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Decreto Sicurezza, il Senato approva con 163 sì e 59 no

Immagine di copertina

Quattro i senatori dissidenti pentastellati. I voti contrari arrivano dal Pd, Leu e Svp. Astenuto il gruppo di Fdl mentre Fi non ha partecipato al voto

La mattina di mercoledì 7 novembre il Senato ha approvato il decreto sicurezza con 163 sì e 59 no.

La questione di fiducia sul testo era stata fortemente voluta dal Governo, e dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, e ha provocato tensioni tra la Lega e il Movimento 5 Stelle.

La maggioranza M5s-Lega, pari a 167 senatori, ha perso solo i voti dei 4 dissidenti pentastellati, Elena Fattori, Paola Nugnes, Gregorio De Falco e Andrea Mantero, che sono usciti dall’Aula di Palazzo Madama.

I voti contrari arrivano dalle opposizioni, Pd, Leu e Svp. Ha invece annunciato astensione il gruppo di FdI. Infine, FI non ha partecipato al voto.

Il vicepremier Matteo Salvini ha commentato su Twitter l’esito del voto: “Decreto sicurezza e immigrazione, ore 12.19, il Senato approva. Decreto Salvini, giornata storica”. Il ministro dell’Interno si era mostrato sereno anche qualche ora prima dal voto: “Il governo non è assolutamente a rischio, manterrà uno per uno tutto gli impegni presi con gli Italiani, punto. Con buon senso e umiltà, si risolve tutto”.

I pentastellati dissidenti – Alcune fonti parlamentari riferiscono che nei confronti dei quattro senatori dissidenti, considerati “dannosi” per il Movimento, potrebbe scattare una sanzione. Come riportato da Agi, si starebbe pensando a fare una distinzione tra chi, anche se ha partecipato al voto, non ha acceso su di sè i riflettori e chi, al contrario, ha preferito apparire in televisione. Mantero e La Mura hanno scelto di mantenere un basso profilo, e potrebbero essere salavati. Gli altri, come De Falco, potrebbero finire all’attenzione degli organismi interni del Movimento perchè, riferiscono le stesse fonti, hanno messo in difficoltà il Movimento.

Il vicepremier Luigi Di Maio si era già mostrato contrario sulla strada scelta dai quattro senatori e non avrebbe gradito, spiegano fonti parlamentari M5s, l’idea di prendere le distanze in Aula e non semplicemente dal voto. “Hanno offerto uno spettacolo con poco stile”, afferma una fonte Cinque Stelle.

Il nodo della prescrizione – Rimane da sciogliere il nodo della prescrizione, inserita in un emendamento presentato alla Camera dai relatori al ddl Anticorruzione. Sulla questione è intervenuto il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio: “Sono sicuro che sulla prescrizione raggiungeremo l’accordo migliore per gli italiani all’interno della legge anticorruzione. La riforma della prescrizione e’ nel contratto di governo”.

Matteo Salvini, martedì 6 novembre, aveva detto: “Ci stiamo ragionando, ci sono giuristi e avvocati al lavoro. L’unica richiesta che ho fatto è di essere bestiali con i colpevoli, ma di non tenere sotto processo indefinitivamente milioni di italiani. In queste ore sto ancora lavorando sul mio decreto Sicurezza e immigrazione. Sono scaramantico, quindi fatemelo portare a casa e da domani pomeriggio si parla dell’universo-mondo”.

La reazione del Pd – “In conferenza dei capigruppo abbiamo chiesto al ministro Fraccaro di dirci esattamente quando si è svolto il Consiglio dei ministri che lo ha autorizzato a porre la questione di fiducia, ma non ci ha risposto e non capiamo quando e dove si sia stato questo Cdm, che io definirei ‘fantasma’, e forse non lo avrebbe nemmeno autorizzato. Mi sembra una cosa molto grave”, aveva detto il presidente dei senatori dem Andrea Marcucci rivolgendosi al ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, Riccardo Fraccaro, martedì 6 novembre.

L’intervista di Buffagni – In un’intervista andata in onda lunedì 5 novembre su Radio Capital, il sottosegretario M5S alla presidenza del Consiglio, Stefano Buffagni, ha spiegato che il movimento non intende “fare nessuno sconto ai dissidenti”.

Il riferimento è soprattutto al senatore Cinque Stelle Gregorio De Falco, ex comandante della capitaneria, noto per l’ordine dato al comandante Francesco Schettino durante il naufragio della nave Costa Concordia (“Torni a bordo…”).

“Se Gregorio De Falco non voterà il decreto si assumerà le sue responsabilità. Se non si ritrova nella maggioranza sono certo che si dimetterà e tornerà a fare il suo lavoro”, ha affermato Buffagni, anche lui in quota M5S.

I dissidenti 5 Stelle – “Non è questione di cacciare o meno” i dissidenti. “Se pensi che c’è un provvedimento con delle criticità ne discuti internamente, nella maggioranza, non è che presenti 80 emendamenti come se fossi all’opposizione, perché questo mette in difficoltà tutti”, ha continuato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

“Intendiamoci, quello che sta facendo la Lega con il ddl anticorruzione è esattamente lo stesso giochino”.

“Certo, il Parlamento è fatto apposta per confrontarsi, dibattere. A maggior ragione con gli alleati di governo bisogna discutere”.

Sempre riprendendo il tema dei dissidenti presenti nel Movimento 5 Stelle, Buffagni ha sottolineato che è necessario discutere simili questioni all’interno della maggioranza.

“Io sono uno che spesso alza la mano e dice non sono d’accordo, internamente è necessario far valere le proprie esigenze, soprattutto perché veniamo da storie molto diverse noi e la Lega. Ma non possiamo venire a sapere le cose dall’informazione, poi si creano i dissidenti. Queste cose lasciamole al Pd”.

Il caso De Falco – De Falco fa parte della cosiddetta fronda Cinquestelle, vicina al presidente della Camera Roberto Fico insieme a Paola Nugnes, Elena Fattori, Matteo Mantero, che non condividono la linea Salvini in materia di immigrazione.

In precedenza il senatore dissidente del Movimento 5 Stelle aveva sostenuto che il decreto sicurezza è incostituzionale e lede i principi della Carta. “Io rimango libero. Non aspiro a diventare frontman di nulla. Mi attengo al programma, al contratto di governo, e al parere dei costituzionalisti”.

Cosa faranno adesso i 5 Stelle? – Il sottosegretario Buffagni ha affermato che è certo che De Falco si dimetterà nel caso in cui decidesse di non votare la fiducia la decreto Sicurezza, ma il senatore non sembra dello stesso parere.

De Falco infatti ha detto alcuni giorni prima: “Io non me ne vado. Resto nel M5s come resto nella Marina militare, avendo sempre come bussola la Costituzione. Se mi cacciano dirò quello che ho fatto e il motivo per cui sono stato mandato via”.

Lo scontro interno al Movimento e tra una parte dei grillini e la Lega potrebbe portare ad una crisi del governo, con Forza Italia potrebbe proporre il suo supporto a Salvini sulla legge su sicurezza e immigrazione.

Dopo le proteste dei dissidenti, infatti, la tenuta del decreto è sempre più incerta.

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