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Ricordando il golpe in Cile dell’11 settembre 1973

Immagine di copertina

Santiago del Cile, Plaza de la Constitucion: racconto di una ricorrenza che dopo oltre quarant'anni divide ancora il Paese

L’11 settembre del 1973, le forze armate di Augusto Pinochet rovesciarono con un colpo di stato il governo socialista di Salvador Allende, che morì in quella circostanza durante l’assedio al palazzo. Quella giunta militare instaurò un regime, sostenuto dagli Stati Uniti, che rimarrà al potere per 17 anni. Decine di migliaia di cileni vennero brutalmente torturati e migliaia costretti all’esilio forzato. colpo di stato in cile

Riproponiamo questo racconto per commemorare quel giorno, l'”altro” 11 settembre:

“Ho fede nel Cile e nel suo destino”, è la scritta che si può leggere sul monumento a Salvador Allende di fronte al palazzo del governo di Santiago del Cile.

Queste furono le ultime parole del presidente Allende alla nazione cilena, prima che i militari l’11 settembre 1973 bombardassero La Moneda portando al potere il generale Augusto Pinochet e provocando la morte del presidente eletto, in circostanze tuttora poco chiare.

È difficile oggi poter immaginare quel giorno: il palazzo in fiamme, i corpi allineati nelle strade, i carri armati.

Sono passati 45 anni dalla data fatidica, e le parole del defunto presidente riecheggiano in Plaza de la Constituciòn attraverso altoparlanti di fortuna. “È qui con noi”, sussurra commosso un vecchietto.

Guardandosi intorno la sensazione è quella di ritrovarsi a un funerale: in molti portano gli occhiali da sole nonostante il cielo grigio, e numerose corone di rose rosse ricoprono il monumento. Alcuni studenti suonano un valzer della memoria invitando i presenti a ballare con loro: hanno il viso pitturato di bianco e solcato da una lacrima nera.

Nonostante la piazza sia transennata e controllata da un cordone di polizia, lo spazio residuo è più che sufficiente a contenere tutti i manifestanti “la gente ha ancora paura di scendere in strada in questa ricorrenza”, spiega Carlos, studente di sociologia alla Universidad de Chile “il rischio di ritrovarsi arrestati o picchiati dalla polizia senza motivo è alto”.

“Anni di silenzio e di mancato dibattito pubblico non hanno fatto altro che radicalizzare i toni e polarizzare lo scontro politico”, conferma un altro studente.

Intanto, sul palco ai piedi della statua, rappresentanti politici e della società civile prendono la parola: ci sono le madri dei desaparecidos che ancora chiedono giustizia, mostrano le foto sbiadite dei loro cari aggrappandosi a un ricordo altrettanto sbiadito.

Ci sono i minatori con caschi e tuta da lavoro che denunciano e reclamano una degna sepoltura per i colleghi tuttora dispersi “Dove sono i nostri compagni? Generali traditori dite la verità!”.

L’emozione che trasuda da quelle parole è tanta e testimonia anni di dolore. “Questo è il risultato di anni di silenzio istituzionale”, dice la signora Ana, parente di un desaparecido: “Per 20 anni i vari governi hanno avuto la possibilità di fare chiarezza ed incarcerare i responsabili delle nefandezze della dittatura, ma la politica ha impedito che la verità venisse a galla, e ora in molti cercano di riciclarsi fingendo di essere innocenti”.

Dalla strada principale arriva un piccolo corteo in rappresentanza del partito socialista cileno: un ragazzino guida il gruppo sventolando due bandiere cilene accompagnato da canti inneggianti al defunto presidente. colpo di stato cile

Qualche minuto dopo la famiglia Allende entra nella piazza e guadagna il palco accompagnata da abbracci di condoglianze ed applausi. Isabelita, come chiamano tutti affettuosamente la vice presidente del Partito Socialista, sorregge la figlia visibilmente commossa e provata. Il silenzio è già calato sulla folla e Isabel prende la parola:

“Con molta emozione oggi ricordiamo Salvador Allende, un uomo degno, un lottatore sociale che per più di 50 anni ripose nel Cile speranze e sogni. Ci insegnò che era necessario fare profondi cambi sociali, che era necessaria una società diversa (…) e vogliamo dirgli con orgoglio che oggi è un referente universale”. colpo di stato cile

Un pensiero va anche ai giovani che manifestano ormai da 2 anni contro i costi proibitivi dell’istruzione: “Salvador Allende sarebbe stato più che orgoglioso nel vedere i giovani manifestare nelle strade per una istruzione di qualità e gratuita!”.

Poi ringrazia anche tutti coloro che hanno lottato in questi anni per la verità e la giustizia , i parenti delle vittime e gli avvocati difensori dei diritti umani: “A loro voglio dire che solo attraverso la verità e la giustizia potremo ritrovarci come Paese, e con questi valori etici potremo far sì che mai più si distrugga la democrazia, mai più ci sia un colpo di stato e che mai più si possa rovesciare l’ordine costituzionale”. colpo di stato cile

Un applauso chiude il discorso e la famiglia Allende se ne va inseguita da un nugolo di giornalisti e sostenitori. La cerimonia si conclude di lì a poco ma il pellegrinaggio presso la statua continua fino a sera. colpo di stato cile

Questo anniversario poteva essere un’occasione di riconciliazione, ma sembra che ci sia ancora molto da fare. Nella notte scontri e atti vandalici hanno infiammato le parti più povere della città. La mattina dopo i barrios periferici erano paralizzati da barricate e roghi. Il Cile non sarà un Paese normale fino a quando non potrà piangere i suoi morti.

Segretaria o spietata agente segreto in Cile? Un documentario racconta la vita di Adriana Rivas, accusata di aver commesso uccisioni e torture tra le fila dell’intelligence durante la dittatura di Pinochet. colpo di stato cile

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