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L’anno nero dei leader europei

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Da David Cameron a Mariano Rajoy, da Francois Hollande a Matteo Renzi: tutti i leader che nel 2016 hanno attraversato, in un modo o nell'altro, una crisi politica

Appena pochi mesi fa erano tutti saldamente al potere. Adesso, uno a uno, stanno lasciando la poltrona. Preparando l’avanzata dei populismi.

Si tratta dei principali leader d’Europa (e non solo) che si sono dimessi – o navigano in cattive acque – nel 2016. Ecco chi sono e cosa ha rappresentato quest’anno per loro: 

Paesi europei

Matteo Renzi – ex presidente del Consiglio italiano

Nella notte tra il 4 e il 5 dicembre, dopo aver fortemente legato il suo futuro politico all’esito del referendum costituzionale, Matteo Renzi ha annunciato le proprie dimissioni. Gli elettori hanno scelto di respingere la riforma promossa dal governo, con il 59,1 per cento dei No.

“Mi assumo tutte le responsabilità della sconfitta”, ha detto l’ex premier italiano alla mezzanotte. “È stata una grande festa della democrazia, in cui tanti cittadini si sono avvicinati e riavvicinati alla Carta costituzionale. Nella politica italiana non perde mai nessuno, io sono diverso, ho perso e lo dico a voce alta anche se con il nodo in gola. Domani consegnerò le dimissioni nelle mani del presidente Mattarella”.

Il risultato del referendum costituzionale è in netta contrapposizione con la vittoria schiacciante del Partito Democratico alle elezioni europee del 2014, in cui ottenne il 40 per cento delle preferenze. Tuttavia questa parabola ha iniziato a calare nei mesi successivi, fino alle pesanti sconfitte alle amministrative di giugno 2016.

David Cameron – ex primo ministro britannico

Il 2016 è stato particolarmente difficile per l’ex premier britannico, che, il 7 maggio 2015, era stato riconfermato primo ministro con una straordinaria vittoria del suo partito. I conservatori potevano contare in 331 voti su 650 alla Camera dei comuni.

Cameron è stato il promotore del referendum sulla Brexit, e tra i principali sostenitori del Remain. Il 24 giugno 2016, a seguito della vittoria del Leave, l’ex primo ministro ha annunciato le sue dimissioni, venendo sostituito a luglio dal ministro dell’Interno del suo governo, Theresa May.

Il 13 settembre 2016 Cameron ha rinunciato anche al mandato parlamentare, ritirandosi dalla vita politica del paese. 

Francois Hollande – presidente francese

Hollande non rientra tra i leader dimissionari, ma il primo dicembre ha annunciato in un discorso televisivo alla nazione che non si ricandiderà per un secondo mandato alle elezioni presidenziali del 2017. Il capo di stato aveva in precedenza manifestato incertezza sulla sua possibilità di puntare nuovamente all’Eliseo, probabilmente per la scarsa popolarità di cui gode tra il popolo francese.

Il 2016 per Hollande è stato un anno nero per lui, che si è trovato ad affrontare situazioni drammatiche, in una Francia stretta nella morsa del terrorismo, dagli attentati di Parigi del novembre 2015, a quello di Nizza del luglio 2016, solo per citare i più gravi. 

Mariano Rajoy – primo ministro spagnolo

Annata difficile anche per il primo ministro spagnolo, che ha impiegato quasi dodici mesi per formare un governo.

Alle elezioni del 20 dicembre 2015, Rajoy ha conquistato la maggioranza dei voti, ma il suo Partito Popolare ha ottenuto solo 123 deputati e 124 senatori, perdendo la maggioranza in entrambe le camere. Nei mesi successivi Rajoy ha tentato, senza successo, di formare un governo, in un paese fortemente diviso. 

A giugno 2016 gli elettori spagnoli sono tornati a votare. Il 28 luglio 2016 re Filippo VI ha incaricato Rajoy di formare un nuovo esecutivo, senza tuttavia ottenere la fiducia del parlamento. 

Solo il 29 ottobre 2016 Rajoy è riuscito a ottenere la fiducia per guidare il paese, con 170 deputati favorevoli, 111 contrari e 68 astenuti. 

Sigmundur David Gunnlaugsson – ex primo ministro islandese

Il 2016 è stato un anno di crisi politica anche in Islanda.

Il primo ministro si è dimesso in seguito alle accuse che lo hanno visto coinvolto nei Panama Papers, la fuga di notizie sulla pratica del trasferimento di ricchezze nei paradisi fiscali da parte di migliaia di imprenditori, politici e personaggi dello spettacolo di tutto il mondo.

La moglie del premier Gunnlaugsson possedeva una società offshore alle isole Vergini britanniche, la Wintris, che sarebbe collegata con le tre banche islandesi fallite nella crisi economica del 2008.

Dopo la pubblicazione delle notizie, migliaia di islandesi sono scesi in piazza di fronte al parlamento per chiedere le dimissioni del leader del governo della coalizione di centrodestra, al potere dal 2013. Le nuove elezioni si sono tenute il 29 ottobre, con la vittoria dei conservatori e un forte successo del Partito dei pirati.

Bojko Borisov – ex primo ministro bulgaro

Il 14 novembre 2016 il premier bulgaro si è dimesso dopo la sconfitta di Tsetska Tsacheva, candidata del suo partito di centrodestra alle elezioni presidenziali.

L’avversario filorusso Rumen Radev, del partito socialista, ha vinto le elezioni per la carica di presidente con il 59,35 per cento dei consensi, nel ballottaggio del 13 novembreIl paese dell’est Europa ha così scelto di essere politicamente più vicino a Mosca. 

Il governo di coalizione di minoranza guidato da Borisov era entrato in carica due anni fa, portando la stabilità politica dopo un anno di proteste e disordini. Ma l’incapacità di ottenere risultati tangibili nella lotta contro la corruzione dilagante e la mancata riforma di settori inefficienti come la sanità e l’istruzione hanno eroso la popolarità del suo governo.

Paesi extraeuropei 

Barack Obama – presidente degli Stati Uniti

Barack Obama non si è dimesso, perché il suo mandato è arrivato alla scadenza naturale. Ma per un certo verso può dirsi sconfitto, dal momento che Hillary Clinton, candidata del Partito democratico per la quale si era speso in prima persona, è stata sconfitta da Donald Trump.

Dilma Rousseff – ex presidente del Brasile

Il 31 agosto 2016 il Senato brasiliano ha votato per lo stato d’accusa della presidente Dilma Rousseff, rimuovendola dal suo incarico e ponendo fine a una lunga situazione di incertezza istituzionale. A favore si erano pronunciati 61 senatori, mentre solo 20 hanno votato contro.

Dilma Rousseff è stata accusata di aver manipolato i conti federali nel tentativo di nascondere i problemi economici del paese, nell’ambito dell’inchiesta sull’azienda petrolifera Petrobras. Al suo posto è diventato presidente Michel Temer. 

Park Geun-hye – presidente sudcoreana

Migliaia di cittadini hanno manifestato in Corea del Sud per chiedere le dimissioni della presidente. Lo scorso 29 novembre 2016 Park Geun-hye ha chiesto al parlamento di decidere come e quando dovrà rinunciare al suo mandato, dopo essere stata travolta da uno scandalo riguardante pressioni indebite sulla politica.

Il partito democratico, principale formazione d’opposizione, ha respinto l’offerta di rimettere al parlamento ogni decisione, denunciandola come il tentativo di evitare la messa in stato di accusa. Nessun presidente sudcoreano era finora stato costretto a interrompere prematuramente il proprio mandato – che dura cinque anni –, da quando esiste il corrente sistema istituzionale, ossia dal 1987.

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