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Home » News

Strage di Erba: la ricostruzione di uno dei delitti più efferati della storia italiana

Immagine di copertina

Dagli omicidi al numero 25 di via Diaz alla condanna dei coniugi Rosa Bazzi e Olindo Romano, fino alle nuove tesi innocentiste

Strage di Erba | Ricostruzione | Olindo Romano | Rosa Bazzi

Quattro persone uccise barbaramente, due condannate all’ergastolo in via definitiva e ancora tanti dubbi. La strage di Erba è uno dei delitti più efferati mai commessi nel nostro paese.

L’11 dicembre 2006, in un piccolo paese della provincia di Como, quattro persone vengono uccise a coltellate e colpi di spranga. Quattro omicidi di una violenza inaudita. Subito dopo, l’appartamento di via Diaz 25 viene dato alle fiamme dagli assassini.

Il caso assume subito grande rilevanza mediatica. Le vittime sono Raffaella Castagna, 30 anni, volontaria in una comunità che si dedica ad assistere i disabili; suo figlio Youssef Marzouk; la madre di Raffaella, Paola Galli e Valeria Cherubini, una vicina di casa accorsa per prestare soccorso alle vittime.

Il processo sulla strage di Erba, conclusosi nel 2011, vede la condanna in via definitiva dei coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, vicini di casa di Raffaella Castagna. Romano sta attualmente scontando la sua pena nel carcere di Opera, la moglie invece in quello di Bollate.

Nel 2018, la difesa dei coniugi Romano presenta una richiesta di incidente probatorio su nuovi reperti. L’obiettivo è arrivare alla revisione del processo.

La richiesta viene rigettata dalla corte di Appello di Brescia, ma gli avvocati dei Romano presentano ricorso in Cassazione. A novembre 2018 vengono depositate le motivazioni della sentenza della Suprema corte: le analisi possono essere fatte con accertamento tecnico irripetibile e avviso al pm.

Qualora dall’incidente probatorio emergessero elementi finora sconosciuti, sulla carta il processo potrebbe clamorosamente riaprirsi.

Strage di Erba | Omicidi | Ricostruzione 

Alle 20 di lunedì 11 dicembre 2016 l’appartamento al numero 25 di via Diaz, a Erba, viene avvolto da un incendio. Attratti dal fumo, due vicini di casa accorrono per prestare aiuto. Sul pianerottolo trovano un uomo, Mario Frigerio, ferito alla gola.

All’interno della casa poi trovano il corpo in fiamme di una donna. Dal piano superiore si sente un’altra voce femminile, ma i due soccorritori non riescono a entrare a causa del fumo. Solo i Vigili del fuoco, poco dopo, riescono a domare le fiamme ed entrare nell’appartamento.

Nella casa vengono trovati i corpi di Paola Galli e del piccolo Youssef Marzouk. A questi si aggiunge Raffaella Castagna, la donna trovata in fiamme dai primi soccorritori, e Valeria Cherubini, la vicina, trovata morta nella propria casa.

Mario Frigerio, marito di Valeria Cherubini, è l’unico superstite della strage di Erba: aggredito, a salvarlo è una malformazione alla carotide, che gli permette di non morire dissanguato.

Tutti sono stati assaliti con colpi di spranga e di coltello. Secondo le ricostruzioni fatte dagli inquirenti, gli assassini hanno assalito prima Raffaella, poi Paola Galli e il piccolo Youssef.

Gli ultimi a essere colpiti sono Frigerio, rimasto a terra sul pianerottolo, e Valeria Cherubini, attirata dal fumo che usciva dall’appartamento, ma aggredita sulle scale dagli assassini e morta dissanguata nella propria abitazione.

Strage di Erba | Le prime indagini

Inizialmente gli inquirenti concentrano le loro attenzioni su Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef. L’uomo, tunisino, ha dei precedenti penali per spaccio di droga ed è già stato in carcere in passato.

Marzouk però dimostra di avere un alibi inattaccabile, che fa cadere le accuse nei suoi confronti dopo pochi giorni: in quel periodo infatti si trovava nel suo Paese di origine, dove si era recato per visitare i parenti.

Nelle settimane successive prende corpo un’altra ipotesi, sempre legata a Marzouk: nel periodo passato in carcere, infatti, pare che il tunisino avesse avuto degli screzi con esponenti della ‘ndrangheta. Addirittura, per paura che potesse essere aggredito, Marzouk venne trasferito in un altro penitenziario.

Nei primi mesi, dunque, la strage di Erba viene trattata come un caso di vendetta della malavita nei confronti del tunisino.

Strage di Erba | I coniugi Romano

Nel frattempo le indagini degli inquirenti si concentrano anche su altre due figure, quelle dei vicini di casa di Raffaella Castagna, ovvero Olindo Romano e Rosa Bazzi. Pare infatti che le due famiglie avessero più volte litigato in passato.

Per questo motivo, vengono disposti alcuni accertamenti sull’automobile dei Romano. Sulla macchina, precisamente sul battiporta dello sportello lato guidatore, viene trovata una traccia di sangue di Valeria Cherubini.

È la prova con la quale i due coniugi vengono arrestati. Interrogati, i due negano ogni coinvolgimento. Ma la svolta arriva l’11 gennaio 2007, quando sia Rosa che Olindo, separatamente, confessano di essere i responsabili della strage di Erba.

Tuttavia, il 10 ottobre 2007, davanti al Giudice per l’udienza preliminare che deve decidere se rinviare i coniugi a giudizio, Olindo e Rosa ritrattano la loro confessione. Hanno deciso di confessare, spiegano, solo perché è stata loro promesso un forte sconto di pena e la possibilità di avere una cella condivisa.

Il Gup emette il decreto di rinvio a giudizio nei loro confronti.

Strage di Erba | Il processo

Durante il processo di primo grado, viene sentito anche Mario Frigerio, unico sopravvissuto alla strage. L’uomo infatti riconosce come Olindo Romano, presente in aula, come suo aggressore, confermando così quanto già aveva detto ai pubblici ministeri in fase di interrogatorio.

Sono tre le prove contro i coniugi Romano: la macchia di sangue nell’auto, la loro prima confessione poi ritrattata e il riconoscimento del testimone oculare.

Il 26 novembre 2008 la Corte d’Assise di Como condanna i due coniugi all’ergastolo, con isolamento diurno di tre anni. Una sentenza confermata anche dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano, il 20 aprile 2010, e resa definitiva dalla Corte di Cassazione, il 3 maggio 2011.

Strage di Erba | Sviluppi successivi

Nel 2012 Azouz Marzouk, padre del piccolo Youssef e marito di Raffaella Castagna, inizia a sostenere che i coniugi Romano siano accusati ingiustamente. Per l’uomo, che nel frattempo si è risposato in Tunisia, non solo Rosa e Olindo gli autori della strage di Erba.

A partire dalla posizione di Marzouk, i legali dei coniugi Romano affermano di essere in possesso di importanti elementi utili a scagionare i loro assistiti. Si tratta sia di intercettazioni di alcune conversazioni tra Rosa e Olindo, dopo la strage, sia di una testimonianza di un connazionale di Marzouk, che afferma di aver visto scappare due uomini dall’appartamento di via Diaz in quel tragico giorno.

Nel 2018, gli avvocati dei Romano presentano una richiesta di incidente probatorio sui nuovi reperti.

Martedì 10 aprile 2018, sul canale Nove, va in onda un reportage intitolato “Tutta la verità”: una ricostruzione minuziosa della strage, in cui vengono presentati elementi finora sconosciuti al grande pubblico, e che fa sorgere alcuni dubbi sulla reale colpevolezza dei coniugi Romano.

L’inchiesta portata avanti da “Tutta la verità” fa molto discutere. Per questo motivo Beppe Castagna, “fratello, zio e figlio” di tre delle quattro vittime della strage di Erba, scrive una lettera alla redazione del programma di Nove.

Si sviluppano dunque alcune tesi innocentiste nei confronti dei coniugi Romano.

Nel frattempo, Olindo Romano concede la sua prima intervista televisiva al programma Le Iene, direttamente dal carcere di Opera. Ad Antonino Monteleone, l’uomo confessa che all’inizio lui e la moglie erano convinti che l’assassino fosse Marzouk.

Una volta arrestati, “ci hanno detto che eravamo messi male, ci hanno prospettato una via d’uscita: che confessare sarebbe stato il minore dei mali. Ma il mio primo pensiero era riuscire a vedere mia moglie, perché dal momento dell’arresto non l’avevo più vista”.

Anche da questa intervista scaturiscono moltissime polemiche. Sulla colpevolezza di Rosa e Olindo – spiega chi è contrario alle nuove ricostruzioni – pesa infatti una condanna definitiva dopo tre gradi di giudizio.

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