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Il mostro di Foligno: “Non vi chiedo di perdonarmi, ma anche dal male più profondo può emergere la luce”

Immagine di copertina
Luigi Chiatti

Scrive dalla Rems in provincia di Cagliari dove rimarrà almeno fino al 2022, dopo che il tribunale di sorveglianza di Cagliari, agli inizi di ottobre, lo ha ritenuto ancora "socialmente pericoloso"

“Oggi, sono una persona molto diversa, che non si riconosce in quella descritta dai mass-media”. Questo uno dei passaggi della lettera inviata all’Unione Sarda da Luigi Chiatti, meglio conosciuto come il “mostro di Foligno”, come egli stesso si definì dopo aver ucciso tra il 1992 e il 1993 Simone Allegretti, di 4 anni, e Lorenzo Paolucci, di 13, nella cittadina umbra di Foligno, a poco più di trenta chilometri da Perugia.

“Bisogna riconoscere che i mass media svolgono il loro preziosissimo lavoro ma che, non avendo avuto contatti diretti con me, anche per una mia scelta che fino ad oggi ho voluto fare per rispetto di tutti, hanno proiettato sempre la stessa immagine cristallizzata di me”, ha continuato ancora.

Luigi Chiatti scrive dalla Rams (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) di Capoterra, alle porte di Cagliari, dove rimarrà almeno fino al 2020 per decisione del tribunale di sorveglianza di Cagliari che, agli inizi di ottobre, lo ha ritenuto ancora “socialmente pericoloso”.

Assicura di essere diverso, cambiato rispetto agli anni in cui commise quei gesti atroci, oggi afferma “che vuole tanto dare agli altri, trasmettere se stesso e dare un senso a tutto ciò che è avvenuto e che non doveva avvenire”. Si dice pentito dei due omicidi, Chiatti, che infatti continua: “Se potessi tornare indietro non rifarei mai quello che ho fatto perché ciò che ho fatto è distruzione della vita e disprezzo del creato. Scusatemi”.

Parla di una “forte sensazione di immenso dolore personale”, Chiatti, rivolgendosi ai familiari di Simone Allegretti e Lorenzo Paolucci, fino a chiedersi in questi anni “se fosse giusto o no concedermi la possibilità di rinascere a vita nuova e, quindi, rientrare tra la gente in società”.

Poi le scuse: “Mi dispiace, vi chiedo umilmente scusa con il cuore in mano. Non vi chiedo di perdonarmi, so che è difficilissimo, ma per lo meno di concedermi di dare ‘un senso’ al sacrificio delle due vittime. Io credo, anzi, sono oggi convinto, che anche da un evento così tragico si possa trarre qualcosa di positivo, dal male più profondo può emergere la luce, attraverso un processo di trasformazione e rinascita interiore della persona – conclude – ed è quello che è accaduto in questi anni”.

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