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La pentita di Bibbiano spiega il sistema degli affidi illeciti: “Così toglievano i bambini alle loro famiglie”

Immagine di copertina
Immagine da Pixabay

Un'assistente sociale racconta la "caccia alle streghe"

La pentita di Bibbiano svela il sistema degli affidi: Così toglievano i bambini

Una pentita di Bibbiano svela il sistema degli affidi illeciti e racconta come i bambini veniva tolti alle loro famiglie. A parlare dell vicenda esplosa nelle ultime settimane, in un’intervista al quotidiano La Verità, è stata Cinzia Magnarelli, una delle assistenti sociali coinvolte nell’inchiesta Angeli e Demoni, indagata, accusata di falso ideologico, frode processuale, violenza privata e tentata estorsione. Davanti al gip di Reggio Emilia, la donna ammesso le sue responsabilità e ha fornito importanti dichiarazioni per chiarire sulla vicenda e a differenza delle altre indagate ha ottenuto la revoca delle misure cautelari tornando al lavoro.

Ora alla Verità (articolo di Francesco Borgonovo) Magnarelli parla di clima da “caccia alle streghe” per alterare le relazioni sulle famiglie anche quando non ce n’era bisogno. L’assistente sociale racconta di essersi resa conto che “il servizio sociale utilizzava come criterio principe il controllo invece dell’aiuto”. “Laddove certe problematiche si sarebbero potute risolvere con il supporto alle famiglie di prediligeva comunque la valorizzazione degli elementi che potevano portare a una richiesta di trasferimento del bambino a sede diversa da quella famigliare”.

L’assistente sociale pentita di Bibbiano: “Vi spiego il sistema”

La pentita di Bibbiano aveva chiesto e ottenuto un trasferimento a settembre 2018. “Nel corso del tempo ho metabolizzato il funzionamento del sistema. Il lavoro che facevo all’interno dell’equipe veniva criticato dai miei superiori. Nelle relazioni che sarebbero poi state mandate alla magistratura c’era sempre una predilezioni per una visione dell’educazione del bambino scollegata dalla famiglia. Non veniva ritenuto equo e adatto il supporto all’interno della famiglia”.

Veniva preferito l’aiuto al di fuori della famiglia. E quando c’era la possibilità di un aiuto interno questo “veniva cassato”. Questo modo di operare era la regola. E l’assistente sociale non aveva possibilità di incidere, è il racconto di Magnarelli alla Verità. “Avevo solo la possibilità di relazione all’interno di un equipe che prevedeva la presenza del dirigente dei servizi sociali e poi il parere dello psicologo. Alla fine veniva fatta una relazione che comprendeva tutti i pareri e veniva mandata al Tribunale dei minori”.

Il tribunale di Bologna viene accusato di non aver fatto verifiche. “Decideva in base a queste relazioni. Aveva la possibilità di approfondire e sentire le parti, di valorizzare alcuni elementi anziché altri. Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi”.

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