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Home » Cronaca

Migranti e “porti chiusi”, Salvini rischia di nuovo il processo per sequestro di persona

Immagine di copertina

Sì, Matteo Salvini rischia un nuovo processo dopo aver evitato, grazie alla carta della “immunità parlamentare” e alla sponda del Movimento 5 stelle, quello sul caso Diciotti.

L’accusa? La stessa: sequestro di persona. Sempre per una nave. Sempre migranti a bordo. Soprattutto, sempre “porti chiusi”.

Il fascicolo inviato ieri, mercoledì 27 marzo, da Roma a Siracusa potrebbe infatti presto trasformarsi in un capo d’accusa vero e proprio. Al centro, stavolta, la Sea Watch.

La procura di Roma ha infatti modificato la “denuncia” al centro dell’inchiesta che inizialmente era stata aperta per omissione di atti d’ufficio. L’ipotesi di reato riguarda ora il sequestro di persona.

>>> L’odissea della nave Sea Watch

Tutto è partito con un esposto finito nelle mani del pm Sergio Colaiocco. Sarà ora la procura di Siracusa, competente a livello territoriale, a dover effettuare le verifiche e a valutare l’esistenza degli estremi per trasferire il tutto al tribunale dei ministri.

L’iter, quindi, sarebbe: Roma -> Siracusa -> Catania. Di nuovo. Come nel caso Diciotti.

“Da Roma”, ha confermato lo stesso ministro dell’Interno, “è stato mandato alla procura siciliana un atto sul fermo della nave Sea Watch: è in arrivo un altro processo nei confronti del cattivone Salvini? Non lo so, lo scopriremo solo vivendo, come diceva Battisti. Possono denunciare e denunciare, io non cambio idea, i porti italiani restano sigillati”.

Non un passo indietro, quindi, da parte del ministro. Ma la domanda è, guardando i tempi: qualora si tornasse al punto dello scontro sul caso Diciotti, che a decidere sul processo o meno sia il Movimento 5 stelle, cosa accadrà stavolta? Di Maio getterà una nuova ancora verso l’alleato di governo?

Presto per dirlo. Di certo c’è il dato politico di un ministro che per la seconda volta rischia di essere accusato di aver “sequestrato” decine di migranti, stavolta 47, tra cui 15 minori, costringendoli ad attendere per diversi giorni al largo di Siracusa prima di poter toccare terra nel porto di Catania.

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