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Come sono andate le elezioni in Bosnia, dove si eleggono 3 presidenti

Immagine di copertina
Cartelloni elettorali a Sarajevo. Credit: AFP

I cittadini eleggono quattro presidenti, due vicepresidenti, cinque assemblee parlamentari e dieci cantonali

Domenica 7 ottobre si sono svolte in Bosnia le elezioni parlamentari e presidenziali.

Nello specifico, i cittadini hanno eletto quattro presidenti, due vicepresidenti, cinque assemblee parlamentari e dieci cantonali. Per il governo centrale gli elettori hanno votato per le due camere del Parlamento e le tre presidenze (croata, bosniaca e serba che ruotano ogni 8 mesi).

Nella stessa giornata si è votato anche per decidere i vertici delle due entità che compongono la Repubblica: i deputati, il presidente, il suo vice della Repubblica serba e il Parlamento bicamerale della Federazione croato-musulmana, chiamata in seguito a decidere il presidente e i suoi due vice.

Il governo nazionale bosniaco si occupa di esercito, sistema giudiziario, fisco, commercio estero e diplomazia, mentre le entità, che sono più centralizzate, hanno una loro polizia, hanno potere decisionale in tema di istruzione, sanità e sul sistema economico.

I risultati 

Milorad Dodik è il candidato eletto dalla Repubblica serba: fondatore del partito Snsd, Alleanza dei socialdemocratici indipendenti, nazionalista, negazionista del massacro di Srebrenica, in campagna elettorale ha promesso di rendere  indipendente dal parte serba della Bosnia.

Dodik è noto per le sue posizioni filorusse e per la sua opposizione all’ingresso della Bosnia Erzegovina nell’Unione europea.

Sefik Dzaferovic, candidato del Partito d’azione democratica di centrodestra, è il presidente eletto dalla parte bosniaca. I croati hanno invece scelto come loro rappresentante Zaljko Komsic del Fronte democratico: Komsic, a differenza del suo sfidante Dragan Covic, si è schierato a sostegno della comunità bosniaca e a difesa della società multietnica che caratterizza il paese.

Il sistema elettorale

La Bosnia è una Repubblica federale parlamentare diventata indipendente nel 1992 e formata da due entità politico-amministrative: la Federazione di Bosnia ed Erzegovina (FBiH) che comprende il 51 per cento del territorio ed è suddiviso in 10 cantoni; la Repubblica serba di Bosnia (RSB), che rappresenta il 49 per cento del paese. In Bosnia esiste anche il distretto autonomo di Brcko.

La Presidenza della Bosnia è costituita da 3 membri che rappresentano le tre comunità presenti nel paese (bosniaca, serba e croata) e questa particolare costituzione è stata ideata per mettere un freno alle tensione inter-etniche venutesi a creare nel corso della guerra.

I membri bosniaco e croato sono eletto dai cittadini della Federazione, mentre quello serbo dal popolo della Repubblica Serba di Bosnia Erzegovina.

Il presidente della Repubblica nomina poi il presidente del Consiglio dei ministri, che deve ottenere la fiducia del Parlamento, che si compone a sua volta di due camere: la Camera dei Rappresentanti e quella dei Popoli.

La prima Camera è composta da 42 membri eletti per 2 anni attraverso un sistema proporzionale basato su liste di partito o candidature indipendenti.

La Camera dei Popoli ha invece 15 membri di cui 10 sono delegati provenienti dalla Federazione di Bosnia ed Erzegovina (5 croati e 5 musulmani) indicati dalle comunità locali, mentre i restanti 5 sono provengono dalla Repubblica serba di Bosnia Erzegovina e sono designati dall’Assemblea nazionale della Repubblica federale.

L’Accordo di Dayton del 1995

L’Accordo di Dayton fu firmato firmato nel novembre del 1995 e mise fine guerra in Bosnia ed Erzegovina, iniziata nel 1992 nel contesto delle guerre jugoslave che sconvolsero i balcani tra il 1991 e il 2001, a seguito della dissoluzione della Repubblica socialista federale di Jugoslavia.

La pace sanciva l’intangibilità delle frontiere, che tornavano ad essere uguali a quelle esistenti tra le repubbliche federate della Repubblica jugoslava, e prevedeva la creazione di due entità politico-amministrative: la Federazione di Bosnia ed Erzegovina e la Repubblica serba.

L’Accordo stabilisce così la composizione amministrativa del paese e i diversi poteri che spettano alle singole entità e al governo centrale.

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