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Mario Monti a TPI: “Lega e M5S hanno raccolto milioni di voti raccontando la fake history”

"Si presentano come sovranisti ma hanno riconosciuto la cogestione con l'Ue, hanno vinto liberi dalle lobby ma non hanno fatto nulla per curare i mali dell'Italia: i due partiti al governo sono adolescenti diventati molto rapidamente adulti muscolosi": l'ex premier a tutto campo su Europa, manovra ed economia

La presa di posizione nei confronti dell’Europa, il debito pubblico in continua crescita e un boom economico in netto contrasto con la reale situazione dell’economia italiana. In un’intervista a TPI.it , il professor Mario Monti, senatore a vita ed ex presidente del Consiglio, ha commentato il percorso fatto fin qui dal governo giallo-verde.

S&D

Il presidente dell’Università Bocconi, ha parlato dei componenti dell’esecutivo come di “adolescenti diventati molto rapidamente adulti muscolosi con milioni e milioni di voti”. Una definizione che secondo l’economista rispecchia al meglio la genesi di Lega e M5S: dalla creazione di una “fake history” durante tutta la campagna elettorale alla presa d’atto della realtà e dei vincoli, non solo europei, ma finanziari e nondimeno istituzionali.

Professore, quali conseguenze ha avuto la prolungata trattativa con l’Europa?

La trattativa con l’Europa è stata defatigante e ha avuto conseguenze importanti. Una prima fondamentale e che ha fatto passare il governo italiano da una posizione frontalmente contraria all’idea di dover sottostare a vincoli europei in materia di finanza pubblica (“me ne frego dell’Europa” oppure “non ci sposteremo di un millimetro”), all’accettazione della giurisdizione che l’Unione europea ha, in quanto conferitagli dagli stati membri.

Una seconda conseguenza è stata che questo processo di avvicinamento alla realtà da parte di chi inizialmente la respingeva è stato, per l’appunto, molto lungo, e ha portato quindi all’esproprio delle funzioni del Parlamento, che si è trovato a dover votare praticamente al buio sulla legge più importante, quella di bilancio.

Lei ha definito la manovra giallo-verde un “paradosso del sovranismo”: ovvero quello che era secondo il governo un duro guanto di sfida all’Europa, si è tradotto alla fine nel riconoscimento delle istituzioni politiche europee, Commissioni e governi…

Il paradosso è che il primo governo sovranista d’Italia non ha espanso, come ha dichiarato di voler fare, la sovranità dell’Italia in materia di finanza pubblica. Ha riconosciuto che è da cogestirsi con la Comunità europea.

Ovviamente quello che diciamo dell’Europa, vale anche a proposito di altri aspetti. Lega e M5S hanno costruito le loro verità, una fake history, secondo la quale curarsi della finanza pubblica voleva dire essere servi di Bruxelles, dei poteri forti e via dicendo. Sono due adolescenti diventati molto rapidamente adulti muscolosi con milioni e milioni di voti, acquistati raccontato la loro fake history.

Il debito pubblico molto elevato e i costanti attriti tra governo ed Europa, rende l’Italia un osservato speciale. Nondimeno, ad alimentare la stretta marcatura della Commissione europea c’è la questione procedura d’infrazione, appena scongiurata. Possiamo definire quest’ultima un capitolo chiuso?

No. Sarebbe un errore considerarla tale. Ci sono altri momenti di verifica previsti per l’Italia e la Commissione, nel concludere che non doveva aprire la procedura d’infrazione, ha sottolineato che presterà molta attenzione all’attuazione della manovra. Quindi se l’attuazione sarà rigorosamente in linea con quanto concordato non dovrebbe esserci la riaccensione di un dossier.

Ma quello che più preoccupa e ha preoccupato la Commissione, con riferimento alla manovra italiana, è la qualità dei provvedimenti: da un lato vede misure giuste di ridistribuzione del reddito, ma le vede finanziate non nel modo classico, ovvero con il prelievo fiscale (i più ricchi per dare ai più poveri, per semplificare), ma in disavanzo, si prelevano risorse dai contribuenti futuri che dovranno servire come rate di rimborso e tassi d’interesse. La nuova generazione nasce già indebitata.

È tornato l’incubo spread. Quali le conseguenze immediate e di medio periodo per i conti pubblici e i risparmi degli italiani?

Adesso siamo tutti tranquillizzati dopo aver toccato i 300 ai tempi della formazione del governo e di manifestazione di libero pensiero su un balcone ufficiale. Ma se andiamo a vedere il livello attuale in confronto alle altre potenze europee, come la Spagna o la Francia che ogni sabato vede messa in discussione la sua stessa struttura istituzionale e politica, lo spread italiano resta sempre molto più alto.

È chiaro che la fantasia e la psicologia sono colpite dalle variazione su o in giù rispetto al giorno, alla settimana o al mese precedente, ma il livello conta moltissimo nel determinare per chi prende a prestito capitale, imprese o famiglie e in primo luogo lo Stato. Uno spread alto vuol dire maggiori oneri di interessi, a scapito, nel caso dello stato, della spesa per istruzione, assistenza sociale, sanità e via dicendo [qui l’andamento dello spread in tempo reale].

L’Istat parla di una probabile recessione. A novembre l’indice della produzione industriale italiana è sceso dell’1,6 per cento rispetto al mese precedente e a meno 2,6 per cento se si calcola su base annua, mentre il ministro Di Maio prevede un boom economico in stile anni ’60. Cosa stiamo rischiando realmente?

Credo che Di Maio abbia ragione, ma credo che abbia dovuto chiarire bene i limiti della sua affermazione. Naturalmente un conto è osservare o prevedere, in una prospettiva parziale, l’effetto che le nuove tecnologie potranno avere sulla dinamica dell’economia, un altro è prevedere che ci sarà un boom, riferito all’intera economia.

Beh, adesso non si sta proprio lavorando per creare le premesse di un boom, non contando una situazione economica internazionale che comunque non è delle più favorevoli.

Volendo tastare il polso degli italiani, secondo lei quanto hanno influito le estese incertezze politiche sul rallentamento della domanda interna?

Una transizione con tante novità, come quella del 2018, con una trasformazione del panorama politico complessivo in Italia, l’avvento di forze nuove alle esperienze di governo, il tempo necessari perché le due forze trovassero il modo per lavorare insieme, è ovvio che ha inevitabilmente contribuito a un rallentamento della domanda interna.

Professore, cosa deve fare il governo in carica per far fronte a questa situazione e creare i presupposti per una crescita dell’economia?

Grande azione di pedagogia. Senza necessariamente battersi il petto tre volte e dire mea culpa, mea culpa, mea culpa, perché vi ho illusi con promesse fallaci sulla base della quali ci avete votato. Dovrebbe spiegare che esistono dei vincoli della realtà, prescindendo da quelli europei che potrebbero essere considerati dai più estremi come vincoli creati dai cattivi per rendere più difficile la marcia dei buoni. I vincoli dei mercati, cattivi o meno.  La dimensione europea diventa essenziale affinché la politica riacquisti margine di sovranità rispetto ai mercati.

Mi aspettavo che questi due partiti al governo facessero una cosa altamente necessaria per avere in Italia una società più equa e un’economia orientata alla crescita: visto il loro arrivo al potere senza legami con tutte le forze corporative, lobby di varia natura, che esistono in Italia, i due partiti erano nelle condizioni ideali per dire “accettiamo l’economia di mercato, diamoci anche noi l’obiettivo della crescita, non facciamo solo promesse, ma cerchiamo di aggredire i diversi punti di malfunzionamento dell’economia italiana” dovuti quasi tutti a una carenza di concorrenza. Ma così non è stato.

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