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La casta di Londra

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Viaggio a Westminster: dove si lavora appena e i deputati hanno privilegi d'ogni tipo. È la casta inglese. Come quella italiana

Fuori da Westminster, in questi giorni, non c’è quasi nessuno. È un via vai di turisti, staff e commessi. Al massimo qualche facchino addetto ai lavori. Nulla più, tutto tace.

Il Parlamento di Londra, che insieme al Congresso americano dal dopoguerra in poi ha mosso le redini di mezzo mondo, sembra un castello abbandonato: sfarzoso ma in declino. Parlamentari, dirigenti, impresari e lobbisti: tutti in vacanza. Non si vede più nemmeno il corteo, solitamente parcheggiato nella piazza adiacente per protestare contro il governo.

Dopo due settimane di stop, dal 25 aprile all’8 maggio (altre due erano state indette per Pasqua), il Parlamento ha riaperto i battenti con il discorso della regina alla Camera dei Lord che ha avviato l’inizio di una nuova sessione. È una cerimonia che si tiene ogni anno, ma si percepisce quasi subito che l’assenza di chi movimenta il palazzo nasconde qualcosa di più sinistro e ambiguo. La politica è ancora in ferie.

Sì, perché i deputati della Camera dei Comuni passano sempre meno tempo a Westminster. Solitamente chi vive fuori Londra viene giù il martedì, se va bene il lunedì, e ci rimane al massimo fino a giovedì, quando fa rientro nel proprio collegio elettorale.

Margaret Hodge, 69 anni, laburista nata al Cairo, alla sua quarta rielezione in Parlamento (da 19 anni è la deputata nel collegio di Barking), lancia l’accusa: “Viviamo la peggiore crisi della storia contemporanea eppure la maggior parte dei parlamentari non fa abbastanza. Stiamo troppo poco tempo a Westminster, sembra che lavoriamo appena e questo sta creando un vuoto democratico”.

Un monito che pesa moltissimo sull’intera classe politica. Non solo perché la Hodge è a capo della Commissione parlamentare per gli affari pubblici, la più delicata, quella che scrutina meticolosamente l’azione del governo. Ma anche per il suo ruolo di primo piano all’interno del partito.

È lei la grande fustigatrice della politica di questi giorni. Una donna sola al comando contro tutto e tutti. Che ha deciso, in un modo o nell’altro, di denunciare il “grande ingorgo” di Westminster. Lo stallo politico del Palazzo. L’unica che ha avuto davvero il coraggio di contestare la pigrizia della classe dirigente, la sola avversa alla casta.

“Perché crede nella politica”, dicono di lei i suoi compagni laburisti. Ed effettivamente Margaret lavora tantissimo, commenta un altro deputato conservatore. La Hodge è una signora tutta d’un pezzo. Il “Times” l’ha inserita nella classifica dei 20 politici più ricchi del Paese (patrimonio stimato intorno ai 21 milioni di euro). Sul registro degli interessi finanziari ha dichiarato di detenere quote di Stemcor Holdings Ltd, la compagnia internazionale che commercia in acciaio fondata dal padre Hans Oppenheimer, anche se è più un atto formale che altro.

“La sua accusa contro i parlamentari pigri, però, è del tutto fuori luogo, non c’entra nulla con il fatto che lavoriamo poco”, incalza un conservatore autochiamatosi in causa. Di norma la Camera dei Comuni si riunisce per 150 giorni all’anno (compresi festivi). Ma i dati della biblioteca della Camera rivelano che le sedute tra maggio 2010 e maggio 2012 sono state solo 296. Nel 2013 se ne prevedono appena 140.

Le assenze in Parlamento sono solo una fetta dei numeri che si celano dietro il Palazzo: privilegi, indennità, viaggi in prima classe e introiti d’ogni genere. I parlamentari inglesi non si fanno mancare nulla. L’Independent Parliamentary Standards Authority (Ipsa) è l’ente che si occupa di tenere i conti in ordine in Parlamento. Ogni anno pubblica le uscite e le entrate per ciascun deputato.

Solo nel 2012 la Camera dei Comuni ha speso oltre 100 milioni di euro tra amministrazione pubblica e vita privata di 650 parlamentari: buste paga, indennizzi, affitto degli uffici (sia nel collegio dove si è stati eletti che a Westminster), costi di manutenzione generale, contabilità, stipendi dello staff – anche se spesso gli stagisti lavorano gratuitamente – e trasporti tra il Parlamento e la propria circoscrizione.

Ogni deputato ha in dotazione dall’Ipsa una tessera che gli consente di non pagare autostrade, bollette (acqua, luce, gas, telefono, riscaldamento), assicurazioni, abbonamento tv e la Council Tax, il corrispettivo della nostra Imu, per un tetto massimo mensile di circa 4.750 euro.

Se vieni da fuori Londra hai accesso a un appartamento nella metropoli (23 mila euro l’anno più 3 mila circa per le spese) e un indennizzo di 5 mila euro annui per le spese vive. Se invece hai già casa a Londra ma sei stato eletto in una circoscrizione di un’altra regione puoi chiedere il rimborso per l’affitto di una ‘seconda casa’ nel collegio di pertinenza (quasi 12 mila euro all’anno) ma hai anche diritto a 10 mila euro l’anno per la gestione dell’immobile di proprietà.

C’è chi vive in appartamenti donati da famiglie nobili e addirittura chi guadagna subaffittando casa propria (anche tra deputati si può, purché non dello stesso partito) e usa i soldi dello Stato per pagarne un’altra in centro a Londra: il che di per sé non è illegale ma equivale a uno sperpero non indifferente.

Eppure lo spreco dei soldi pubblici non sembra essere il cruccio dei parlamentari britannici: al laburista Jim McGovern lo scorso aprile è stato rifiutato il rimborso di un biglietto del treno da 28 euro perché era andato a una riunione di partito. Lui in cambio ha intentato una causa nazionale da 32 mila euro. Il tutto a spese dei contribuenti.

Fra l’altro i rimborsi spese rimangono un’incognita perché sono spesso ingiustificati. Il laburista Ed Balls, per esempio, è deputato di un collegio che dista pochi chilometri da quello di Fabian Hamilton (anche lui Labour), eppure l’anno scorso ha speso il doppio in trasporti per raggiungere Londra dal West Yorkshire (14 contro 7 mila euro).

Delle due l’una: o il primo ne approfitta per viaggiare sempre (e gratis) oppure il secondo va troppo poco a Westminster. Sempre Balls nel 2012 ha ricevuto quasi 120 mila euro in donazione da PricewaterhouseCoopers e, tra gli altri, 35 mila dal noto scrittore Ken Follett, marito di Barbara (anche lei laburista ora non più parlamentare) che nel 2010 dovette restituire 50 mila euro di rimborsi reclamati irregolarmente.

I parlamentari inglesi hanno anche diritto a un assistente personale, talvolta un familiare (nel 2011 erano oltre 100). Indennizzo: 17 -23 mila euro cadauno, o anche di più se si decurtano gli stipendi allo staff dei propri uffici. La paga da deputato invece è uguale per tutti: 6,500 euro al mese circa. Appena eletti, tutti i membri della Camera entrano di diritto nel sistema delle pensioni del Parlamento. Se poi sei anche il presidente della Camera, il capo dell’opposizione o un sottosegretario prendi altri 17 mila euro l’anno.

“Non si rendono conto che sono fuori dal mondo. A rimetterci siamo sempre noi”, sostiene Paul, un ragazzo che ha perso il lavoro poco fa e a casa ha una bambina da mantenere. Secondo un recente rapporto di Ipsos Mori, un inglese su tre non crede a ciò che dicono i parlamentari. La percezione è che facciano poco quando non sono rintracciabili nemmeno nei propri collegi.

Ebbene, il discontento popolare non sembra granché ascoltato: gli introiti diretti per ciascun deputato sono al vaglio delle autorità e entro il 2015 potrebbero aumentare ancora. I Liberaldemocratici e i Laburisti hanno chiesto un incremento sulla busta paga fino a quasi 8 mila euro mentre i Tory di Cameron ne vogliono poco meno di 10. Una beffa a tutti gli effetti per i sacrifici dei cittadini: colpiti dai tagli al welfare e dall’aggravarsi della pressione fiscale.

Tra l’altro il registro delle presenze alla Camera dei Comuni facilita la vita dei parlamentari assenteisti perché non c’è modo di controllare chi regolarmente partecipa alle sedute: non si timbra un cartellino all’ingresso e solo chi c’è può rendersene conto, come nel caso della Hodge. Oltretutto se i Lord prendono 350 euro cadauno a seduta solo per presentarsi in Parlamento, i deputati non sono particolarmente incentivati.

A Westminster poi non potevano mancare buvette, parrucchiere e agenzia di viaggi. Anche da qui partono “le grandi mazzate” a danno dei contribuenti: così le ha chiamate qualcuno. Almeno 5 ristoranti e 7 lounge-bar. Il plafond mensile per mangiare è di quasi 500 euro al mese, a deputato. Il prezzo più alto al Bellamy’s è la tagliata di manzo (4,70 euro), anche se alla sala Churchill una costata viene 15 euro.

Pollo a 4 euro, antipasti a 1 euro e verdure a 0,60 euro. Leggenda vuole che durante il caso mucca pazza, il Lord e duca di Buccleuch (proprietario terriero in Scozia) facesse arrivare a Whitehall camion pieni di manzo trattato per rifornire i ristoranti di mezzo Parlamento. Alla faccia del Paese intero. C’è anche un ufficio postale, un negozio per souvenir e un asilo nido (quest’ultimo costa al contribuente 320 mila euro l’anno).

Per i viaggi c’è la Hillgate Travel. Le trasferte entro il confine nazionale sono quasi sempre in prima classe e in ogni caso gratis. Perché, nonostante le autorità raccomandino di andare in seconda, se non esageri puoi viaggiare praticamente ogni giorno e il rimborso vale anche per andare alle sedute (c’è chi arriva a spendere fino a 25 mila euro a testa l’anno solo di trasporti).

Per viaggiare all’estero invece la musica cambia. Ma “l’ufficio vendite sarà in grado di fornirvi prezzi specialmente scontati”. Molti volano British Airways, anche se la low-cost Easy Jet offre prezzi vantaggiosi (nell’agosto del 2011, quando Londra ‘bruciava’, ha portato a casa d’emergenza almeno 80 deputati gratis). Prenotare è semplice: di persona direttamente in agenzia al piano terra oppure con FreeWay, il servizio ‘sicuro’ per i deputati: solo così si ha la garanzia di pagare meno.

Già, perché il Parlamento pensa anche alla compensazione delle emissioni di carbonio. Tradotto: zero tasse extra per i parlamentari. John Simon invece è il parrucchiere di fiducia. Un taglio: 20 euro circa. Infine, ciascun deputato ha diritto a un Blackberry e appena entri in Parlamento hai 7 mila euro per sistemarti.

Westminster è un grande circo ammaestratore. Una potente lobby da circa 5 mila soci. Quando si parla di privilegi non si discute. Non conta più lo schieramento politico: una barriera protettiva quasi patriottica. Pur di preservare i propri vantaggi si chiudono tutti a riccio, come il Parlamento in questi giorni di ‘ferie’. A dimostrazione che la casta esiste anche nel Regno Unito.

Una versione dell’articolo di Giulio Gambino, ‘Fannulloni a Westminster’, è apparsa su l’Espresso del 16 maggio 2013 [pagine 74-75]

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