Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 18:09
Pirelli Summer Promo
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Esteri

Ricordando Berta Càceres, attivista per i diritti degli indigeni uccisa in Honduras

Immagine di copertina
Berta Caceres

“Sono una combattente per i diritti umani e non voglio mollare”. Così amava definirsi Berta Càceres, l’attivista indigena dell’Honduras assassinata nella sua abitazione giovedì 3 marzo da uomini armati.

S&D

Non era la prima volta che la donna riceveva delle minacce per il suo impegno civile. Nel 2013, in concomitanza con le elezioni generali del paese per l’elezione del presidente e dei membri del parlamento, Càceres rilasciò una delle sue rare interviste a The Guardian, in cui raccontava delle pressioni ricevute per la sua campagna volta a proteggere il territorio della comunità dal progetto di costruzione di una diga idroelettrica supportato dal governo.

Da ventitré anni Berta combatteva in difesa dei diritti degli indigeni dell’Honduras, grazie anche al supporto dell’organizzazione da lei stessa fondata ossia il Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene (Copinh) attiva a La Esperanza, sua città natale. 

La donna viveva costantemente con la paura di essere uccisa. Non rispondeva quasi mai al telefono, raramente restava nello stesso luogo per due giorni di fila e non viaggiava mai da sola. Non aveva guardie del corpo e le uniche persone che la proteggevano e di cui lei stessa si fidava erano i volontari della sua associazione. 

Non si sentiva tranquilla nemmeno fra le pareti della sua abitazione, circondata da montagne coperte di pini. Parlava della sua vita, ma spesso si fermava per timore che qualcuno potesse sentirla. “Mi tengono sotto controllo a distanza”, confessò la donna. 

“Minacciavano di volermi stuprare e addirittura uccidere. Dovevo proteggere la mia famiglia e per questo sono stata costretta a vivere lontana dai miei figli. Ma la mia missione era quella di rimanere qui e combattere”.

“Non posso camminare liberamente nel mio paese o nuotare nel fiume sacro. Non posso vivere in pace, e ho sempre paura di essere uccisa. Ma mi rifiuto di andare in esilio. Io sono una combattente dei diritti umani e non voglio rinunciare a questa lotta”.

La donna non nascondeva di temere per la sua incolumità, ma era consapevole che le precauzioni prese negli anni per garantire la sua sicurezza non erano sufficienti. Se i suoi nemici avrebbero voluto ucciderla, non ci sarebbe stato alcunché da fare.

“L’esercito ha una lista di 18 combattenti per i diritti umani da eliminare. Il mio nome è in cima all’elenco. Io però voglio vivere, ci sono ancora molte cose che voglio fare in questo mondo. Non sarò mai al sicuro in questo paese in cui prolifera la totale impunità verso atti criminali, e quando vorranno uccidermi lo faranno”.

Queste parole, a sei giorni dalla sua morte, risuonano sinistre. Berta Càceres è stata uccisa da ignoti per essersi opposta alla costruzione di una diga che sarebbe stata realizzata di lì a poco e che andava contro la volontà della popolazione indigena Lenca, la comunità di 250mila persone a cui l’attivista apparteneva. 

Secondo le autorità locali, la donna sarebbe stata prima picchiata e poi uccisa con otto colpi di pistola in un tentativo di rapina finito male. Questa ipotesi è stata subito respinta dagli amici e dai parenti della donna, i quali confermano che l’attivista aveva subito minacce di morte da proprietari terrieri, dalla polizia e dall’esercito.

Il 5 marzo si sono svolti i funerali di Berta Càceres. Una grande folla si è riversata sulle strade di La Esperanza per accompagnare il feretro della donna che per due decenni si era battuta per i diritti del popolo indigeno. La bara bianca è stata trasportata a spalla, mentre decine di manifestanti intonavano slogan di libertà e giustizia.

La folla ha marciato per più di 10 km dall’abitazione della donna fino alla cappella dove è stata celebrata una messa in sua memoria. Berta è stata sepolta nel cimitero di La Esperanza a circa 300 km a est della capitale Tegucigalpa.

Al funerale erano presenti i suoi quattro figli e il suo ex marito. Le sue uniche parole per ricordare la donna sono state di perdono: “Perdonami Bertita, perdonami per non aver capito la tua grandezza”.

Il presidente Juan Orlando Hernandez ha detto che le autorità stavano indagando sull’omicidio della donna, con il supporto degli Stati Uniti. L’ambasciatore americano in Honduras, James Nalon, presente al funerale ha detto: “Abbiamo aperto un’indagine rapida ed esauriente per cercare i responsabili”.

Ti potrebbe interessare
Esteri / Violenza e diritti umani in Colombia: da Montecitorio il sostegno alla Comunità di Pace di San José de Apartadó
Esteri / Regno Unito, due cavalli corrono liberi nel centro di Londra: almeno una persona ferita
Esteri / Esclusivo – Viaggio nell’Europa rurale, dove l’estrema destra avanza sfruttando il senso di abbandono
Ti potrebbe interessare
Esteri / Violenza e diritti umani in Colombia: da Montecitorio il sostegno alla Comunità di Pace di San José de Apartadó
Esteri / Regno Unito, due cavalli corrono liberi nel centro di Londra: almeno una persona ferita
Esteri / Esclusivo – Viaggio nell’Europa rurale, dove l’estrema destra avanza sfruttando il senso di abbandono
Esteri / Gaza: oltre 34.260 morti dal 7 ottobre. Media: "Il direttore dello Shin Bet e il capo di Stato maggiore dell'Idf in Egitto per discutere dell'offensiva a Rafah". Hamas diffonde il video di un ostaggio. Continuano gli scambi di colpi tra Tel Aviv e Hezbollah al confine con il Libano. L'Ue chiede indagine indipendente sulle fosse comuni a Khan Younis. Biden firma la legge per fornire aiuti a Ucraina, Israele e Taiwan
Esteri / Gaza: oltre 34.180 morti. Hamas chiede un'escalation su tutti i fronti. Tel Aviv nega ogni coinvolgimento con le fosse comuni di Khan Younis. Libano, Idf: "Uccisi due comandanti di Hezbollah". Il gruppo lancia droni su due basi in Israele. Unrwa: "Impedito accesso ai convogli di cibo nel nord della Striscia"
Esteri / Gaza, caso Hind Rajab: “Uccisi anche i due paramedici inviati a salvarla”
Esteri / Suoni di donne e bambini che piangono e chiedono aiuto: ecco la nuova “tattica” di Israele per far uscire i palestinesi allo scoperto e colpirli con i droni
Esteri / Francia, colpi d'arma da fuoco contro il vincitore di "The Voice 2014": è ferito
Esteri / Gaza, al-Jazeera: "Recuperati 73 corpi da altre tre fosse comuni a Khan Younis". Oic denuncia "crimini contro l'umanità". Borrell: "Israele non attacchi Rafah: provocherebbe 1 milione di morti". Macron chiede a Netanyahu "un cessate il fuoco immediato e duraturo". Erdogan: "Evitare escalation". Usa: "Nessuna sanzione per unità Idf, solo divieto di ricevere aiuti"
Esteri / Raid di Israele su Rafah: ventidue morti tra i quali nove bambini