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“È qui che hanno dato fuoco e me e alla mia famiglia”: su TPI il racconto del dramma di Luca, ferito nell’agguato “agli zingari”

Dijana Pavlovic, attrice con un passato in politica e oggi attivista della rete Alleanza Romanì racconta la gara di solidarietà per aiutare la famiglia rimasta sinta vittima di un agguato nel Bresciano

Luca scoppia a piangere ogni tre minuti. “È traumatizzato. Ha paura di perdere l’uso del braccio”. Dijana Pavlovic, attrice con un passato in politica e oggi attivista della rete Alleanza Romanì, racconta a TPI “il dramma” di Luca Cari e dei suoi genitori.

Su TPI abbiamo seguito il caso avvenuto nella notte tra l’1 e il 2 gennaio: era circa l’una e mezza quando la famiglia di Costantino Cari, padre di Luca, che alloggiava in due roulotte parcheggiati nei pressi di un terreno agricolo di Lonato, in provincia di Brescia, ha subito un vero e proprio attentato al grido di “zingari di m***a, vi uccido tutti”.

“Una o due persone” racconta Luca in un video pubblicato su Facebook da Dijana Pavlovic, “hanno prima sparso benzina sulle roulotte incendiandole”. E quando Luca si è svegliato, preoccupato per i genitori che dormivano nell’altra roulotte, è uscito gli hanno sparato a bruciapelo con un fucile da caccia.

“La famiglia Cari, una famiglia Sinta, è terrorizzata” ci spiega Dijana: “Inoltre hanno perso tutto quello che avevano”. E per questo è stata lanciata una raccolta fondi (qui tutte le info per contribuire) “per aiutarli a superare questo momento drammatico e far ritornare quel poco di fiducia in un futuro migliore”.

In queste ore, secondo gli inquirenti, si sta facendo strada l’ipotesi di un “regolamento tra rom”. Ma, denuncia Dijana Pavlovic, “è un classico. Un modo comodo per smontare un caso”. Perché “Luca ha riconosciuto chi ha cercato di uccidere lui e la sua famiglia”. 

Inoltre, ci spiega l’attivista della rete Alleanza Romanì, che ha messo a disposizione anche un legale, “è stata consegnata alle autorità una registrazione di un testimone che ha raccontato tutto ciò che ha visto”.

Ma ora “non è importante chi ha tentato di uccidere la famiglia Cari”. Il problema da affrontare “è quello di dare un aiuto concreto a chi ha perso tutto. Erano poverissimi, ora non hanno niente”.

Basta un semplice esempio per capire la situazione: “Sono andata con le ricette dell’ospedale in farmacia per acquistare i farmaci che servono a Luca per cercare di recuperare la sensibilità all’arto, compromesso dal colpo di fucile”. Medicine che “deve prendere per almeno un mese. Io ho pagato di tasca mia 30 euro. Lui non avrebbe potuto farlo”.

Ora la famiglia Cari è stata ospitata in un bed and breakfast pagato dal Comune di Lonato: “I servizi sociali si sono attivati. Hanno garantito un tetto a madre, padre e figlio per quattro giorni”. Poi? “Si sono impegnati a cercare una soluzione stabile. Perché gli sono rimaste solo due notti pagate. Poi finiranno per strada. Bisogna fare presto”.

Per questo è necessario “che chiunque possa gli dia una mano”, anche se “sappiamo che trattandosi di ‘nomadi’, come li sta bollando la stampa locale, sarà difficile un boom di solidarietà” ma “ogni piccolo gesto ora è importante: ora ci sono i medicinali da pagare, poi la fisioterapia e la riabilitazione per recuperare il nervo”.

Luca solo il 9 gennaio ha sporto denuncia – “era in ospedale” – e non capisce come sia possibile che le indagini vadano verso un regolamento di conti: “Non avevano problemi con nessuno, a parte con qualche ‘razzista’ di zona”. In caserma “ha dichiarato di poter riconoscere chi gli ha sparato. Lo ha visto non da dietro, come si dice in queste ore, ma di tre quarti”. Se messo davanti a quello che indica come colpevole “lo riconoscerebbe senza dubbi”.

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