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“Due anni dal terremoto nel centro Italia: soldi pubblici buttati e ora anche le nuove casette inagibili”: lo sfogo del sindaco di Leonessa

Immagine di copertina
Credit: Trancassini / Rieti Life

Paolo Trancassini, sindaco della provincia di Rieti, a TPI commenta la condizione dei tanti cittadini che oggi, a più di due anni dal terremoto, non hanno ancora una soluzione abitativa stabile in cui vivere

“Abbiamo ricevuto le segnalazioni dagli assegnatari delle casette per infiltrazioni d’acqua dal tetto. È possibile che il materiale assemblato fosse già bagnato e abbia sviluppato muffe. Ora si sta cercando di sostituire i pezzi, ma tutto questo sta creando disagi agli sfollati. In un paese normale, dopo due anni dal terremoto la gente torna nelle proprie case, mentre da noi la gente è costretta ad uscire dagli alloggi di emergenza da poco assegnati”.

S&D

Sono le parole di Paolo Trancassini, sindaco di Leonessa, in provincia di Rieti, che a TPI commenta lo stato dei tanti cittadini che oggi, a più di due anni dal terremoto, non hanno ancora una soluzione abitativa stabile in cui vivere.

Sono trascorsi più di due anni da quella notte di mercoledì 24 agosto 2016, in cui un forte sisma di magnitudo 6.0 mise in ginocchio l’Italia centrale, colpendo alcuni comuni situati nella provincia di Rieti e l’area ricompresa tra il Lazio, le Marche, l’Umbria e l’Abruzzo.

Quel devastante terremoto causò più di 299 vittime, duecento solo ad Amatrice e circa 11.000 sfollati.

“Circa due mesi fa, sono stati posizionati circa 20 moduli abitativi nel centro storico di Leonessa”, spiega Trancassini, “in una zona già ad uso abitativo, per far risparmiare lo Stato”.

“Le persone erano entrate da pcoo, ma i nostri tecnici e i vigili del fuoco hanno concluso un sopralluogo sulle abitazioni, riscontrando muffa e infiltrazioni d’acqua dai tetti”.

“Il caso più preoccupante è un alloggio con la presenza di un minorenne per il quale ho già disposto il ritorno nell’albergo che ospitava la sua famiglia. Gli alloggi sono stati consegnati solo qualche mese fa. Oltre al danno c’è la beffa ed ora anche la rabbia della popolazione.

Questa è la prova che la ricostruzione in realtà non è mai partita. Nel rispetto delle procedure, non solo non vengono date risposte ma c’è un palese sperpero di denaro pubblico”.

Quando il sindaco Trancassini parla di “sperpero di danaro” si riferisce alla soluzione tampone che è stata adottata negli ultimi due anni.

“Non è possibile che dopo due anni si viva ancora in una situazione emergenziale e non si sia proceduto con la ricostruzione”.

Come spiega il sindaco, molti degli sfollati erano proprietari di case popolari, e sarebbe stato semplice procedere con la ricostruzione, piuttosto che versare loro il contributo autonomo di sistemazione o farli pernottare in albergo.

In entrambi i casi le spese non sono irrisorie: “Il costo dei moduli abitativi provvisori è stato di circa 1.100 euro al metro quadro, cui aggiungere i costi di posa in opera e urbanizzazione dell’area, più gli allacci delle utenze, che in tutto arrivano a 1.800 euro al metro quadro, se sei già proprietario o se l’ente pubblico mette a disposizione l’area”.

“Se il terreno è da acquistare va fatto l’esproprio. Somme che non vengono normalmente investite nella ricostruzione”, spiega Trancassini.

Le persone che non hanno ricevuto il modulo abitativo stanno o percependo il contributo autonomo di sistemazione, o alloggiano negli alberghi.

“Il contributo autonomo di sistemazione è pari a 400 euro mensili se il nucleo familiare è di una persona, più duecento euro per ulteriore singolo, e altre indennità per minorenni e disabili”.

“Il pernottamento in albergo è pari a 40 euro al giorno a persona, con gli alberghi convenzionati. Se ci fosse efficienza queste spese sarebbero ridotte al minimo”, sottolinea il sindaco.

“Invece il periodo in cui le persone sono in albergo o percepiscono il contributo è molto lungo, compresi i disagi che devono sopportare”.

Quindi, ricapitolando, lo Stato in questi due anni ha versato risorse per tre differenti uscite: il Contributo abitativo, le casette e poi dovrà farlo per la ricostruzione: “dopo due anni, in un paese normale parte la ricostruzione, se non è già iniziata”, commenta Trancassini.

“Nell’attesa di conoscere le strategie di questo governo nonché il nome del nuovo commissario al sisma su questi fatti – ha concluso Trancassini – in qualità di sindaco, presenterò un esposto alla Procura della Repubblica competente”.

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