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Migranti: gommone con 120 persone a bordo affonda a largo di Tripoli, tre superstiti

Immagine di copertina
Credit: Federico Scoppa/ Afp

Un aereo della Marina italiana lancia due zattere e salva tre naufraghi, una ventina i dispersi

A circa 45 chilometri a est di Tripoli, in acque libiche, è avvenuta una nuova strage del Mediterraneo. A bordo del gommone, partito ieri sera dalla Libia, c’erano venticinque persone che tentavano di attraversare il mare verso l’Europa. Quando l’imbarcazione ha iniziato ad affondare, tre di loro hanno perso la vita. I dispersi sarebbero una ventina. Solo tre migranti sono stati salvati, grazie ad un aereo della Marina italiana.

S&D

I tre superstiti sono stati rifocillati, riscaldati e dimessi i tre naufraghi soccorsi. Si tratta di subsahariani maggiorenni recuperati in mare privi di conoscenza. Uno era in acqua e gli altri due si trovavano in una zattera di salvataggio lanciata in precedenza. Gli altri loro compagni di traversata, 117, sono dispersi. I migranti sono stati trasportati al poliambulatorio di Lampedusa dove è stata riscontrata un’ipotermia. I medici li hanno riscaldati e curati e, dopo alcune ore, sono stati trasportati all’hotspot dell’isola. Le ricerche dei 17 dispersi continuano sotto il coordinamento delle autorità libiche.

L’ultimo avvistamento del gommone risaliva alla mattina di venerdì 18 gennaio. Nel Mediterraneo che non ha navi di soccorso a sufficienza, a recuperare i superstiti è stato un elicottero della Marina italiana.

La Marina ha dichiarato che il velivolo ha lanciato due zattere in mare e poi si è allontanato per mancanza di carburante. Successivamente, un elicottero della nave Duilio ha recuperato un naufrago in mare e due sulle zattere, tutti in ipotermia, mentre altre tre persone sono state viste in mare senza più battito cardiaco e respirazione.

L’elicottero della Marina è ridecollato per l’evacuazione medica dei tre naufraghi che si trovano in “condizioni serie” verso Lampedusa. Da ciò che spiega la Marina Militare “È la Guardia costiera libica a coordinare l’intervento”.

L’ong tedesca Sea Watch, nel suo volo di ricognizione quotidiano, aveva già avvistato l’imbarcazione e aveva lanciato l’allarme su Twitter, ritenendo “La Libia responsabile”. Poche ore dopo è stata la Marina italiana a prendersi il caso sulle spalle.

Secondo la Sea Watch “La comunicazione con gli ufficiali libici risulta impossibile in inglese, francese, italiano e arabo”.

Il numero di vittime nel Mediterraneo, nonostante sia più basso del 2018, 83 rispetto ai 119 dello scorso anno, resta comunque una cifra ancora troppo alta e preoccupante.

Il racconto dei superstiti

“A bordo del gommone affondato eravamo in 120”, hanno raccontano i tre superstiti portati a Lampedusa dalla Marina italiana.

I tre hanno raccontato agli operatori dell’Oim, l’organizzazione internazionale per la migrazione, di essere rimasti in mare senza soccorsi per oltre tre ore.

Le ricerche sono continuate, senza successo, per tutta la notte nella zona attorno alle due zattere lanciate da un elicottero della Marina militare italiana. Nessun disperso è stato trovato.

Secondo le testimonianze dei tre superstiti a bordo c’erano anche dieci donne, tra cui una ragazza incinta, e due bambini piccoli, uno dei quali di soli dieci mesi.

“I contorni di questa tragedia sono molto più gravi di quello che sembrava all’inizio. C’era confusione sul numero delle persone a bordo, ll’aereo della Marina aveva avvistato una cinquantina di persone, ma i superstiti ci hanno detto di essere partiti in 120”, ha detto Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Oim.

“Altri morti al largo della Libia. Finché i porti europei rimarranno aperti, finché qualcuno continuerà ad aiutare i trafficanti, purtroppo gli scafisti continueranno a fare affari e a uccidere”, il commento del ministro dell’Interno Matteo Salvini.

” Le persone rischiano di affogare in un Mediterraneo svuotato da navi di soccorso. Nessun programma europeo di salvataggio in mare, Open Arms bloccata in Spagna, Sea Eye in cerca di un porto per cambio di equipaggio. Non possiamo coprire il Mediterraneo centrale da soli”, replicano le Ong.

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