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Conferenza Libia, Conte: “I libici sono padroni del loro destino, noi li aiuteremo” | DIRETTA

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Pesa l'assenza del presidente Macron e della cancelliera Merkel, ma l'Italia è riuscita a strappare all'ultimo minuto la conferma del generale Haftra. Dalla conferenza di Palermo dipende soprattutto la reputazione dell'Italia, ancora prima della stabilità della Libia

Dalla nostra inviata – La Conferenza di Palermo del 12 e 13 novembre “per la Libia”, come spesso sottolineato dal premier Conte, è anche un importante appuntamento per l’Italia. Dai suoi esiti, e anche dal suo svolgimento, dipende la reputazione del paese a livello internazionale.

L’Italia, con il supporto di Usa e Russia, ha riunito nella città siciliana i maggiori rappresentati del panorama libico, oltre a importanti delegazioni provenienti dai diversi angoli del mondo, ma fino all’ultimo il governo ha tenuto il fiato sospeso: il generale Haftar ha confermato solo nella serata del 12 novembre la sua presenza.

Di seguito il diario per TPI della nostra inviata a Palermo.

Martedì 13 novembre – Conferenza stampa Salamé e Conte – “A nome delle Nazioni Unite ringrazio il governo italiano e il premier Conte che ha convocato questa conferenza. Ho visto una grande unità della comunità internazionale a sostegno del piano dell’Onu, sui temi di sicurezza ed economia.

Il livello di convivialità è stato superiore, considero l’incontro un successo e una pietra miliare nella lotta per la pace, la sicurezza e la prosperità del popolo libico”, ha commentato l’inviato dell’Onu, Salamé.

“Ringrazio Salamé per l’impegno profuso per la conferenza, possiamo testimoniare che la qualificata presenza libica è un segnale incoragginate, un invito a proseguire con convinzione, un segnale di speranza”, ha esordito Conte.

“Sono state premesse importanti per proseguire su questo cammino, Palermo non è una vetrina internazionale, non vogliamo solo una photo opportunity, ma c’è un desiderio di offrire un contributo all’iniziativa dell’Onu per dare ai libici una Libia stabile e unita. La Libia è un paese amico a cui siamo legati da vincoli antichi e ci sentiamo responsabili nell’offrire un contributo”.

“Sono dispiaciuto che turchi si siano allontanati, non ce l’hanno con l’Italia e quanto successo non altera il clima positivo dell’incontro. La realtà è che far convergere a Palermo 30 paesi significa esporsi a fibrillazioni tra alcuni dei presenti. Lascio a voi decidere se è stato o meno un successo”.

L’inviato speciale dell’Onu ha poi sottolineato che il meeting di Palermo è stato positivo e che si sente “più tranquillo sul successo della conferenza che si terrà prossimamente in Libia tra i rappresentati dei diversi schieramenti”.

Interrogato sul giallo sulla presenza di Haftar, Conte sminuisce la questione, affermando di non essermi mai preoccupato e che il maresciallo ha dimostrato di essere un uomo di parola.

“Abbiamo una linea di politica estera ben precisa”, ha continuano il premier. “Non vogliamo aumentare le divisioni, vogliamo essere un fattore di promozione di condizioni di stabilità e se ci spendessimo a creare meccanismi di alleanze tattiche diverse non contribuiremo al processo politico. Il nostro obiettivo è dialogare con tutti gli attori libici, il principio della conferenza è l’inclusività”.

Finita la plenaria di Palermo – “In questa due giorni a Palermo ho incontrato e parlato con tanti protagonisti del Mediterraneo. La parola chiave è dialogo tra tutti gli attori cruciali per la stabilizzazione della Libia”. Con questo tweet il premier Conte annuncia la fine della plenaria di Palermo per la Libia, a cui non hanno preso parte Turchia, Egitto e Haftar, che hanno lasciato villa Igiea nelle ore precedenti.

Il delegato dell’Onu Salamé ha sottolineato che non esiste alcuna soluzione militare al conflitto che continua a imperversare in Libia, ma che l’unica via percorribile per giungere a una pacificazione è quella “politica”.

La delegazione turca abbandona la conferenza – “Non si può pensare di risolvere la crisi in Libia coinvolgendo le persone che l’hanno causata ed escludendo la Turchia”. Con queste parole la delegazione turca, capeggiata dal vicepresidente ha annunciato l’abbandono della conferenza di Palermo. Il vice di Erdogan ha definto “un processo dannoso e ingannevole” l’esclusione della Turchia dalla riunione della mattina a cui hanno preso parte anche Haftar e al Serraj, oltre ad altri grandi leader.

La delegazione turca e quella del Qatar infatti non sono state invitate a prendere parte alla riunione dei “leader del Mediterraneo” perché invisi al maresciallo libico.

Dopo la partenza di Haftar e del presidente egiziano al Sisi, entrambi assenti nella foto di famiglia, l’abbandono della conferenza prima della fine ufficiale dei lavori della delegazione turca è un duro colpo per quella che, alla fine dei conti, si prospetta più come una vittoria mediatica che una reale occasione per risolvere la crisi libica.

Accordo sull’addestramento della polizia – “L’Italia è pronta a fare la sua parte, anche sul piano del training e mi compiaccio della disponibilità dimostrata dagli altri partner internazionali”. Secondo quanto emerge poco prima della conferenza stampa del premier Conte, è stato trovato un accordo per un “Piano di sicurezza di Tripoli” tra Haftare e al Serraj.

Si prevede quindi la creazione e l’addestramento di una forza di polizia che protegga la capitale Tripoli. L’obiettivo finale del piano Onu, su cui la conferenza di Palermo si basa, era quello di giungere a un’intesa per la creazione di un esercito unico in Libia, ma non sembra che la mediazione italiana sia riuscita a raggiungere questo risultato.

Accordo o non accordo? – Mentre i cameramen immortalano per la seconda volta le delegazioni presenti a Palermo, la grande domanda è se alla fine degli incontri ci sarà o meno un accordo scritto che metta nero su bianco quanto stabilito dai big negli incontri che si sono tenuti tra ieri notte e stamattina.

Il portovoce di Conte ha riferito che “l’accordo verbale raggiunto è più vincolante di quelli precedenti”, il che lascia presagire che di scritto ci sarà ben poco. In ogni caso, sembra che il risultato raggiunto abbia superato le aspettative del governo.

Il maresciallo Haftar infatti non ha intenzione di rimuovere al Serraj dal ruolo di presidente del GNA, almeno non prima delle elezioni presidenziali, la cui data è ancora incerta. “Non bisogna cambiare il cavallo a metà del guado”, avrebbe detto l’uomo forte della Cirenaica.

Casalino ha definito la conferenza di Palermo “un passo storico importantissimo”, un grande risultato per l’Italia e ha sottolineato che “c’erano sorrisi molto ampi, più ampi che in altre occasioni”.

Intanto si presenta un nuovo giallo sul maresciallo Haftar, che sembra aver lasciato villa Igiea, tenendo fede alla promessa di non voler prendere ufficialmente parte alla Conferenza.

Incontro tra al Serraj e Haftar? – Intorno alle 10.30 si era diffusa in sala stampa la notizia di un incontro a sorpresa tra il presidente del Governo di accordo nazionale al Serraj e il maresciallo, dopo che la troupe di Al Jazeera era entrata in possesso di una foto che mostra i due leader insieme.

I due leader si sono effettivamente incontrati, ma alla presenza di altri esponenti della comunità internazionale. In ogni caso, la partecipazione di entrambi alla stessa riunione è un segnale di buon auspicio per la riuscita della conferenza.

Poche ore prima, il portavoce di Haftar al Mismari ha sottolineato che il maresciallo non parteciperà alla Conferenza, ma avrà solo una serie di incontri ristretti per affrontare temi legati alla sicurezza. Lui stesso ha affermato che non parteciperebbe al meeting “nemmeno se durasse cent’anni”.

Inizia la seconda giornata di lavori – A villa Igiea è iniziato il secondo giorno della conferenza a Palermo: il premier presiede un incontro a cui hanno preso parta anche il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, il presidente del Governo di accordo nazionale libico, Fayez al Serraj, il maresciallo Khalifa Haftar, il premier russo Dimitri Medvedev, il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, il presidente della Tunisia, Beji Caid Essebsi, il premier algerino, Ahmed Ouyahia, il rappresentante speciale dell’Onu in Libia, Ghassan Salamé e il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk.

Il premier Conte e il presidente al Sisi hanno discusso anche del caso Regeni e il leader egiziano ha promesso che saranno fatti passi avanti sull’omicidio del ricercatore egiziano.

La giornata del 12 si è conclusa con l’arrivo lampo del maresiallo libico Haftar, che ha evitato il collasso del lavoro diplomatico del governo italiano.

Lunedì 12 novembre – Conte in sala stampa – “Vi trattano bene? Godetevi la permanenza a villa Igiea”. Il premier Conte ha fatto una breve comparsata nella zona dedicata alla stampa dopo aver terminato la cena di lavoro con i delegati presenti a Palermo, ma non ha rilasciato dichiarazioni rilevanti.

“Non sono qui per rilasciare dichiarazioni, ma posso dire che abbiamo tenuto i primi incontri per risolvere la situazione in Libia. Haftar era stanco e non è rimasto, ma era previsto che andasse così”.

Una breve visita – Il generale Haftar è arrivato a villa Igiea intorno alle 20.40, ha stretto la mano al premier Conte davanti ai cameramen riuniti per l’occasione ed è risalito in macchina, diretto al suo hotel. Il comandante dell’Esercito nazionale, pur avendo accettato di presentarsi a Palermo, continua a rifiutarsi di sedersi allo stesso tavolo con il vice di al Serraj e con gli inviati del Qatar.

Haftar dovrebbe tornare a villa Igiea nel corso della serata per un incontro bilaterale con il premier Conte sul tema della sicurezza. L’importante è non trovarsi nella stessa stanza con quegli esponenti del mondo libico che non reputa suoi degni interlocutori.

Haftar in volo per Palermo – Fonti diplomatiche hanno confermato intorno alle 19 che il generale Haftar è in volo per Palermo e arriverà in serata nella città siciliana. La presenza dell’uomo forte della Cirenaica è stata messa in discussione per tutta la giornata. (qui il suo profilo)

Il portavoce di Conte ha confermato che nella serata il premier terrà degli incontri bilaterali con i leader libici, tra cui Haftar.

Che farà Haftar? – Nella sala stampa di villa Igiea si sono rincorse per tutto il giorno le voci sulla presenza del maresciallo Haftar. Fino a ieri si credeva che l’uomo forte della Cirenaica non sarebbe più arrivato a Palermo, mettendo in crisi la conferenza di Palermo. Alle 16 però fonti libiche hanno confermato la presenza del maresciallo.

Haftar però non ha nessuna intenzione di sedere allo stesso tavolo dei Fratelli Musulmani, per cui è probabile che il maresciallo prenderà parte solo ad un incontro sul tema della sicurezza, disertando gli altri tavoli.

La lista dei presenti – Sono 36 i rappresentanti internazionali presenti alla Conferenza per la Libia di Palermo. Nella serata del 12 novmbre è stata confermata la presenza del presidente egiziano, Abdel Fatah al Sisi, di quello tunisino Beji Caid Essebsi, di quello del Niger Mahamadou Issoufou, del vicepresidente turco Fuat Oktay, del premier algerino Ahmed Ouyahya, del primo ministro russo Dimitrij Medvedev, dell’omologo greco Alexis Tsipras e del premier maltese Joseph Muscat.

Presenti anche i ministri degli Esteri di Francia, Jean Le Drian, Marocco, Naser Bourita, Sudan al Dirdiri Ahmed e Ciad, Mahmad Zene Cherif. Per il Qatar c’è il vicepremier e ministro degli Affari esteri del Qatar, Mohamed bin Abdulrahman al Thani: proprio la presenza della delegazioni qatarina ha messo in dubbio la presenza di Haftar, che accusa Doha di finanziare il terrorismo e le milizie islamiche in Libia.

Per gli Emirati Arabi Uniti, invece, è presente il ministro di Stato emiratino, Anwar Gargash. Gli Stati Uniti hanno inviato il consigliere speciale del Dipartimento di Stato per il Medio Oriente, David Satterfield, mentre dall’Arabia Saudita arriva Faysal al Qahtani.

La Cina è rappresentata da Xu Junghu, rappresentante speciale per gli affari africani, mentre per l’Ue ci sono l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, e il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Per l’Onu, l’inviato dell’Onu in Libia, Ghassan Salamé, oltre ai rappresentanti di Banca Mondiale (Mahmoud Mohieldin, senior vicepresident), Lega Araba (Khalil Althawadi, vice segretario generale), Fondo monetario internazionale (Mark Griffiths, senior official) e Unione Africana (ambasciatore Wahida Ayari, rappresentante speciale per la Libia). 

Domenica 11 novembre – Nubi nere all’orizzonte – Palermo ti accoglie con un cielo sereno e un’aria tiepida che più che la fine dell’autunno sembra presagire l’inizio dell’estate. Per i vicoli stretti del centro storico si sentono risuonare le campane e le famiglie si affrettano verso la chiesa più vicina, salutando frettolasamente gli amici al telefono per non perdersi l’inizio della messa.

A pochi chilometri di distanza, in prossimità del mare, fervono i preparativi per l’inizio della Conferenza di Palermo, mentre la tv di un bar del centro trasmette l’ultima querelle tra Macron e Trump, portando tutti a credere che questo nuovo scontro avvicinerà ancora di più Usa e Italia sul versante libico. Gli avventori però sono più interessati al caffé post pranzo che ai litigi dei leader mondiali.

Con il passare delle ore, però, nubi nere iniziano ad addensarsi all’orizzonte. Iniziano a circolare voci di un forfait da parte di Haftar, il generale a capo dell’Esercito nazionale. Questo almeno è quanto si legge sul quotidiano online Libya Observer, ma le conferme ufficiali faticano ad arrivare.

La tensione cresce sempre di più, le agenzie si rincorrono, ci sono smentite e contro-smentite, si parla addirittura di un viaggio lampo del premier Conte a Bengasi per strappare una conferma all’uomo forte della Cirenaica, che sembra non ne voglia proprio sapere di condividere il tavolo delle trattative con alcuni invitati a lui ben poco graditi.

Ma la presenza del primo ministro italiano in terra libica non è chiara: Palazzo Chigi smentisce, fonti libiche invece continuano a dire che sì, Conte è volato di tutta fretta in Libia per evitare che quello che sembra ogni ora di più un castello di carta diplomatico crolli rovinosamente. E con lui anche la reputazione dell’Italia.

Intanto, Palermo continua con la sua vita, con i ritmi lenti della domenica pomeriggio, tra una passeggiata per le vie del corso e i turisti con il naso all’insù o sulle vetrine delle pasticcerie, mentre iniziano i primi incontri dell’Arci Palermo contro la Conferenza e la violazione dei diritti umani in Libia.

I grandi assenti – La defezione, ancora non confermata, di Haftar è solo l’ultima di una lunga serie. Il cartellino con il nome della cancelliera Merkel è stato sostituito quasi all’ultimo da quello del sottosegretario Annen – tradendo le aspettative di Moavero, che sperava almeno nel ministro degli Esteri – e il posto della Francia ha rischiato per un momento di restare vuoto. Solo alcuni giorni prima dell’inizio della Conferenza l’Eliseo ha comunicato che il nome del suo rappresentante, il ministro degli Esteri Le Drian.

Lo scontro Italia-Francia – Che tra Italia e Francia non scorra buon sangue sul fronte libico non è un mistero per nessuno, come dimostrano i diversi tentativi di Macron di sabotare la conferenza, invitando per esempio a Parigi i rappresentanti delle milizie di Misurata l’8 novembre.

Roma e Parigi si trovano su due fronti contrapposti: l’Italia ha fatto sua la roadmap dell’Onu e appoggia apertamente il Governo di Accordo Nazionale (GNA) di al Serraj con sede a Tripli, mentre la Francia, sostenitrice di Haftar, vuole portare avanti il proprio piano di pacificazione del paese.

Entrambi i governi hanno uno stesso obiettivo, raggiungibile solo con la fine delle ostilità tra le fazioni libiche e la creazione di un governo unico: gli investimenti economici e lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas.

Nell’agenda dell’Italia, però, c’è anche il dossier immigrazione. Pacificare la Libia infatti è una conditio sine qua non per gestire i flussi migratori e rendere finalmente Tripoli un “porto sicuro”, come il ministro Salvini sogna da mesi. L’Eni al momento ha un ruolo di maggior rilievo in Libia, a discapito della francese Total.

Il piano dell’Onu – Il 9 novembre l’inviato speciale dell’Onu per la Libia Salamè ha ribadito i punti chiave del piano delle Nazioni Unite per il paese africano, abbracciato anche dall’Italia e che prevede: roadmap per il cessate il fuoco; unificazione delle forze armate; congelamento del parlamento di Tobruk (che si oppone al GNA di Tripoli) e creazione di un unico centro di potere; elezioni entro la fine del 2019.

La Francia invece ha spinto fin dal maggio 2017 perché si andasse al voto entro dicembre 2018, ma l’impossibilità di pacificare le forze in campo non ha permesso che si creassero le condizioni necessarie per tenere le votazioni nella data voluta da Macron.

In molti inoltre avevano condannato il piano dell’inquilino dell’Eliseo, avvertendo che avrebbe portato diversi attori a cercare di migliorare la loro posizione negoziale con la forza – come è poi accaduto – oltre ad aver legittimato la figura di Haftar, l’uomo forte della Cirenaica invitato anche a Palermo.

Cosa aspettarsi? – Pensare che la Conferenza di Palermo si concluderà con un accordo di pace e la fine dei problemi in Libia è un grande errore. Come lo stesso Conte ha ammesso, l’obiettivo è ” creare una sostenibile occasione di incontro per superare lo stallo del processo politico, con elezioni da tenersi il prima possibile, mantenendo saldo il principio dell’assunzione di responsabilità”.

Ci saranno foto di famiglia, strette di mano, accordi presi a voce e promesse da mantenere, ma il fallimento degli accordi di Skhirat ha già dimostrato che neanche apporre una firma su un documento ufficiale è abbastanza per arrivare alla pace.

La conferenza resta comunque un’occasione per l’Italia per dare prova delle sue capacità diplomatiche e affermare il suo ruolo in Libia, ma molto dipende da cosa succederà una volta che i leader dei due centri di potere libici faranno ritorno in patria.

Perché si giunga ad una pace in Libia, però, ci sono anche altri attori da considerare. Prima di tutto le milizie, di numero variabile e lealtà ancora più incerta, assenti alla Conferenza ma troppo rilevanti per non essere prese in considerazione. Indispensabile anche il sostegno degli altri paesi esteri che operano sul territorio libico, primi tra tutti Francia, Usa e Russia. Senza il loro appoggio qualsiasi accordo esca dalla Conferenza di Palermo è destinato a rimanere lettera morta.

Chi c’è? – L’Italia è riuscita a portare allo stesso tavolo i quattro leader libici più importanti: il presidente del Governo di Accordo nazionale, al Serraj; il generale Haftar, che controlla la Cirenaica e l’Esercito nazionale libico; il presidente del Parlamento di Tobruk, Aguilla Saleh Issa; il presidente dell’Alto consiglio di Stato libico, Khaled al Mashri.

Per la Francia, c’è il ministro degli Esteri Le Drian, mentre la Germania ha inviato il sottosegretario Annen. Dopo il forfait di Mike Pompeo, gli Usa hanno deciso di inviare il consigliere speciale per il Medio Oriente, Satterfield, mentre la Russia è rappresentata dal premier Medvedev e dal viceministro degli Esteri Bogdanov.

Il Marocco ha inviato il suo ministro degli Esteri, mentre Tunisia, Algeria, Ciad e Niger sono rappresentati dai primi ministri e presidenti. Importante la presenza del presidente egiziano al Sisi, annunciata all’ultimo minuto.

Presenti anche delegazioni di Regno Unito, Malta, Grecia, Turchia e Qatar, oltre all’inviato speciale dell’Onu Salamè e all’Alto rappresentante dell’Ue, Federica Mogherini.

Chi sostiene chi – La Libia è divisa in due grandi centri di potere,che hanno sede a Tripoli e Tobruk.

A Tripoli si trova il Governo di Accordo nazionale e il Consiglio presidenziale, che fanno capo al presidente al Serraj e sostenuto da Onu, Ue, Italia, Usa, Qatar e Turchia. Il GNA è l’unico riconosciuto internazionalmente, ma fatica ad affermare il suo potere.

Il Parlamento di Tobruk, che si rifiuta di dare la fiducia al governo Serraj, ha il sostengo del generale Haftar e di Francia, Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti.

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