera civile.

Marie Angelique: la bambina visse da sola nelle foreste della Francia del Diciottesimo secolo, nutrendosi di bacche, foglie e animali cacciati con una fionda che aveva costruito da sola. Quando fu catturata, all’età di 19 anni, presentava malformazioni alle mani e alle gambe e non sapeva parlare. Si racconta che la regina della Polonia la volle al suo fianco durante una partita di caccia, perché la ragazzina era rapida e abilissima a catturare animali. Nonostante avesse vissuto a lungo in un ambiente selvaggio, Marie imparò a parlare, leggere e scrivere. Successivamente prese i voti e diventò suora.

John Ssebunya: il bambino scappò di casa all’età di tre anni, dopo aver visto il padre assassinare la madre. Visse per qualche anno tra le scimmie e quando fu ricondotto alla civiltà, fu rinchiuso in un orfanotrofio. Dopo che i suoi educatori gli insegnarono a parlare, scoprirono che John aveva una voce meravigliosa. Per questo entrò a far parte di un coro britannico.  

Marina Chapman: Marina fu rapita e abbandonata nella giungla quando aveva cinque anni e ne visse altrettanti con una famiglia di scimmie cappuccine. Essendosi nutrita soltanto di frutta e bacche, sviluppò dei vermi intestinali. Una volta si intossicò mangiando cibo velenoso, ma le scimmie la portarono alla pozza d’acqua più vicina, costringendola a bere e salvandole, così, la vita. I cacciatori che la trovarono la vendettero a un bordello, dal quale riuscì a scappare. Dopo diverse esperienze negative, fu adottata da una famiglia che la crebbe con amore. Si sposò ed ebbe una figlia.

Kamala e Amala: le due bambine, di otto e un anno, abitavano nella foresta vicino a una tana di lupi. Quando furono scoperte, Kamala e Amala non avevano interesse a sviluppare contatti con altri esseri umani. I loro tendini e legamenti si erano accorciati, a causa della postura quadrupede a cui si erano abituate, e non erano in grado di mantenere la posizione eretta. Amala morì un anno dopo il suo ritorno alla civiltà, mentre Kamala riuscì, dopo molti anni, a imparare a pronunciare alcune semplici parole.

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