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Federico Moccia: “Se un uomo decide di uccidere la moglie…la colpa è pari”. Melissa P.: “Sbagli, non è così”

Immagine di copertina

Lo scorso 10 ottobre è uscito sul Corriere della Sera un articolo a firma del regista e scrittore Federico Moccia dal titolo “Tutte le volte che la violenza è nemica dell’amore”, pezzo in cui si commentava il fenomeno della violenza maschile.

Articolo che ha scatenato diverse polemiche a causa di un passaggio. Questo:

“Se un uomo di una certa età decide di uccidere la moglie o la compagna di una vita, perché magari è deluso dal fatto che certe dinamiche di coppia siano cambiate, perché il suo progetto di vita si è interrotto e con esso la complicità che c’era, o perché magari non si è trovato prima il modo e il coraggio di dire che un sentimento era finito da anni. Il suo gesto tradisce il valore del tempo e l’obbligo etico che abbiamo tutti di viverlo al meglio e con sincerità, ma la loro colpevolezza è pari”.

Una frase forte che il giorno seguente lo scrittore ha subito rettificato, dicendo che era stata interpretata male e che “molto spesso un uomo che uccide la donna reputa solo lei colpevole della fine della loro relazione. Invece, questa colpa è condivisa: anche l’uomo deve rendersi conto che il gesto che sta per commettere deriva da un suo comportamento sbagliato”.

Il passo indietro però non è bastato ad evitare le polemiche social e non. A rispondere a Moccia è stata anche la scrittrice Melissa P (Melissa Panarello).

L’autrice di “100 colpi di spazzola prima di andare a dormire” ha quindi scritto al quotidiano una lunga lettera di cui riproponiamo qualche stralcio.

“È stato un dolore leggere le parole di Moccia rispetto alla tragedia vissuta da tantissime donne”.

“(…) Per quanto il fallimento di un amore sia operato da entrambi i partner, non bisogna dimenticare che l’omicidio di una donna è spesso il traguardo ultimo di chi, nel corso della relazione, ha tentato di annientare la compagna adottando modalità sempre differenti: dalla sottomissione alla manipolazione psicologica, dalle botte alle continue umiliazioni, fino agli stupri nel talamo nuziale fatti passare come obblighi coniugali”.

“Le statistiche ci dicono che la maggior parte dei femminicidi avvengono dopo una serie di violenze perpetrate nel corso degli anni e ritenere queste violenze come solo il frutto del fallimento del progetto amoroso, non solo è riduttivo ma anche estremamente pericoloso e direi anche insultante”.

“(…) Se per amore si intende la necessità di ciascuno di essere amato secondo le proprie regole e i propri bisogni, a prescindere da quelli dell’altra persona, non si può parlare davvero di relazione, ma di un grave problema di narcisismo che è uno dei grandi mali del nostro tempo”.

“Ritenere l’altro colpevole del mal funzionamento di una storia o della fine di un amore, significa prima di tutto deresponsabilizzarsi e quindi considerarsi al di sopra di tutto, inattaccabile e assolutamente innocente”.

“Se un uomo uccide una donna, la colpa è dell’uomo che non ha saputo elaborare la fine di una relazione e non è riuscito a vivere con dignità il proprio fallimento”.

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