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L’allarme di Save the Children: “In Italia più di un milione di bambini vivono in condizioni di povertà assoluta”

Immagine di copertina
Credit: Save the Children

Chi ha oggi meno di 17 anni ha una probabilità di diventare povero cinque volte più alta rispetto ai propri nonni, spiega l'organizzazione umanitaria

Aumento della povertà assoluta per 1,2 milioni di bambini e adolescenti e aumento delle diseguaglianze educative per chi cresce nelle periferie urbane. È l’allarme lanciata dall’Atlante dell’infanzia a rischio “Le periferie dei bambini” di Save the Children, pubblicato da Treccani.

I minori, è questa la conclusione cui arriva l’organizzazione per la tutela dei diritti dell’infanzia, sono la vera periferia italiana: si collocano ai margini della popolazione in termini demografici e ai margini della ricchezza. La povertà assoluta, che non fa distinzioni tra bambini e adolescenti, pesa sul quotidiano di 702mila famiglie con minori. E la povertà relativa riguarda un minore su cinque: a conferma di un trend negativo, chi ha oggi meno di 17 anni ha una probabilità di diventare povero cinque volte più alta rispetto ai propri nonni.

I minori ai margini dello spazio pubblico – Sono quasi 3.6 milioni i bambini e gli adolescenti che, nelle principali aree metropolitane del paese, vivono e crescono spesso in zone o quartieri periferici, definiti tali sia in base alla distanza dal centro città sia per i deficit urbanistici, funzionali o sociali, che li attraversano. A Roma e Genova il 70 per cento dei bambini al di sotto dei 15 anni vivono in “periferie funzionali”, quartieri dormitorio, svuotati di giorno per effetto dei grandi flussi pendolari verso i luoghi di lavoro, privi di opportunità e povere di relazioni sociali.

I minori si ritrovano ai margini dello spazio pubblico: 94 bambini su 100 tra i tre e i dieci anni non hanno modo di giocare in strada, solo uno su quattro trova ospitalità nei cortili e poco più di uno su tre ha la fortuna di avere un parco o un giardino vicino a casa dove poter giocare. E anche ai margini della politica: la crisi economica ha tagliato la voce istruzione e università dal 4,6 per cento sul pil del 2009 al 3,9 per cento del 2015-16.

Una forbice in negativo con l’Europa si riscontra sui fondi per famiglia e minori fermi in Italia ad un esiguo 5,4 per cento della spesa sociale, contro l’11 per cento di Germania, Regno Unito e Svezia e ben al di sotto della media UE attestata all’8,5 per cento.

La diseguaglianza educativa – All’interno di una stessa città, l’acquisizione delle competenze scolastiche segna un divario sconcertante. A Napoli, i 15-52enni senza diploma di scuola secondaria di primo grado sono il 2 per cento al Vomero e quasi il 20 per cento a Scampia, a Palermo il 2,3 per cento a Malaspina-Palagonia e il 23 per cento a Palazzo Reale-Monte di Pietà.

Nei quartieri benestanti a nord di Roma i laureati (più del 42 per cento) sono 4 volte quelli delle periferie esterne o prossime al GRA nelle aree orientali della città (meno del 10 per cento). Ancora più forte la forbice a Milano, dove a Pagano e Magenta-San Vittore (51,2 per cento) i laureati sono 7 volte quelli di Quarto Oggiaro (7,6 per cento).

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