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L’atelier di Treviso gestito da richiedenti asilo

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Un gruppo di richiedenti asilo a Treviso combatte la xenofobia con il design

È una vera e propria officina e produce ogni giorno mobili, tessuti e ricami. Si trova a Treviso, in Veneto, e ha sede in quella che una volta era la caserma Piave, un edificio abbandonato nel 1989. La particolarità è che a lavorarci sono un gruppo di richiedenti asilo, che hanno acquisito abilità manuali e tecniche tradizionali della cultura locale.

L’iniziativa si chiama Talking Hands e può essere paragonata a un negozio di design, interamente gestito da persone in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato. I fotografi Matteo de Mayda e Michele Amaglio si sono recati sul posto e hanno scattato alcune immagini dei richiedenti asilo al lavoro e dei loro manufatti, una volta ultimati.

Il progetto mira a creare un percorso di integrazione rivolto a richiedenti asilo e rifugiati coniugando l’attività manuale (propedeutica all’inserimento lavorativo ma anche all’espressività artistica) con il racconto della propria storia, del paese d’origine, del viaggio e delle proprie aspirazioni.

In questo modo si intendono creare una serie di servizi — orientati all’integrazione e alla creazione di nuove opportunità di impegno e di lavoro — e spazi per l’incontro, il gioco e la motricità, con il pieno coinvolgimento di tutti gli attori: richiedenti asilo, residenti immigrati di lungo periodo, volontari, associazioni della società civile.

Il progetto nasce all’interno delle attività promosse dal centro sociale Django finalizzate alla costruzione di pratiche per un’accoglienza dal basso, i beneficiari all’incirca 50 ragazzi, sono tutti rifugiati richiedenti asilo ospitati all’interno di centri temporanei di accoglienza di Treviso.

 

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